TESTO Tomas Tranströmer. Il poeta del silenzio
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IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (28/01/2024)
Vangelo: Mc 1,21-28
21Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 25E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». 26E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Sapete chi è stato definito “Il poeta del silenzio”? Tomas Transtr-mer, il maggiore poeta svedese, e uno dei più grandi poeti contemporanei, morto nel 2015. Fu insignito del premio Nobel per la letteratura nel 2011 con la seguente motivazione: «Perché attraverso le sue immagini condensate e traslucide, ci ha dato nuovo accesso alla realtà». Fu definito "il poeta del silenzio" perché “la sua poesia si concentra profondamente sull'esplorazione del silenzio in molteplici sfaccettature, trasformandolo in una dimensione ricca di significato e ispirazione poetica”.
Il Silenzio è concepito non come assenza di rumore ma come presenza tangibile, quasi palpabile, come spazio per la contemplazione e la ricerca di un significato più profondo. Il silenzio "parla" di una verità che non può essere detta espressamente con le parole. Tomas Transtr-mer nelle sue poesie intrise di spiritualità manifesta la sua abilità nel catturare e esplorare il silenzio, la sua capacità di fare parlare il silenzio.
Quello che mi impressiona nella pagina di Vangelo di questa domenica, che tratta del primo discorso ufficiale di Gesù alla sinagoga di Cafarnao, è che l'evangelista Marco non ha riportato nemmeno una parola di quel discorso. Sarebbe come se un giornalista che deve fare una relazione sulla cerimonia del primo discorso di insediamento del presidente d'America non riportasse nemmeno una parola di quel discorso. L'evangelista Marco parla invece delle reazioni al discorso di Gesù da parte degli astanti e di quell'uomo posseduto da uno spirito impuro, che rappresenta l'umanità. A quell'uomo posseduto che lo attacca con le sue domande e affermazioni, Gesù dice “Taci”.
Lui che per trent'anni ha vissuto nel silenzio prima di iniziare la sua missione pubblica, ha tutta l'autorità per dire a qualcuno “taci, fai silenzio”.
Tra le prime parole pronunciate da Gesù nel Vangelo di Marco c'è il richiamo al silenzio. E le parole seguenti: “Esci da lui”, sono un grido di liberazione. Gesù attraverso quell'uomo che rappresenta tutti noi, ci comanda di liberarci dai nostri rancori verso Dio (“Che cosa vuoi da noi?”), di liberarci dai timori nei confronti di Lui (“Sei venuto a rovinarci?”), di liberarci dalla supponenza davanti alla divinità (“Io so chi tu sei”). Tacere e liberarsi dai condizionamenti, per mettersi in ascolto.
Ernest Hemingway aveva detto “Ci vogliono due anni per imparare a parlare e cinquanta per imparare a tacere”. Infatti è molto più difficile imparare a tacere che imparare a parlare. Gesù ha prima imparato a tacere per 30 anni, e solo dopo ha cominciare a parlare. Non sono stati trent'anni vuoti, ma pieni della presenza di Dio che gli parlava nel Silenzio.
Il Silenzio scelto consapevolmente e non quello subito a causa dell'isolamento, è stato riscoperto dalla scienza come foriero di innumerevoli vantaggi al nostro benessere psicofisico. Praticare il silenzio cambia la percezione di noi stessi e di ciò che ci circonda, ci aiuta a osservare meglio le persone e comprendere meglio le emozioni che traspaiono dai loro volti. Ci insegna a guardare negli occhi delle persone per capire, meglio che con le parole, cosa stanno passando: le parole possono mentire, ma gli occhi mai. Il Silenzio affina la nostra capacità di leggere gli occhi, gli occhi spenti che trasmettono una tristezza infinita e gli occhi poetici che trasmettono perdono.
Comunicare nel silenzio ci esonera dall'angustia di ricercare sempre le parole giuste al momento giusto, ci infonde pace. Il poeta-cardinale José Tolentino de Mendonça nel suo articolo "Elogio del Silenzio" dice "Siamo analfabeti del silenzio ed è questo uno dei motivi per cui non sappiamo vivere nella pace".
Il Silenzio è il luogo sacro attraverso il quale Dio comunica con noi. Nel frastuono della vita quotidiana non possiamo percepire il sussurro di Dio. Pregare è stare in Silenzio davanti a Dio, pregare non è parlare ma ascoltare.
La cosa che più mi ha colpito nella settimana della giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona nell'estate scorsa, non è stata tanto l'allegria, la festa, i colori o la bellezza di quella gioventù, tutte cose straordinarie, ma il silenzio assoluto durante la veglia di preghiera: un milione e mezzo di giovani che pregavano e non si sentiva una mosca volare, tutti avvolti da un Silenzio Sacro, assoluto o per usare l'espressione di un altro grande poeta, avvolti “dall'Infinito Silenzio” (Giacomo Leopardi).
Questi giovani d'oggi pieni di vita e di frastuono, hanno dato una lezione di silenzio a noi adulti, che nelle nostre celebrazioni siamo distratti continuamente da cellulari che squillano, persone che parlano o tossiscono, che fanno tutt'altro che ascoltare in silenzio.
In conclusione:
Come il poeta del silenzio Tomas Transtr-mer, anche noi siamo chiamati a diventare poeti del Silenzio, per poter finalmente mettere a tacere tutto dentro di noi e poter così ascoltare l'infinito silenzio di Dio.