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Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

II Domenica di Avvento (Anno B) (08/12/2023)

Vangelo: Mc 1,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,1-8

1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

2Come sta scritto nel profeta Isaia:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

3Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Inizio del Vangelo di Gesù Cristo.
È una nuova Genesi, una nuova Creazione, un nuovo inizio.

Perciò il giovane Giovanni Marco, uno dei discepoli della prima ora, di Gerusalemme, ha accettato il compito di redigere un testo ad uso delle nascenti comunità, dei sedotti dal Nazareno, dei cercatori.

E non ha fatto un trattato di teologia o una raccolta di detti al modo dei rabbini, ma un racconto.
Il racconto. Il primo testo che racconta e annuncia.

E lo ha intitolato vangelo, cioè buone notizie come erano chiamati i racconti delle gesta degli imperatori a partire da Cesare Ottaviano Augusto, il figlio adottivo di Giulio Cesare, il primo a pacificare l'intero Impero Romano. Ma, alla sua morte, la pax romana è stata subito travolta da beghe ed intrighi. Qui parliamo di ben altre buone notizie.

Marco, discepolo di Pietro apostolo, forse su suo suggerimento, inventa il genere letterario Vangelo.

Non più l'elenco delle presunte prodezze dell'imperatore. Ma la notizia di un Dio che viene.
Che ricostruisce. Che ricrea. Che fa nuove tutte le cose.

E di questo parla il Vangelo di Marco: di una nuova Creazione, di un nuovo inizio, in cui Cristo è centro e perno, motore e senso.

Per ricordarci, e ce n'è bisogno!, che tutto quello che facciamo, come cristiani, come Chiesa, volge in quella direzione: a proclamare che Gesù, venuto nella Storia, è il Cristo della Gloria, colui che svela il vero di Dio. Per ricordarci, e ce né è bisogno!, che non siamo una Onlus, che non siamo gli infermieri della Storia, che se ci occupiamo del Creato e della Pace è perché siamo innamorati di Cristo e dell'uomo. Per ribadire, e ce n'è bisogno, che a questo serve la Chiesa, ad essere trasparenza, ad indicare il Maestro, a servire l'uomo nel suo percorso verso la felicità-

Abbiamo appena ricominciato il tempo di avvento in preparazione al Natale. Un Natale che si preannuncia diverso, faticoso, come molti altri. Fra guerre di cui perde il conto, e violenza che cresce (donne e uomini contrapposti), e polarizzazioni che fanno solo male e nostalgia di scelte drastiche, di manifestazione muscolari. Lasciando che a prevalere siano le emozioni, anche eccessive, anche illogiche, piuttosto che la riflessione e la ricerca.

Ma, come sempre, il Natale coinciderà, per scelta dei nostri padri, con il solstizio d'inverno, la notte più lunga dell'anno. Ma dal giorno dopo i giorni, impercettibilmente, cominceranno a crescere.

Come è stato Cristo nella nostra vita: luce crescente, luce vittoriosa, sol invictus.

Come può essere ancora questo Natale: una nuova Creazione. Soprattutto questo Natale. Ogni Natale.

Per farlo, però, siamo chiamati ad aprire mente e cuore. Osare. Volare.

Per farlo dobbiamo rompere gli schemi. Come Giovanni.

La voce che grida
È figlio di un sacerdote ma fa il profeta.

Ha frequentato Gerusalemme, la capitale, la Santa, ma si è rifugiato nel deserto, fuggendola.

Tutti chiedono sacrifici nel rinato tempio. Lui propone la conversione.

E fa scendere la gente attraverso il deserto di Giuda fino al Giordano, in un nuovo Esodo.

Non propone le abluzioni rituali ma un vero e proprio battesimo di immersione. Un simbolo di un cambiamento di vita radicale. Non piccoli aggiustamenti di rotta, ma un nuovo percorso.

Proponendo un cammino di verità, andando oltre l'apparenza, facendo forse a meno dei decori con cui abbiamo addobbato il Natale, talvolta fino a nasconderlo, fino a soffocarlo. Vedremo se ci sarà sostanza. Io penso di sì. Se ci facciamo accompagnare.

Giovanni il Battista non fa sconti: se vuoi un nuovo inizio, se vuoi buone notizie devi prepararti a qualcosa di forte, di più forte. Specialmente se già credente. Devi osare.

L'unico modo che abbiamo per fare di questo Natale una qualche rinascita è convertirci.
Ah, solo!

E ascoltare i profeti che ci invitano a preparare le strade. Dio viene quando meno ce lo aspettiamo. Viene come non ce lo immaginiamo. E non sappiamo dove e come. Ma viene.
Se ci trova.

Un nuovo Natale
Non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce.

È già nato nella Storia, tornerà nella Gloria. Ma qui e ora, chiede ad ogni uomo di essere accolto.

Possiamo celebrare mille natali senza che mai, davvero, Cristo nasca in noi, dicevano i Padri della Chiesa, Maestri nella fede. oppure, infine, ribaltare le nostre certezze, accogliere questo Dio bambino che si consegna, che si affida, che cerca ospitalità.

Un Dio, come vedremo, che inquieta, che obbliga a schierarsi che, da subito, è segno di contraddizione. Non un Dio ninnolo, non un Dio decorativo, non un Dio inutile.

Non un Dio da tirare per la giacchetta, non un Dio assicuratore sulla vita, non un Dio a mio servizio.

Ma un Dio che, stanco di non farsi capire, viene in mezzo a noi. Diventa uomo.
Sa. Conosce.
Un Dio che, infine, può essere incontrato, raggiunto, amato.
Un Dio che ama, che mi ama fino a diventare uomo.

Questo accade in ogni Natale. Questo accade a noi, se osiamo, alzare lo sguardo.

Sandali
Giovanni è il protagonista di questo avvento.
Un grande uomo, il più grande.
Potrebbe prendersi per il Messia, tutti pensano che lo sia.

Potrebbe prendersi per Dio, cosa che molti, ancora oggi, fanno.

Ma sa che non è lui la luce. Lo ha scoperto, lo ha capito, lo ha accettato trovando il suo posto, la sua collocazione nel grande disegno di Dio.

Pensa di avere capito tutto. Dovrà ancora fare molta strada su percorsi che non si immagina.

Il suo messaggio è chiaro: non è degno di slacciare i sandali di chi viene.

Il Talmud scrive: “Il discepolo è invitato a compiere verso il suo maestro ogni genere di servizi che uno schiavo compie verso il suo padrone, a eccezione di sciogliere i sandali”.

Giovanni, invece, afferma che lo farebbe, senza timore di umiliarsi, ma che il suo maestro, che questo Maestro è troppo grande anche per lui, il più grande fra i nati.

Alcuni studiosi vedono in quel riferimento il gesto che l'avente diritto a sposare la vedova senza figli, secondo la legge del levirato, compiva se rinunciava al suo diritto. Il nuovo pretendente gli sfilava il sandalo. Come se Giovanni dicesse: io non ho nessuna pretesa di rubare la sposa, Israele, al pretendente, il Messia.

Grida, Giovanni. E la folla accorre.

Gridano i profeti, ancora oggi, e ci invitano a stare desti, a svegliarci.
Ancora viene Dio.
Non si stanca di noi.
Soprattutto oggi. Soprattutto per me.
Per dirmi ancora quanto siamo amati. Agapetoi.
E quanto possiamo scegliere di amare.

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