TESTO Commento su At 18,1
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Mercoledì della VI settimana di Pasqua (08/05/2024)
Brano biblico: At 17,15.22-18,1
Come vivere questa Parola?
E' la risposta che viene data a Paolo dopo il celeberrimo discorso all'areopago di Atene. E' il primo incontro con la cultura pagana, con i rappresentanti della elite culturale del posto e del tempo; stoici ed epicurei. Anche se Paolo usa elementi della cultura degli ascoltatori, citando persino degli autori greci, tuttavia non fa un discorso da filosofo, bensì da profeta. Profeta è una parola greca che vuol dire “parlare al posto di qualcuno” per questo egli annuncia un uomo risuscitato dai morti, che permette di vincere l'ignoranza in cui sono caduti da secoli intere nazioni, cioè l'idolatria. La verità è possibile raggiungerla attraverso un uomo, accreditato da Dio con la risurrezione dai morti, un uomo che sarà anche il giudice finale, cioè il criterio del bene e del male. Di fronte ad un annuncio poco “razionale”, l'uditorio si divide, come sempre...molti se ne vanno con il sorriso sulle labbra, altri aderiscono all'annuncio. La cultura greca credeva nell'immortalità dell'anima ma non nella resurrezione del corpo. Per questo gli ateniesi prendono le distanze dall'annuncio paolino e ironicamente gli dicono; “su questo ti ascolteremo un'altra volta”.
VIVO LA PAROLA: “Aumenta la mia fede”
La voce di un Vescovo
Prestate bene attenzione, carissimi: il mistero della Pasqua è nuovo e antico, eterno e temporale, corruttibile e incorruttibile, mortale e immortale. Antico secondo la legge, nuovo secondo il Verbo; temporaneo nella figura, eterno nella grazia; corruttibile per l'immolazione dell'agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per la sua sepoltura nella terra, immortale per la sua risurrezione dai morti. La legge è antica, ma il Verbo è nuovo; temporale è la figura, eterna la grazia; corruttibile l'agnello, incorruttibile il Signore, che fu immolato come un agnello, ma risorse come Dio.
«Come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53, 7). La similitudine è passata ed ha trovato compimento la realtà espressa: invece di un agnello, Dio, l'uomo-Cristo, che tutto compendia.
Perciò l'immolazione dell'agnello, la celebrazione della Pasqua e la scrittura della legge ebbero per fine Cristo Gesù. Nell'antica legge tutto avveniva in vista di Cristo. Nell'ordine nuovo tutto converge a Cristo in una forma assai superiore.
La legge è divenuta il Verbo e da antica è fatta nuova, ma ambedue uscirono da Sion e da Gerusalemme. Il precetto si mutò in grazia, la figura in verità, l'agnello nel Figlio, la pecora nell'uomo e l'uomo in Dio.
Il Signore pur essendo Dio, si fece uomo e soffrì per chi soffre, fu prigioniero per il prigioniero, condannato per il colpevole e, sepolto per chi è sepolto, risuscitò dai morti e gridò questa grande parola: Chi è colui che mi condannerà? Si avvicini a me (Is 50, 8). Io, dice, sono Cristo che ho distrutto la morte, che ho vinto il nemico, che ho messo sotto i piedi l'inferno, che ho imbrigliato il forte e ho elevato l'uomo alle sublimità del cielo; io, dice, sono il Cristo.
Dall'«Omelia sulla Pasqua» di Melitone di Sardi, vescovo
Roberto Proietti - robertocerreto82@gmail.com