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TESTO Commento su Giovanni 15,9-17

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VI Domenica di Pasqua (Anno B) (05/05/2024)

Vangelo: Gv 15,9-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di don Eduard Patrascu

“Perché la vostra gioia sia piena”

Il vangelo di questa quinta domenica di Pasqua ci propone il cuore dell'ultimo monologo di Gesù nel vangelo di Giovanni. Ma non solo: ciò che questo brano sintetizza è niente meno che la caratteristica fondamentale del cristianesimo. Se la domenica scorsa, con l'immagine della vite e dei tralci, si ricordava il fondamento dell'appartenenza del cristiano e del frutto che è chiamato a fare, questa domenica il Vangelo suggerisce come si concretizza realmente quest'appartenenza.

Sin dall'inizio del nostro brano si può notare il suo alto livello: l'amore che Gesù propone quale caratteristica essenziale dei suoi seguaci non è un amore “solo” umano, il cristiano non ama solo perché “ne sente umanamente” il bisogno perché questo sarebbe troppo poco e niente di speciale. L'amare del cristiano ha come criterio fondamentale l'amore di Dio: sì, il cristiano è chiamato ad un amore “più grande” di lui, un amore all'altezza di Dio, quindi un amore divino”. Gesù stesso ci dà come criterio “come il Padre ha amato me, così vi ho amato io”. L'amore divino, a cui è chiamato anche il cristiano, non è autoreferenziale, non prende la motivazione da se stesso, bensì è un amore “altro-referenziale” cioè è un amore relazionale, sempre in vista dell'altro e del bene dell'altro. Non per nulla Gesù aggiunge “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici”.

L'amore divino non consiste principalmente nel ricevere, ma nel dare. Potremmo perciò dire che l'amore divino ha nel suo intimo il sacrificio, il “fare sacra la vita”. Ecco perché troviamo detto, nello stesso brano “vi ho detto queste cose perché la vostra gioia sia piena” e la pienezza della gioia viene da questo tipo di amore: amare alla maniera di Dio. Da qui si può dedurre che tutti gli altri modi di amare possono portare solo gioie “non piene” e, quindi, gioie che non saziano il cuore.

Ora, questa gioia piena, frutto dell'amore “più grande” si attua concretamente non in un euforia qualsiasi oppure in degli atteggiamenti spontanei, la gioia piena - l'amore più grande - è possibile solo se attuano i comandamenti di Gesù. E qui avviene una cosa strana: Gesù chiama a mettere in pratica dei comandi, e si potrebbe dire che coloro che accettano questi comandi accettano “automaticamente” di essere dei “comandati”, vale a dire diventare dei servi, tutto sommato, ebbene, proprio perché non si arrivi a diventare dei meri esecutori di questi comandi di Gesù il testo aggiunge: “non vi chiamo più servi... ma vi ho chiamato amici”. Sì perché gli amici di Gesù vogliono imparare l'amore più grande per una gioia piena, e sono coloro che mettono in pratica “il testamento d'amore” di colui che per primo “ha dato la vita per i suoi amici”.
Dunque, i cristiani che anelano alla gioia piena attraverso

l'amore più grande sono coloro che fanno proprio il comandamento del Signore, vale a dire imparano l'amore più grande, quello che dona la vita per gli altri, e facendo ciò trasformano “il comando” in una convinzione personale. Quindi, non più una cosa deprimente come spesso capita con i comandamenti, bensì qualcosa di accettato e accolto volontariamente.

Le ultime parole del brano di questa domenica ricordano ancora una volta i frutti. La vita del cristiano - in quanto scelto dal Signore - non può e non deve essere una vita insignificante, banale, proprio perché, chiamata all'amore più grande, e questo non rimane mai senza frutto, ed il frutto più evidente e più grande non è altro che la gioia piena, quella personale direttamente collegata con quella altrui.

Ricordiamoci che questa gioia è possibile, basta chiederla al Padre nel nome di Gesù, e allora chiediamola per noi e per tutti i nostri amici!

 

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