TESTO A far crescere non è un timbro, è l' amore
don Angelo Casati Sulla soglia
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (28/01/2024)
Vangelo: Lc 2,41-52
41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
La sosta oggi è alla famiglia di Nazaret. E subito mi si affacciano domande. Che cosa sappiamo? Che cosa può dirci? Forse una prima cosa che la famiglia di Nazaret può dirci è proprio questo nulla di eccezionale. Dirlo a noi che a volte dimentichiamo che è la vita di tutti i giorni che ci fa crescere, che noi siamo messi alla luce ogni giorno quando qualcuno apre le finestre di casa o la porta o ci chiama a tavola, o scambia pensieri con noi o ci abbraccia. Questa è una zolla che fa crescere il bulbo e lo fa fiorire. Dobbiamo anche riconoscere che una zolla non è uguale all'altra. Dove sono oggi le finestre, dove la porta, dove la tavola, dove i momenti di dialogo? Forse mai come oggi quando diciamo famiglia diciamo un mondo di diversità. Sembra quasi che, per quanto riguarda la famiglia, al tempo della fissità sia succeduto il tempo del movimento, come se famiglia e casa a volte più non coincidessero: pensate famiglia e pensate il mondo dell'immigrazione; pensate a che ora uno ritorna a casa a sera e se ritorna; pensate alle ragazze e ai ragazzi che ormai vivono per studi o per lavoro all'estero.
E allora dove e come essere una famiglia che dona tepori di crescita oggi, se guardiamo la realtà? Perché di zolle di terra abbiamo bisogno. Anche il figlio di Dio ne ebbe bisogno per crescere. E subito dovremmo aggiungere che a far crescere non è un timbro, ma l'amore, la cura della relazione, le modalità diverse del prendersi cura, trovare amore. Pensate come invece tutto diventi triste quando la famiglia diventa un nome, un mondo di solitudini e come tutto possa abbuiarsi. Persino Dio. Che Gesù ci ha insegnato a chiamare con il nome di padre. Proprio in questi giorni una persona mi ricordava quali immagini paurose di Dio affiorassero nel suo immaginario, quando gliene parlavano come di un padre, lui che dal padre non riceveva se non segni di distanza e durezze. Può accadere disgraziatamente. E grazia sarebbe aprire ambiti in cui si possa respirare l'amore sincero, un sincero volersi bene. "Amatevi come io vi ho amato": diceva Gesù.
La famiglia dunque e le nuove modalità da inventare, perché oggi sia ancora zolla incoraggiante per una crescita. Ma ora vorrei sostare sul brano sorprendente di Luca, che racconta le giornate di un pellegrinaggio. Un pellegrinaggio dentro trent'anni di silenzio. Un episodio per certi aspetti illuminante e per altri sconcertante. Illuminante ritrovare il figlio seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava: "E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti". Quel Figlio era cresciuto; e sarebbe ancor più cresciuto "in sapienza, età e grazia".
Lo cercarono, restarono stupiti: Gesù uno da cercare e per cui stupirsi. E' il lato illuminante del racconto, illuminante che lo abiti la Sapienza, ma anche che la sapienza cresca in lui: per opera certo dello Spirito, ma anche per opera di Giuseppe e Maria. E dunque regalarsi parole leggere nelle case, non prediche, ma grumi di sapienza. Ma per certi aspetti l'episodio, per come avviene - dobbiamo riconoscerlo - è sconcertante: c'è qualcosa da capire e qualcosa forse anche da non capIre, qualcosa che non si attaglia a tante nostre visioni della famiglia di Nazaret: che un ragazzo di dodici anni decida di testa sua di rimanere a Gerusalemme senza per nulla avvisare i suoi - e la casa non era dietro l'angolo - e si permetta quel tono nel rispondere ai suoi genitori - voi mi capite - è la messa in crisi di tante predicazioni oleografiche della famiglia di Nazaret e di tanti testi liturgici dove si fa un gran spolvero dei giorni sereni, della dolcezza degli affetti della famiglia di Nazaret.
E certo che ci furono, ma non cancellano i giorni dell'inquietudine che i vangeli per grazia non velano. Anzi Luca nell'unico episodio che racconta riferisce solo parole di Gesù che sembrano parole di un adolescente ribelle, e parla di incomprensioni: "ma essi" scrive "non compresero". Vorrei a questo proposito lasciarvi un commento, che entra nel vivo, di papa Francesco: "A essere famiglia si impara ogni giorno. Nel Vangelo vediamo che anche nella Santa Famiglia non va tutto bene: ci sono problemi inattesi, angosce, sofferenze. Non esiste la Santa Famiglia delle immaginette. Maria e Giuseppe perdono Gesù e angosciati lo cercano, per poi trovarlo dopo tre giorni. E quando, seduto tra i maestri del Tempio, risponde che deve occuparsi delle cose del Padre suo, non comprendono.
Hanno bisogno di tempo per imparare a conoscere il loro figlio. Così anche per noi: ogni giorno, in famiglia, bisogna imparare ad ascoltarsi e capirsi, a camminare insieme, ad affrontare conflitti e difficoltà. È la sfida quotidiana, e si vince con il giusto atteggiamento, con le piccole attenzioni, con gesti semplici, curando i dettagli delle nostre relazioni. E anche questo, ci aiuta tanto: parlare in famiglia, parlare a tavola, il dialogo tra i genitori e i figli, il dialogo tra i fratelli, il dialogo con i nonni". Vorrei aggiungere che il brano di Luca mi sembra come incorniciato da due verbi importanti, a mio avviso, per ogni modalità di essere famiglia: la famiglia delle case, la famiglia della chiesa, la famiglia della casa comune. Il verbo "salire" e il verbo "scendere". Luca apre dicendo, dei genitori di Gesù, che "salirono secondo la consuetudine della festa" a Gerusalemme. Salire. E chiude dicendo di Gesù: "Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso".
Scendere. Salire, per non impantanarci nelle meschinità. Scendere, per non vivere fuori dalla realtà, ma nel grembo della terra.