TESTO Uno così va profumato
don Angelo Casati Sulla soglia
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Domenica delle Palme (24/03/2024)
Vangelo: Gv 11,55-12,11
55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. 56Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». 57Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo.
1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
Noi, la scorsa domenica, ci siamo fermati all'aria che si respirava per le strade di Betania di ritorno da una grotta violata nella sua inesorabilità. Possiamo immaginare come la notizia di Lazzaro redivivo corresse irrefrenabile, suscitando stupore. Ma domenica, forse per bisogno di bellezza, abbiamo sottaciuto che la notizia aveva raggiunto anche i piani alti del potere religioso là dove il dominio conta più della vita di una persona o di un popolo. Ecco la chiusa: "Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: "Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo".
Ebbene vorrei ricordarvi il versetto che fa come da spartiacque tra i due racconti, tomba e cena. Eccolo: "Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli". Ebbene perché puntigliosamente ricordare questo ultimo versetto ignorato dalle nostre letture domenicali? Perché mi è venuto spontaneo chiedermi che cosa si muovesse nel cuore di Gesù durante la cena nella casa di Betania. Il versetto mi sembra aprire una fessura: "Gesù non andava più in pubblico... si ritirò in una regione vicina al deserto". E come non pensare dunque che nel cuore di Gesù durante la cena ci fosse come un alternarsi di pensieri e sentimenti, oserei dire contrastanti? Ospite alla cena per condividere gratitudine al Padre che aveva ascoltato il suo grido per l'amico. E dunque sia festa! Ma come avrebbe potuto cancellare dal cuore quella triste sensazione di essere come braccato, un presentimento di morte? E il suo bisogno di un luogo di intimità in cui il segreto che si portava dentro potesse essere ospitato e condiviso.
Capita anche a noi. Trovò l'amica. Niente parole. Capì tutto. C'è qualcuno che ha la rara capacità di leggerti negli occhi ciò che ti passa nel cuore. Forse anche a lui, perdonate, accadeva una sorta di spaesamento, quello che proviamo anche noi quando, a fronte della gravità delle situazioni, ci si perde in questioni di poco conto, in discussioni del nulla. E che così fosse ne è una prova la sua reazione immediata alle parole di chi criticava duramente Maria per lo spreco del profumo, per quel prezzo che era semplicemente una follia: "Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me". Quel suo segreto, l'uccisione avvistata, alle porte, era arrivato al cuore della sua amica, poi aveva fatto sosta per profumo nelle sue mani, nei suoi capelli. Era per Maria il modo di dirgli che profumo era lui, anche oltre la morte. Gli altri a discutere del prezzo del profumo, lei, tenera, a pensare a un altro prezzo: il prezzo che stava per pagare il rabbi di Nazaret, Gesù, il suo amico. A costo di vita pagava il suo modo di essere Messia, le sue parole e i suoi gesti, il suo essere per gli altri. a difesa di ognuno, anche dei più sprovveduti, a difesa da ogni tirannia velata o palese.
Con il suo messaggio minava alle radici un sistema religioso, che, snaturando la fede dei padri, imponeva un'immagine ossessiva di Dio, imponeva precetti che loro, i capi, al dire di Gesù, non smuovevano neppure con un dito. Aveva liberato donne e uomini: non più schiavi, ma figli. "Se lo lasciamo continuare così...": argomentavano i capi. Uno così andava fermato. La sua crocifissione fu il prezzo della nostra libertà. Va profumato. Noi non avremo mai finito di capire, né di profumarlo, perché l'immensità di un amore non può abitare tutta i nostri occhi, solo ritagli, né il profumo potrà esaurire la gratitudine. Ci viene chiesto anche in questi giorni della Settimana Santa il cantuccio intimo appartato di Maria, per contemplare. In silenzio. E' da brivido il silenzio che si fa nelle chiese il Venerdì santo quando nel racconto della passione si giunge al punto in cui si legge di Gesù che dà il suo ultimo respiro. Si interrompe il racconto, accade il silenzio. E la domanda che si affaccia al cuore è: "Perché sei morto, Signore?". Non è stata una morte qualunque. La domanda vera è: "Perché sei stato ucciso, perché sei stato inchiodato a una croce, morte di malfattore?". Non fu un caso. Mi ritorna la preghiera:
Non dovevi più camminare.
Era necessità ai potenti fermarti:
passavi facendo il bene,
schiodavi i paralitici
alzavi la testa ai poveri
facevi camminare i sogni.
Era necessità fermarti,
eri pericolo.
Colpi di chiodi
che pesano
sul mondo
sfondando il mio cuore.
Fermo per sempre,
legato a una croce,
imprigionato l'imprigionabile.
Fisso da lontano
la trafittura dei chiodi
adoro il segno
della mia libertà
Ti appartiene
morte di malfattore.
Sei morto in un grido,
dolore sgolato
dell'umanità.
E si fece notte
nel cielo rabbrividito.
Nel buio estremo
perché nessuno degli umani
fosse senza compagno
nell'ora estrema.
Sei rimasto nella morte
a braccia allargate,
accoglienza universale,
casa di tutti e nessuno osi scrivervi
appartenenze.
Reciso
come si spezza un ramo secco.
Sei diventato albero fiorito,
l'albero della vita
per noi che ti chiamiamo
Signore e fratello.