TESTO Il nuovo di Dio: il Verbo si è fatto carne
don Angelo Casati Sulla soglia
Domenica nell'Ottava del Natale (31/12/2023)
Vangelo: Gv 1,1-14
1In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2Egli era, in principio, presso Dio:
3tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
4In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
6Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
9Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
11Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
12A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Non so se ci affatica o se ci incanta questo puntare oggi degli occhi al più lontano che si può, per fare poi ritorno al più vicino che si può. Puntare gli occhi al più lontano nel tempo. E che cosa sta all'origine? E non è la domanda degli scienziati, che pure è legittima e degna di stima. Ma la domanda di coloro che cercano un senso o si chiedono se ci sia un senso. Un senso o una insensatezza? A volte ci sembra di essere osservatori, fermi al retro di un arazzo, un groviglio di fili: ognuno un filo con la sua vita, con la sensazione - capita - di essere fuori posto, ma con il brivido di essere abbracciato a un altro filo. A chiederci se c'è un disegno. Ecco perché i pensieri corrono all'origine, all'in principio.
E il cuore è come se riprendesse a pulsare quando legge di una Sapienza che sta dall'in principio, prima dello snodarsi delle cose; non l'insensatezza, ma la Sapienza. Così raccontava oggi il brano del libro dei Proverbi: "La Sapienza grida: "Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine. Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra". E'- voi mi capite - la condizione perché anch'io metta il mio piccolo filo. Ma ancora ho trovato scritto che la Sapienza non solo faceva tutt'uno con Dio, ma racconta "Ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo".
Qualcuno ha scritto: "In principio era la gioia". Dio per noi ha in mente la gioia, l'armonia, la felicità. Peccato che a volte sia passata l'idea di una religione che mortifica e mette pesi, e non di una fede che si premura, come il suo Dio, di far sorridere tutti, tutto: ti voglio bene, voglio che i tuoi occhi sorridano, portare il sorriso. Anche il prologo del vangelo di Giovanni oggi ci riconduceva all'in principio e raccontava: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste". Bellissimo che si inizi dal Verbo, dalla Parola, e non da un silenzio muto che ti raggela: sei salvo se sguscia una paola che già in sé porta segno di voglia di comunicare. All'inizio di tutto sta la voglia di comunicare di Dio, come una grande luce, una immensa luce, all'inizio un mare di luce.
E poi è detto - e qui purtroppo non abbiamo sostato nei secoli e non avremo mai finito di sostare - è detto del Verbo di Dio, della Parola che è luce -: "Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste". Pensate, nulla che non porti in sé una traccia del divino - ma ci pensate? - nulla di quanto c'è oggi, nulla di quanto ci fu dal primo battere del mondo ad oggi, nessuna donna, e nessun uomo, e - che so io? - nessuna formica, nessuna goccia d'acqua, nessun filo d'erba, nessuna polvere di stelle, nessun popolo del mondo, nessuna religione, nessuna cultura, nulla di quanto oggi vedrai uscendo da questa chiesa. Vedrai l'anima del mondo. Pensate, se le scrivessimo sulle pareti di casa queste parole, se le incidessimo sulle pareti dell'anima? "Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste".
Dal più lontano al più vicino, perché ora mi si accende l'altra parola del prologo di Giovanni: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". O - se volete, nella versione più letterale - "e mise la sua tenda in mezzo a noi". Si fece carne, quasi la carne fosse il punto estremo del suo desiderio di comunicare con noi. Che siamo carne, siamo storia, siamo volto, parliamo con parole e con il volto, ci esprimiamo con scoppi di riso e con il silenzio del pianto, siamo mani che lavorano e mani che si fanno dono per una carezza, occhi che scrutano o anche occhi che sono semplicemente fessure di bellezza, siamo corpo e attesa di profumo, di vino e di abbracci. E Gesù - perdonate una espressione forse in eccesso - ci ha amato molto anche perché non ha preso distanza dalla nostra carne. Ha toccato, si è lasciato toccare. Il vangelo è la Parola in un corpo. Togliete i corpi, che cosa rimane del vangelo?
Anche in questo orizzonte Gesù apriva, osando, un'altra via. Leggete i primi capitoli del vangelo di Marco: storia di corpi. Ed ecco la perplessità dei discepoli di Giovanni e dei farisei, che si interrogano sul fatto che il Rabbi di Nazaret non insegna ai suoi discepoli a digiunare, a mortificare il corpo; ancora non avevano capito che stava accadendo qualcosa di nuovo. E Gesù rispondendo fa cenno al nuovo: "Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!".
Vino nuovo, il Verbo fatto carne. Otri vecchi, le tradizioni che negano bellezza al corpo l'assuefazione ai corpi violati. Al sangue versato. Forse dovremmo chiederci perché sono accaduti nella nostra storia cristiana - e ancora non sono del tutto tramontati - i giorni del sospetto sul corpo, il distanziamento dal corpo. Siamo nei giorni del Natale e il pensiero mi corre - piccolo segno - a quanto è accaduto nell'arte pittorica a molte Madonne del latte: "ritoccate" - scrive un critico d'arte, amico, Luca Frigerio - dall'epoca della Controriforma in poi, quando cioè non parve più conveniente che Maria mostrasse il seno, fosse anche per allattare il piccolo Gesù. Quelle antiche Madonne furono intese spesso come inopportune e imbarazzanti. Da incoronare, magari, con nuovi diademi preziosi, ma anche da "nascondere" sotto prudenti strati di colore... ".
Ebbene dire "il Verbo si è fatto carne" è come cantare al vino nuovo.