TESTO L'amore ci riesce
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
VI Domenica di Pasqua (Anno B) (05/05/2024)
Vangelo: Gv 15,9-17
«9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Meno male che Dio non è come noi, se è vero - come credo lo sia - quello che dice Pietro nella prima lettura di oggi: “Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”. Lui che potrebbe permettersi di giudicare e distinguere gli uomini tra buoni e cattivi (in quanto conosce le intenzioni di ogni cuore) tralascia di farlo: ma ciò che è più paradossale è che l'uomo, arrogandosi un diritto che non ha, si permettere di sostituirsi a lui facendo indebite preferenze tra le persone sulla scorta di una presunta conoscenza delle intenzioni del cuore dei suoi simili.
Quando il giudizio di un uomo nei confronti di un suo simile è dato da una legge, le sentenze che egli emette, condivisibili o no che esse siano, rispondono comunque a una logica umana, ed è giusto che sia così. Ma quando il giudizio diventa discriminatorio perché basato esclusivamente su una serie di “pre-giudizi” in base ai quali “bolliamo” gli altri solo per ciò che a noi appaiano, o per “cliché” che la società applica su di loro senza sforzarsi a conoscerne le reali intenzioni del cuore, allora la logica non è più umana: diventa una logica contraria alla logica di Dio, “avversa” a Dio, “avversaria” di Dio. Per dirla in una parola sola, diventa “diabolica”. E purtroppo, è una logica più frequente di quanto pensiamo, anche nei nostri atteggiamenti quotidiani, ogni volta che abbiamo pregiudizi sugli altri.
Se quindi accettiamo come Parola di Dio ciò che abbiamo ascoltato negli Atti degli Apostoli, ne consegue che discriminare le persone per il colore della loro pelle è una logica avversa a quella di Dio; discriminare le persone per il loro credo religioso o per la loro cultura è contrario alla logica di Dio; discriminare le persone per il loro modo di parlare, di agire, di pensare, di comportarsi, di amare, e addirittura di vestirsi e di mangiare, è contrario alla logica di Dio.
Chi può impedire a Dio di attuare il suo piano di salvezza, anche attraverso persone che noi giudichiamo “fuori dalla salvezza” solo perché diverse da noi? E chi siamo noi per dire: “Questa persona è ben accetta a Dio e quest'altra no”?
Sono questioni annose che la comunità dei credenti in Cristo porta con sé sin dai suoi albori. Lo stesso Pietro giunge all'accettazione - all'interno della Chiesa - dei cristiani provenienti dal paganesimo solo dopo un lento processo di conversione personale che sfocia nella famosa “visione di Giaffa”, descritta proprio in questo capitolo 10 da cui è tratta la prima lettura, nella quale Dio gli appare dicendogli di non dichiarare “indegno” ciò che Dio ha giudicato degno di sé, anche se apparentemente diverso da ciò che Pietro poteva avere in mente.
Liberarci da una mentalità pregiudiziale e discriminatoria nei confronti delle persone richiede quindi anche per noi un cammino di conversione che ha il suo punto di partenza nella presa di coscienza del nostro nulla di fronte a Dio, sapendo che è lui, e non noi, che prende l'iniziativa di salvarci: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”; e questa sua iniziativa ha come punto di arrivo la logica dell'amore di Gesù Cristo, un amore che raggiunge il suo culmine quando arriva a dare la vita per le persone che si amano.
Pare proprio che il Dio di Gesù Cristo non conosca altra logica che quella dell'amore. E la logica dell'amore sembra proprio essere l'unica capace ancora di dare speranza alla nostra vita.
Perché l'amore non fa distinzione di persone: l'amore sa rialzare chi cade ai tuoi piedi, anche chi a volte si prostra davanti a te per adorarti, come Cornelio con Pietro, ma poi la sua adorazione nasconde doppi fini;
l'amore non si stupisce di nulla di ciò che è buono, l'amore non impedisce ad alcun uomo di essere salvato, anzi, piuttosto salva anche tutti quelli che noi, con troppa facilità, condanniamo;
l'amore ti permette di conoscere Dio, perché Dio è amore, e dove due persone si amano sinceramente, lì c'è Dio.
L'amore fa rimanere Dio nel cuore delle persone e le persone nel cuore di Dio; l'amore è l'unico comandamento che Gesù Cristo ci ha lasciato, e ogni altro comandamento, precetto o regola non contano nulla, rispetto all'amore, perché solo l'amore è fonte di gioia piena;
l'amore è l'unica cosa che ci può spingere a spendere, a sprecare la nostra vita per gli altri;
l'amore ci permette di sentirci “amici” e non “servi” di Dio, perché - paradossalmente - lui, per amarci, si è fatto nostro servo;
l'amore porta sempre frutti, e solo frutti buoni;
l'amore ottiene tutto, anche ciò che il mondo è abituato a chiedere con la violenza e con la guerra. Non esiste alcuna strategia, né alcun'arma, né alcun decreto, né alcun potere politico, né alcuna manovra finanziaria, né alcun piano terapeutico, né alcuna adeguamento ecologico, né alcuna organizzazione internazionale capace di convincere gli uomini a credere che un mondo più giusto è possibile: solo l'amore ci riesce.