TESTO La realizzazione di un nuovo ed eterno matrimonio di Dio con l' umanità
Natale del Signore - Messa della Vigilia (24/12/2023)
Vangelo: Mt 1,1-25
1Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, 4Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, 5Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, 7Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, 8Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
12Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, 13Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, 14Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
17In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele,
che significa Dio con noi. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; 25senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.
La Parola di Dio di questa celebrazione vespertina di Natale, ci aiuta a contemplare il compimento di un progetto divino di salvezza che si è realizzato attraverso la storia del popolo di Israele. Dio scelse questo piccolo popolo, tra tutti i popoli del mondo, per preparare la rivelazione definitiva della sua opera di salvezza nella storia dell'umanità e dell'intera opera della creazione, che si è realizzata mediante la missione del Figlio amato di Dio Padre., il «Verbo fatto carne, che venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
La sintesi della storia della salvezza, attraverso il popolo di Israele, ci viene offerta oggi attraverso l'ascolto della predicazione dell'apostolo Paolo, fatta nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, durante il suo primo viaggio missionario. L'apostolo, rivolgendosi agli ebrei di quella città, ricordò la scelta divina degli antichi patriarchi e l'evento fondamentale della liberazione del popolo dalla schiavitù d'Egitto (cfr. At 13,17). In seguito menzionò la storia della scelta del re Davide e la promessa di un messia proveniente dalla discendenza di quel re (cfr. At 13,22). Concluse facendo memoria della missione e della testimonianza profetica di Giovanni Battista, che dichiarò: «Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali» (At 13,25).
È interessante l'insistenza di tutti gli evangelisti nel ricordare il rito dello slacciamento dei sandali, che era un gesto concesso a una donna vedova quando il cognato del marito defunto si rifiutava di sposarla, per garantirle una prole e una sicurezza economica per lei e per i tuoi figli. Ciò è documentato nella legge del levirato di Dt 25,8-10: «Allora gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno. Se egli persiste e dice: "Non ho piacere di prenderla", allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede, gli sputerà in faccia e proclamerà: "Così si fa all'uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello". La sua sarà chiamata in Israele la famiglia dello scalzato».
Nel gesto dello slacciamento dei sandali è rappresentato il rifiuto del fratello del defunto di sposare la cognata, rimasta vedova.
Il tema del matrimonio tra un uomo e una donna era già stato utilizzato dagli antichi profeti per predicare una nuova alleanza d'amore tra Dio e il popolo di Israele.
L'esperienza dell'esilio a Babilonia era stata interpretata come una rottura della prima alleanza di Dio con il suo popolo, stipulata sul monte Sinai, con l'impegno di obbedire ai dieci comandamenti per avere garantiti la libertà e il possesso della terra di Canaan. L'infedeltà del popolo ai comandamenti portò a sperimentare dolorosamente una nuova stagione di schiavitù nella terra di Babilonia, e il popolo di Israele e di Giuda poteva essere paragonato ad una vedova, poiché sembrava che Dio fosse “morto”, avendo lasciato il popolo completamente impotente e consegnato agli oppressori babilonesi.
Il terzo Isaia, profeta autore di gran parte dei capitoli 56-66 del libro, ci presenta oggi, nella prima lettura della liturgia della Parola, l'annuncio che il popolo, personificato nella figura femminile di Gerusalemme, si sposerà con il suo Salvatore Dio: «Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te». (Is 62,4-5).
Giovanni Battista era aperto ad accogliere chiunque arrivasse a ricevere il battesimo di conversione e aveva capito che la salvezza che il Messia avrebbe portato non era destinata solo al popolo eletto di Israele, ma era una proposta di liberazione e di una nuova ed eterna alleanza .per tutti indistintamente. Il Messia non “sposerà” nuovamente “Israele”, ma la sua sposa sarà “Umanità”. Per questo Giovanni Battista cita la legge del Levirato, ricordando quel rito dello “sciogliere i sandali”. Secondo Giovanni Battista, il rifiuto del futuro Messia di stringere nuovamente l'alleanza con il popolo eletto d'Israele non era motivo di disprezzo per il popolo dell'antica alleanza, perché ormai il matrimonio della nuova ed eterna alleanza era con tutti i popoli del mondo, compreso il popolo di Israele.
Giovanni Battista questo lo sapeva; non poteva slacciare i sandali del futuro Messia e sputargli addosso, perché il progetto divino era più ampio, era universale, voleva raggiungere ogni essere umano che vive in questo mondo.
Il Messia è il “Dio salva” (Gesù) che si sposa con tutta l'umanità per essere il Immanuele = il Dio con noi fino alla fine dei tempi
Il Vangelo di questa celebrazione vespertina di Natale ci fa contemplare questo: veramente Gesù Cristo, il Figlio prediletto di Dio Padre, ha assunto la nostra condizione umana come parte integrante del popolo di Israele. Questo è il senso della genealogia, che nel Vangelo di Matteo inizia con Abramo e termina con Gesù, il cui padre adottivo è Giuseppe, lo sposo di Maria. Ci sono «quattordici generazioni da Abramo a Davide, quattordici da Davide fino alla deportazione di Babilonia, quattordici dalla deportazione di Babilonia a Cristo» (Mt 1,17).
La genealogia del vangelo di Luca risale ad Adamo. In totale ci sono tre serie di due volte sette nomi (7x2x3). Questa numerazione serve a giustificare che la venuta del Messia, Gesù Cristo, rientra in un piano divino ben determinato. L'evangelista Matteo conferma il concepimento verginale di Maria per opera dello Spirito Santo, così come è attestato nel vangelo di Luca, nel racconto dell'annunciazione: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria come tua moglie, perché concepì per azione dello Spirito Santo» (Mt 1,20).
Nella versione dell'evangelista Matteo viene maggiormente sottolineata la responsabilità di san Giuseppe, chiamato ad accettare Maria come sua sposa e ad assumere il progetto divino di salvezza per l'umanità.
Contempliamo il “sì” di Maria nel vangelo dell'annunciazione di Luca 1,26-28, che la liturgia della Chiesa cattolica ci ha offerto quest'anno nella terza domenica di Avvento e ancora nella liturgia della Parola di questo giorno, prima dei vesperi natalini.
Contempliamo il “sì” di Giuseppe nel Vangelo di questa vigilia di Natale: «Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24).
Nel vangelo di Matteo viene messo in risalto il significato del nome “Gesù”, che significa “Dio salva”: «Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).
L'evangelista Matteo annuncia il compimento della profezia di Is 7,14: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,23).
L'angelo aveva annunciato in sogno a Giuseppe che il nome “Gesù” indicava il progetto di salvezza per il popolo d'Israele. Ma l'evangelista Matteo, ispirato dallo Spirito Santo, al termine del suo vangelo, ha mostrato che Gesù è “Emmanuele”, cioè “Dio è con noi” nella missione dei suoi discepoli, chiamati ad evangelizzare e battezzare tutti i popoli del mondo nel nome della Santissima Trinità, non solo del popolo di Israele. La nuova ed eterna alleanza della Santissima Trinità, stipulata con l'evento dell'incarnazione del Figlio prediletto del Padre, definitivamente con la sua morte in croce e risurrezione, è un “matrimonio” con tutta l'umanità: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).
Mi sento parte integrante di questo progetto divino di salvezza per tutta l'umanità?
Sento la chiamata alla fraternità universale (essere “tutti fratelli, in uscita”), superando l'individualismo religioso, aprendomi alla sinodalità e accogliendo tutti indistitamente?