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TESTO Commento Marco 1,21-28

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IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (29/01/2006)

Vangelo: Mc 1,21-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,21-28

21Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 25E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». 26E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Secondo lo spirito che ha guidato la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, ho pensato che i bambini hanno bisogno di capire le parole stesse del Vangelo proclamato, prima ancora del significato spirituale in esse contenuto. Chiedendo quindi perdono ai liturgisti, ai biblisti, soprattutto ai vescovi, propongo di utilizzare già nella proclamazione del Vangelo ad un'assemblea prevalentemente composta da bambini, la seguente lettura (parole in corsivo) più immediata da comprendere per i bambini stessi.

VANGELO

Nella città di [A] Cafarnao, entrato proprio di sabato nella sinagoga, cioè il tempio dove si andava ad ascoltare la Parola di Dio e dove si pregava,

Gesù si mise ad insegnare. Ed erano molto colpiti [stupiti] del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha un grande potere [autorità] e non come insegnavano gli altri maestri [scribi].

Allora un uomo che era nella sinagoga, che aveva dentro il cuore [posseduto da] uno spirito cattivo [immondo], si mise a gridare:

«Che c'entri con noi, Gesù di Nazaret [Nazareno]? Sei venuto a rovinarci! Io so chi [tu] sei: tu sei il santo di Dio».

E Gesù lo sgridò: «Stai zitto [Taci]! Vai via [esci] da quell'uomo».

E lo spirito cattivo [immondo], straziandolo e gridando forte, uscì da lui.

Tutti furono presi da paura [timore], tanto che si chiedevano a vicenda:

«Che cosa sta succedendo [è mai questo]? Una sapienza [dottrina] nuova insegnata con grande potere [autorità].

Comanda persino agli spiriti cattivi [immondi] e questi addirittura gli obbediscono!».

La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della regione di Galilea.

OMELIA

Domenica scorsa

Carissimi bambini,

domenica scorsa abbiamo visto Gesù mentre chiama i primi discepoli a "convertirsi", cioè a cambiare modo di pensare, e i discepoli "subito" lasciano tutto e seguono Gesù.
Oggi vediamo cosa succede "subito" dopo...
Oggi capiamo meglio cosa vuol dire "seguire Gesù"...

Oggi capiamo meglio cosa vuol dire "convertirsi", cioè "cambiare modo di pensare"...
«Che è mai questo»?

«Che cosa sta succedendo»?
Cosa succede oggi? L'avete appena ascoltato:

Gesù combatte e vince contro un diavoletto che si era infilato nel cuore di un uomo.

Gesù scaccia via uno "spirito cattivo" che aveva fatto diventare cattivo anche l'uomo.

Lo "spirito cattivo" è un "pensiero cattivo" che l'uomo aveva fatto entrare nel suo cuore.

Il diavoletto, che è cattivo, aveva suggerito il suo pensiero all'orecchio dell'uomo che era buono...

L'uomo gli ha dato retta ed il pensiero cattivo è entrato nel suo cuore e lo ha fatto diventare cattivo.
«Taci! Esci da quell'uomo»

«Stai zitto! Vai via!»

Abbiamo detto che anche noi siamo discepoli di Gesù. Gesù chiama anche noi a seguirlo.

Seguire "subito" Gesù, vuol dire "subito" combattere contro i pensieri cattivi...

Seguire Gesù, significa dire, "subito", al pensiero cattivo quando viene: Stai zitto! Vai via da me!

Seguire Gesù significa non dare retta ai pensieri cattivi, ma solo ai pensieri buoni.

Convertirsi, cioè cambiare modo di pensare, significa cambiare il modo di pensare cattivo. Convertirsi significa "pensare bene invece che pensare male".
Sgridare e scacciare il cornutello

Quel cornutello del diavoletto ci fa pensare male delle persone...

Suggerisce al nostro orecchio pensieri cattivi per farci comportare male!

Gesù ci insegna a scacciare il cornutello, cioè i pensieri cattivi che ci fanno diventare cattivi.

Se noi siamo discepoli di Gesù dobbiamo avere nel cuore e nella testa gli stessi pensieri di Gesù...

Gesù pensava solo al modo di fare più bene possibile a tutti.
Gesù non pensava al suo bene, ma al bene degli altri.
«Tutti furono presi da paura»
Alla vista di quello che è successo la gente ha paura..
Anche noi abbiamo paura degli spiriti cattivi o del diavolo!

Ma il diavolo è solo un pensiero cattivo che vuole entrarci dentro per fare male a noi e agli altri.

Il diavolo è come un cane feroce legato ad una catena che fa finta di dormire o di essere buono.

Se noi non ci avviciniamo alla catena per accarezzarlo, lui non può farci un bel niente.

Se noi preghiamo e stiamo vicino a Gesù nella Messa e nella bontà, allora non abbiamo paura!
«Comanda persino agli spiriti cattivi e gli obbediscono!».

Ma se qualche volta, dando retta ai pensieri cattivi, diciamo parole cattive e facciamo cattive azioni, Gesù ha il potere di scacciare il cornutello e di farci ritornare ad essere buoni (confessione sacramentale).

Gesù ci insegna a non avere mai paura del diavolo, perché Gesù è il più forte e Gesù è dentro di noi.

Se noi non mandiamo via Gesù dal nostro cuore è il diavoletto che ha paura di noi! (cfr Vangelo).

Gesù oggi ci invita a diventare suoi discepoli scacciando i pensieri cattivi da noi stessi.

Gesù oggi ci dice che, se seguiamo Lui, saremo invincibili contro ogni tipo di male.

Il pittore che dipinse il diavolo

È una storia molto bella, e molto indicata per trasmettere gli stessi contenuti dell'omelia, scritta da p. Thomas Špidlík

Al di là di sette selve verdi, al di là di sette fiumi, in mezzo al settimo prato stava un castello dove viveva un cavaliere solitario. Non invitava mai nessuno e nessuno lo andava a visitare. Però quei pochi che passavano sotto il castello sentivano la voce del cavaliere che parlava ad alta voce. Camminava nei corridoi, gesticolava con le mani, girava a destra e a sinistra come un vero matto.

Un giorno però successe una cosa speciale: il cavaliere smise di agitarsi e sembrò cambiare radicalmente. Al vecchio guardaboschi che ogni giorno gli portava qualcosa da mangiare diede ordine di andare in città e invitare al castello il miglior pittore che vi si trovasse. Alcuni giorni dopo si presentò al castello maestro Pennellino e chiese quale quadro avrebbe dovuto dipingere.

Il cavaliere lanciò uno sguardo sfiduciato al pittore e disse tra i denti queste parole: ..Maestro, ho per voi un lavoro, ma temo che siate ancora giovane e inesperto... Pennellino si sentì seriamente offeso. Alzò le sopracciglia, si tirò nervosamente la barba e rimbeccò: «Ho studiato tutte le forme delle persone e degli oggetti, conosco come si mescolano i colori. Non so cosa non saprei dipingere».

«Vedremo!», disse il cavaliere e condusse il pittore in uno stretto corridoio. «Vedete, una parte di questo passaggio è al buio, l'altra è nella luce. Vorrei che in mezzo mi dipingeste sant'Antonio Eremita, alla sua destra un angelo e alla sua sinistra un diavolo. Ma vi avverto, maestro Pennellino, voglio che l'angelo sia davvero angelo e che il diavolo sia un diavolo vero. Non voglio vedere una maschera da carnevale con le corna o con le ali, voglio dei volti che esprimano la realtà». «Se si tratta solo di questo», disse il pittore agitando la mano nell'aria, sarà finito presto».

Pennellino si rimboccò le maniche, issò una scaletta, mescolò i colori e si mise a dipingere sant'Antonio. La sera di quello stesso giorno era già apparso sul muro un vecchio dalla barba bianca e gli occhi bonari, il ritratto di un vecchio pastore che aveva conosciuto a Cantalupo, solo che in più aveva un'aureola intorno alla testa. Il cavaliere venne ad ispezionare la pittura e la giudicò con tolleranza. «Non è proprio un santo, ma può andare». Maestro Pennellino taceva sussiegoso e compreso della sua superiorità.

Il giorno seguente però lavorò con più attenzione e finì la figura dell'angelo. La sera, come al solito, il cavaliere venne ad ispezionare il lavoro. Aggrottò la fronte e disse: «Vi ho detto che voglio avere un angelo qui sul muro. Questa signorina va bene come modella per la pubblicità di una sartoria!» Pennellino s'arrabbiò. Ma il cavaliere non stette a discutere con lui e se ne tornò nelle sue camere senza aggiungere una parola.

Per un bel po' di tempo il pittore rimase con la sua rabbia, ma poi cominciò a studiare la sua opera cercando come migliorarla. Per tre giorni sedette a guardarla e alla fine successe qualcosa che non aveva previsto: la pittura non piaceva più neanche a lui. «Quel vecchio cavaliere è un po' strambo, però ha ragione. Questo non è un angelo. Già, ma come dipingere un angelo? Dovrebbe irradiare la bontà, la verità, la bellezza». II pittore trasse dalla sua borsa le carte con gli studi precedenti. Sceglieva le forme migliori, rifletteva, provava. Perse il conto del tempo che passò lavorando così. Studiava e dipingeva, ma c'era sempre qualcosa che non gli piaceva.

Tornò a trovarlo il cavaliere. «Pennellino, lo vedete voi stesso, qua non abbiamo ancora un angelo. Sarà meglio che lasciate perdere. Cominciate piuttosto a disegnare il diavolo dall'altra parte». Il pittore s'arrabbiò di nuovo terribilmente, ma dovette riconoscere che il vecchio aveva ancora ragione. Spostò la scaletta sull'altra parete e cominciò a dipingere un brutto demonio. «Questo fa davvero paura!», disse fra sé tutto contento.

Ma il vecchio cavaliere si mise a ridere. In vita mia non ho mai visto una maschera tanto ridicola. Sapete, maestro Pennellino, chi vuol dipingere un diavolo deve sapere cos'è il male. Non dimenticatelo».

Di nuovo il pittore sedeva e rifletteva, rifletteva, rifletteva. Ma non arrivò a nessuna saggia conclusione. Dopo il primo quadro ne fece un secondo, poi un terzo, poi un quarto e pensò che forse quest'ultimo avrebbe incontrato l'approvazione del cavaliere. Il diavolo aveva il volto di un assassino che Pennellino aveva dipinto un tempo durante l'esecuzione. Infatti questa volta il cavaliere non rise, ma non fu neppure contento. «Qui c'è un disgraziato, maestro Pennellino. Un criminale, sì, forse, ma soprattutto uno sfortunato. Con un tipo così, come quello che vedo, il Signore sarà certamente misericordioso. Perciò questo qui non è un diavolo».

Maestro Pennellino era allo stremo delle forze. Avrebbe voluto gettare i pennelli e fuggire da quel castello. Ma il vecchio cavaliere tornò di nuovo a dargli un consiglio: «Se non sapete dipingere il diavolo, tornate dall'altra parte a dipingere l'angelo, ma rifatelo uguale identico a prima». Forse non si rendeva conto di quanto umiliava il pittore con queste parole. Ma qualcosa nel cuore di maestro Pennellino gli diceva che il cavaliere aveva ragione.

Ricominciò dunque a dipingere l'angelo e con inquietudine e ripugnanza si mise a copiare il quadro di prima. Tratto dopo tratto, colore dopo colore, lavorava maledicendo il giorno in cui aveva accettato questo lavoro al castello, maledicendo il cavaliere e i suoi giudizi detestabili. Presto il quadro fu pronto.

Il secondo angelo somigliava perfettamente al primo. Eppure non era lo stesso. Maestro Pennellino rimase esterrefatto. «Dio mio, ma questo non è un angelo, è un diavolo!»

Quando venne, il vecchio cavaliere approvò chinando la testa. «Questo è davvero il diavolo!» «Ma io volevo dipingere un angelo!» «Appunto. La vera malizia non è una mascherata e non è neppure la debolezza e la miseria. La malizia è la bellezza che si cerca con odio e con avversione. Come avete fatto voi stavolta, detestandomi. Imparate ad amare e dipingerete un angelo».

T.SPIDLÍK, Il Professor Ulipispirus e altre storie, Lipa, Roma 1997, pp. 29-32

 

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