TESTO Commento su Mc 7, 1-13
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Martedì della V settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (06/02/2024)
Vangelo: Mc 7, 1-13
Come vivere questa Parola?
“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”.
Sono parole forti queste pronunciate da Gesù nel Vangelo di oggi, che forse ci fanno rimanere un po' interdetti. Ma, se proviamo ad andare un po' più a fondo, ci rendiamo conto che sono una bella boccata d'aria fresca, come se aprissimo la finestra per far entrare aria nuova in una stanza. Separare labbra e cuore, i precetti dai comandi di Dio rischia di farci imparare a memoria delle buone pratiche a cui adempiere in maniera meccanica, senza comprenderne il significato più profondo, finendo col vivere una fede schizofrenica, separata in se stessa. Noi, invece, siamo un'unità di testa, cuore e mani, come ripete spesso Papa Francesco. Il comandamento di Dio, che si può riassumere con la legge dell'amore: “Amerai il Signore Dio tuo con tutta l'anima, la mente e il cuore e il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22, 37- 40) ci insegna che la mera osservanza della legge non può essere a scapito dell'essenziale, l'amore verso Dio, noi stessi ed il prossimo. Gesù non è venuto ad abolire la legge che, anche lui da buon ebreo osservava, ma a portarla a compimento. Per chi viene scritta la legge e per chi si osserva? È la legge a servizio dell'uomo o l'uomo a servizio della legge? Attraverso questa provocazione, Gesù vuole ricordarci quale è il nostro fine ultimo, la meta a cui tendiamo. E la meta è sempre l'Amore per Dio, per noi stessi e per il prossimo. E l'amore è sempre unito in se stesso, mai diviso. Se obbedire alla legge ci aiuta a tendere all'unità, allora è un bene, se invece porta a divisione c'è qualcosa che dovremmo provare a cambiare.
Signore Gesù, aiutaci a ritornare liberi da ogni attaccamento dentro e fuori di noi per poter amare Te con tutto il cuore, la mente e le forze e il nostro prossimo come noi stessi.
Oggi mi prendo un momento per riflettere su eventuali condizionamenti che non mi aiutano ad avere un rapporto autentico con me stesso, con gli altri e con Dio.
La voce di uno scrittore
“Quante ferite ci portiamo dentro, quante sostanze impure c'inabitano? Limiti, debolezze, peccati, incapacità̀, inadeguatezze, fragilità̀ psico-fisiche...E quante ferite nei nostri rapporti interpersonali? La questione fondamentale per noi sarà sempre: cosa ne facciamo? Come le viviamo? La sola via d'uscita è avvolgere le nostre ferite con quella sostanza cicatrizzante che è l'amore: unica possibilità di crescere e di vedere le proprie impurità diventare perle”.
Paolo Scquizzato dal libro “Elogio della vita imperfetta”
Benedetta Ferrone - benedetta.ferrone@gmail.com