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TESTO Passare oltre per vivere la vita

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno B) (31/03/2024)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Oggi ci si risveglia allegramente e con serenità e si es e di casa in abiti eleganti. Avviene di solito ogni Domenica, ma in tale giorno non avremmo una tale costumanza se non si celebrasse ogni anno la liturgia odierna di Pasqua, che è la Domenica per antonomasia, il Giorno del Signore propriamente detto, nel quale con maggiore trasporto si respira aria di festa. Ci si augura anche che alberghi almeno per oggi un clima di pace e di concordia nelle famiglie, fra conoscenti e a livello quanto più globale; bello sarebbe se questa pace la si respirasse anche nel mondo, in un periodo così combattuto e controverso.

La gioia di oggi fa seguito alla mestizia che abbiamo vissuto nelle giornate precedenti e sotto alcuni aspetti ne reca anche in contrassegno. Si erano celebrati infatti i giorni dell'abbandono, della tristezza e dell'angoscia, rilevando come un uomo come Gesù, dal fare così intraprendente e capace di fiducia e di speranza nella lotta e nella prova, cedeva passivamente al nemico che gli usava ogni tipo di percossa e di vessazione, sia fisica che morale. Lui che aveva recuperato tante persone alla salute, veniva dilaniato sulla pelle dal flagello, dalle catene e dalla corona di spine. Lui, che aveva dimostrato attenzione e vicinanza verso gli umili e gli abbandonati, adesso veniva a trovarsi ineluttabilmente solo e reietto mentre pendeva dalla croce; lui che aveva resuscita Lazzaro, la bambina di dodici anni e il figlio unico della madre vedova, adesso moriva senza rimedio sul patibolo dopo atrocissime sofferenze accolte e patite senza riserve e di buon grado. Sembrava proprio inaudito che tutto finisse li, su un legno patibolare infame e deprimente. Anche i discepoli, nonostante Gesù fosse stato chiaro con loro in precedenza nelle spiegazioni, avevano creduto nel fallimento del loro Maestro, se n'erano andati delusi ed esterrefatti, perché le loro speranze non si erano compiute ma anziché un Messia restauratore politico che avrebbe liberato tutti dalla morte del dominio nemico, si erano ritrovati un comune soggetto che si era procurato solo la sua morte. “Noi speravamo che fosse lui a restaurare il Regno d'Israele” avevano esclamato due suoi discepoli, da lui colti di sorpresa mentre rincasavano al loro paese (Lc 24, 21).

E invece, ecco il motivo della vera gioia: la Pasqua. Etimologicamente vuol dire il “passaggio oltre...” e indica un concetto fondamentale: Gesù aveva preferito non aggirare gli ostacoli delle pene sopra esposte, ma passarvi oltre, cioè affrontarle, superarle e averne ragione uscendo da esse vittorioso. In una parola Gesù aveva lasciato che altri lo costringessero alla morte perché doveva rapportarsi con essa per “passare oltre”, cioè per toglierle potere affinché sorgesse la vita. Il “passaggio” non si sarebbe potuto realizzare convenientemente se Gesù non avesse affrontato lo strazio dei chiodi sulle sue membra, l'arresto cardiocircolatorio e poi l'oscurità opprimente del sepolcro; e invece del sepolcro ha voluto avere ragione rivoltandone misteriosamente le pietre e fuoriuscendone. Gesù è passato dalla morte alla vita, è Risorto.

Gli Israeliti avevano effettuato il passaggio del mar Rosso non senza che Dio avesse prima “reso ostinato il cuore del faraone” che non voleva farli partire; adesso Gesù è “passato oltre la morte non prima di averne fatto esperienza nella propria persona attraverso vessazioni, percosse e umiliazioni. E' passato dalla morte alla vita. E' risuscitato fuoriuscendo padrone e intrepido dal sepolcro e dalle bene che lo avvolgevano e questo è anche per noi il costitutivo della vita vera: non aggirare ma affrontare con lui la morte per avere la vita per sempre e per risorgere insieme a lui. Ecco il motivo della gioia e della consolazione.

E' questa la vera vittoria che altri non si aspettavano ma lui ha voluto palesare al mondo; quella del passare oltre al male, alla disfatta e alla morte per raggiungere la vita e vivere per sempre. Non soltanto: “Gesù risuscitato non muore più, la morte non ha più potere su di lui”(Rm 6, 8 - 9) e anche per noi si prospetta il grande orizzonte lungimirante della vita, se vogliamo restare uniti a lui in tutto, anche nello sconforto della croce, che assume le sembianze di dolore e inquietitudine. Sempre a detta di Paolo, se come Lui moriremo al peccato, assieme a lui risorgeremo, “passeremo oltre”, valicheremo tutto il male e tutte le ansie, le aberrazioni, il marcio, la cattiveria che al presente siamo chiamati a fronteggiare con coraggio. Usciremo resuscitati se, non dandola vinta al peccato, sapremo affrontare la croce in tutte le sfaccettature con cui ci si presenta. La Resurrezione è quindi la vera risposta al quesito: Perché il male? Perché la guerra? L'odio? La cattiveria, il dolore degli innocenti? Perché la croce? Perché Dio non interviene su ogni cosa? Perché Dio non fa giustizia? La contropartita è infatti non la fuga, ma la presa di posizione di fronte alla croce, il coraggio e la determinazione nell'affrontarla, la costanza nel viverne con pazienza il suo perpetuarsi perché quando questa la si vive nella fede e nella speranza che da essa si diparte, certamente avrà come il glorioso risultato della Resurrezione. E la croce stessa diventerà prospettiva di salvezza, perché la si guarderà come un'opportunità. Si riscontrerà in essa il seme della vittoria che altri non sono in grado di intravvedervi; vi si noterà la consolazione del passaggio verso la gloria futura nonostante gli assilli del presente. La croce non esula dalla vita ma aiuta a vivere la vita in pienezza e soprattutto essa stessa consegue il continuo passaggio dalla morte alla vita. Dall'apprensione al sollievo, dall'oppressione alla serenità, dall'angoscia al tripudio e all'esultanza.

Diceva Bonheffer, al momento di essere fucilato nel lager nazista: “E' la fine, per me è l'inizio della vita”. La croce infatti ci ragguaglia che tutto ciò che comunemente si identifica con la disfatta è in realtà il preludio di una vittoria certa. Sempre Bonheffer ci ragguaglia che quando Dio non ci salva dalla sofferenza ciò è perché vuole salvarci nella sofferenza; se non ci libera dalle tempeste è perché vuole darci forza nelle tempeste; non ci salva dalla morte perché ci salva nella morte; la morte è infatti vita piena in Cristo al presente e nella dimensione di eternità. Vivere a partire dalla resurrezione e accettare la croce per la resurrezione, accettare e incarnare cioè il “passare oltre”, questo vuol dire Pasqua.

Il timore di una ipotetica guerra atomica incombente, l'instabilità e l'apprensione provocata dai conflitti in Oriente, l'orrore e lo sdegno per la morte di tanti innocenti, la tensione per l'insicurezza occupazionale e per le varie crisi impellenti nel mondo... tutto questo vuole che con Cristo l'uomo realizzi per se stesso il passaggio dalla morte alla vita, per non vivere la vita da defunto. Per vivere a partire dalla resurrezione.

AUGURI DI BUONA PASQUA A TUTTI

 

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