TESTO L'Avvento e le due donne
don Angelo Casati Sulla soglia
I domenica T. Avvento (Anno B) (12/11/2023)
Vangelo: Mc 13,1-27
1Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». 2Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta».
3Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: 4«Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?».
5Gesù si mise a dire loro: «Badate che nessuno v’inganni! 6Molti verranno nel mio nome, dicendo: “Sono io”, e trarranno molti in inganno. 7E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre, non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. 8Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie: questo è l’inizio dei dolori.
9Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. 10Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. 11E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. 12Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 13Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.
14Quando vedrete l’abominio della devastazione presente là dove non è lecito – chi legge, comprenda –, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano sui monti, 15chi si trova sulla terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, 16e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. 17In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano!
18Pregate che ciò non accada d’inverno; 19perché quelli saranno giorni di tribolazione, quale non vi è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi sarà. 20E se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe. Ma, grazie agli eletti che egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni.
21Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là”, voi non credeteci; 22perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. 23Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto.
24In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
25le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo».
Oggi - e vi stupirete - il brano di Marco lo sfioro solo di striscio, per di più ritagliandolo. Ma troppo era il peso per le immagini e le mie spalle di vecchio non reggevano, e il mio cuore era al limite di spaccatura dentro. Basta quello che avviene a dire le insensatezze e le disumanità dei giorni. E aggiungere immagini - anche se Gesù non le accende per intimorire ma per destare attenzione - per me, alla mia età, diventava troppo. Vedere la luna arrossire e il sole impallidire - sono sincero con voi - non fa parte delle mie attese; fa parte invece l'attesa del Figlio dell'uomo che libererà finalmente in pienezza la vita. Un'attesa che dà ragione e senso a questo continuo nostro cercare, nonostante tutto, di resistere alla menzogna e di operare per una terra fuori dalle infinite strettoie, che la imbavagliano e la soffocano nel suo respiro vitale. E ora vado per suggestioni con tutto il pericolo che conoscete; vado per domande. E le risposte sono provvisorie.
So che è un arbitrio: ho tentato di immaginare gli occhi di Gesù mentre pronunciava le parole di oggi, mentre da lontano, dal monte degli ulivi, guardava la lucentezza del tempio. I suoi occhi si incantavano più che i nostri alla bellezza. Ma la domanda dei discepoli sui tempi del Messia ancora odorava di sete di potere, di sicurezze, di successi. Ebbene sposare la bellezza del tempio o di una fede al potere, sognare, - qualunque ne sia il colore - un dominio, è come sporcare un viso, è come violarlo, è portare nel mondo distruzione di case e di umanità, oscuramenti di luna e di sole. E' soffocare la logica nuova del regno di Dio. E' come cancellare la lezione delle due donne. Perché parlo delle due donne? Perché di immagini terrificanti io sono già al colmo e in questi giorni cercavo, nei dintorni del nostro capitolo, immagini che potessero essere un ramoscello d'ulivo in una piana desolata.
Vi sembrerò eccentrico. E i biblisti seri avranno, riserve a non finire su queste mie suggestioni, chiedo loro perdono. Ma andando a perlustrare i dintorni di questo testo, ho trovato, come strette al brano, due piccole storie di donne, immediatamente prima e immediatamente dopo. E ho indugiato. Dopo tutto l'invito ad indugiare veniva da Gesù. Prima piccola storia di una donna: accadde proprio un momento prima di uscire dal tempio. Gesù aveva appena finito di mettere in guardia dagli scribi che passeggiano in lunghe vesti, cercano i primi posti e divorano le case delle vedove. Ed ecco dove indugiano i suoi occhi. Leggo: "Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: "In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere". Nel tempio, violato dalla ipocrisia, rimaneva, per Gesù, la bellezza di quella donna: gli assomigliava, aveva dato tutto. Era il manifesto del suo movimento: il contrario dell'egoismo e dell'ingiustizia che fanno la distruzione dell'anima e del mondo.
E potete forse pensare che Gesù, pochi minuti dopo, mentre pronunciava le parole dure del discorso escatologico, potesse già aver cancellato dai suoi occhi il viso di quella donna? Quel viso era l'attesa di Dio, e, insieme, era un avvento. Chiuso il discorso escatologico, senza una benché minima cesura ecco apparire nel vangelo di Marco la seconda storia di donna, cui alludevo. Accade a illuminare - sì, a illuminarci - perché poi il problema non è abbaiare contro il buio ma accendere una piccola luce. Ecco, siamo a Betania, secondo Marco nella casa di Simone: una donna rompe un vaso di profumo di nardo, una esagerazione di profumo e unge Gesù. Quelli che "il criterio sono i soldi", si indignarono contro di lei, "infuriati" - così dice il testo - per lo spreco. Gesù la difende, dice che la donna ha fatto una cosa bella e aggiunge. "In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto".
E noi oggi siamo la prova vivente. Voi mi capite, stessa anima, la donna delle due monetine e quella del profumo di puro nardo. Era l'anima di Gesù. Un ritaglio di bellezza là dove domina la logica dell'io e dell'interesse e i volti sono grigi e spenti, senz'anima, freddi niente sguardi di delicatezza e - se c'è - è misurato persino l'amore. Donne dello smisurato. Loro il manifesto vivente di Gesù. E se fossero loro a condurmi nell'Avvento? Loro attesa e venuta del nuovo sulla terra. Mi perdoni l'evangelista Marco - e perdonatemi pure voi - per aver lasciato il suo brano nascosto dietro le quinte; mi sentivo incoraggiato dall'invito così vicino di Gesù a guardare le due donne. Sentivo bisogno di immagini belle che accompagnassero i nostri giorni di Avvento. Io oggi guardo a loro e le benedico. ancora mi rimangono negli occhi. Mi commuove e mi muove la bellezza. E vi rubo allora un minuto per ringraziare a nome di tutti il nostro coro,
Il maestro Filippo Tucimei, Antonio Frigé all'organo, che accompagnano - oggi sono cinque anni - questa nostra liturgia della domenica. Il coro accende le voci, dà commozione al nostro cuore, ci avvolge di bellezza. Ci dona la gioia di passare da una cerimonia a un rito del cuore, in spirito e verità. Noi ringraziamo.