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VIDEO Ditemi che non è vero

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/11/2023)

Vangelo: Mt 23,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 23,1-12

In quel tempo, 1Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

Chiedo per un amico: è possibile saltare questo Vangelo e passare alla prossima domenica?

Cioè, sul serio dobbiamo meditare questa pagina? No dai, ditemi che non è vero, per favore.
Ditemi che questo Vangelo non è per me. Non ora, non oggi.

Che riguarda i non credenti. I tiepidi. I lontani. I peccatori. I cativi.

Quelli che guardo con aria di benevola sufficienza dall'alto della mia umiltà e della mia splendente dimensione spirituale.
Invece no, cavolo.

Matteo è preciso e diretto: Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli.
Cioè esattamente e precisamente a me.

Allora facciamo così, amici, ve lo devo. Se oggi siete di malumore fermatevi qui.

Se invece osate lasciarvi mettere in discussione, andiamo avanti a leggere.

Ma se lo fate, se lo facciamo, per favore, evitiamo di accampare scuse, di pensare “se lo leggesse il mio parroco!”, di giustificarci.
Lasciamoci tagliare dentro dalla Parola. Una volta tanto!

Lasciamo agire lo Spirito, lasciamo che questo Vangelo scardini le nostre devote e pie certezze, anche se brucia.

Dicono e non fanno

Forse sono anch'io uno di quelli che dice e non fa. Nel mio caso che scrive e non fa.

Grandi applausi, decine di libri pubblicati e tradotti, migliaia di persone ad ascoltare le mie lectio, la fila come dal salumiere per una stretta di mano.

Grandioso, magnifico. Ma io ascolto ciò che dico? Lo vivo? Si incarna nella mia contraddizione, nella mia ricerca, nel mio vagare? Sono onesto con Dio e con me stesso prima che con voi?

Una cosa sola Gesù non sopporta in noi discepoli: l'ipocrisia.

Non il senso del limite, e nemmeno il peccato. Ma l'illusione di avere una facciata.
Santa, nel nostro caso.

Quanto danno al Vangelo fanno le nostre incoerenze! Quanta gente allontana il nostro apparire sicuri, i nostri giudizi (santi e timorati nelle nostre intenzioni!). Quanta pessima pubblicità facciamo a Dio quando rispettiamo in apparenza i comandamenti salvo poi negarli in ufficio, in casa, in condominio!

Portare grandi croci al collo senza farle risuonare nelle scelte.

E frequentare messe e novene senza convertire le parole e i pensieri.

Come annota giustamente Papa Francesco: per comportarsi in questo modo è meglio dirsi atei, almeno non offendiamo il Vangelo.

Intendiamoci: Gesù non è morto per la coerenza e il legalismo imperante non ha nulla a che vedere col Vangelo. Ma non possiamo nemmeno nasconderci dietro questa affermazione per vivere come dei senza Dio.

Fanno di tutto per essere ammirati

Lo so bene per me, narcisista ed egocentrico. Che ho anche avuto in sorte e in dono innumerevoli capacità. Capacità che, stoltamente, a volte mi attribuisco, come se fosse roba mia.

Certo, mentirei se non dicessi che sono colmo di gioia e di soddisfazione quando un mio pensiero, le mie parole, sono prese da Dio per aprirgli i cuori. Ma è grazie. È dono. È lo Spirito.

Quando qualche anima tenera mi ringrazia con entusiasmo, mi schernisco e declino ogni responsabilità. Sembra una battuta ma è vero. Se avessi la capacità di convertire i cuori farei il dittatore.

Ma è una lotta. Se uno è più apprezzato di me rosico. Mi dà fastidio se qualcuno vede le mie fragilità. Temo il giudizio degli altri mentre trascuro quello di Dio che, sempre, è solo misericordia pura e feconda.
È bello essere amati.

Essere ammirati è un'altra cosa e rischia di farci scivolare verso l'esteriorità o verso la depressione.

Siamo amati da Dio a prescindere e questo amore ci mette le ali, e Dio non ci giudica, lascia tempo alla nostra conversione, ci accompagna, ci lascia fiorire.

Chiediamoci, con onestà, se talora i nostri comportamenti non siano finalizzati all'essere ammirati, riconosciuti, premiati.

Fare i bravi bambini, comportarci come gli altri si aspettano che ci comportiamo. Scordandoci di essere noi stessi.

Impongono pesanti fardelli

Quando appesantisco gli altri con assurde richieste, con manifestazioni di potere.
Se mi ami, devi.
Sono tuo padre, quindi.
Se intendi davvero collaborare, dovresti.

Modi subdoli di manipolare, di controllare, di suscitare e gestire sensi di colpa.

La Chiesa non dovrebbe fare così. Noi discepoli non dovremmo fare così perché così facendo offendiamo il volto di Dio che i pesi li carica sulle proprie spalle.

Gesù ha vissuto ciò che ha detto.
È stato autentico fino a rendersi odioso.

Ha portato il fardello della tenebra fino ad inchiodarlo alla croce, liberandocene.
E ci ha insegnato la strada.
Nessun Maestro se non Dio.
Nessun guru. Nessun capo.
Liberi fratelli alla ricerca dell'unico Padre.

Servi gli uni della felicità degli altri.

Sì, ci sto.

Libri di Paolo Curtaz

 

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