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TESTO Commento su Matteo 21,28-32

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/10/2023)

Vangelo: Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Laddove la duplicità diventa doppiezza, è necessario tagliare, per ritrovare l'unificazione del cuore e della vita. La ricerca della volontà di Dio, che può attraversare molti “no” e altrettanti numerosi rifiuti, richiede una lotta interiore durissima che spinge a lottare contro due gravi malattie che non ci fanno vivere secondo “i sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2, 5): la lentezza del cuore (bradicardia, cfr. Lc 24, 25) e la ribellione del cuore (tachicardia, cfr. Eb 3, 8).

Nell'antropologia biblica, infatti, il cuore è il luogo dell'intelligenza e della memoria, della volontà e del desiderio, dell'amore e del coraggio, è l'organo che meglio rappresenta la vita nella sua totalità: “sede della vita sensibile, della vita affettiva e della vita intellettuale, contiene gli elementi costitutivi di ciò che noi chiamiamo ‘persona'” (Antoine Guillaumont).

Il Vangelo di questa domenica ci invita all'«Uno-Cuore», per usare un'espressione tanto cara a Santa Caterina Volpicelli, ci esorta a passare da una fede formale e moralista ad una fede personale e interiorizzata, frutto di un cammino di conversione, che richiede da una parte lo “svuotamento” del proprio “io” con la scelta di farsi poveri, mancanti, bisognosi dell'altro, e dall'altra parte l'opzione di fidarsi di Dio e lasciarsi guidare da Lui. Questo movimento conduce all'obbedienza a Dio, che si manifesta non come una cieca sottomissione ma come apertura del cuore, tendenza a considerarsi non autosufficienti per saper vedere il mondo e tutto ciò che ci circonda anche con gli occhi degli altri che ci amano e che hanno la grazia di Dio per guidarci.

Decidersi a lavorare per la vigna vuol dire, quindi, nella grazia del “cuore unificato”, camminare insieme, fare sinodo, e più concretamente inventare nuove risposte ai cambi sociali, economici e politici del nostro tempo, attenti soprattutto a coloro che rimangono fuori dai benefici della globalizzazione, nei paesi ricchi come in quelli poveri; rinnovare le nostre “strutture” nel modo di incontrare Dio, nelle comunità, nel servizio e nella vita di ogni giorno, fianco a fianco con la gente; avanzare liberi come Gesù e con il fuoco della sua passione, coscienti che nulla di ciò potremo vivere autenticamente, se non ci apriamo, in atteggiamento di conversione, alla poderosa azione di Dio che ci infiamma il cuore con la passione per l'umanità.

Senza voler “peccare” d'ingenuità (perché siamo consapevoli di quanto sia difficile ciò che abbiamo appena considerato, quanto sia difficile passare dalle idee ai fatti!), possiamo affermare con certezza che, in ogni caso, è la passione per il Regno che ci può far uscire dalle nostre sicurezze, dai nostri attaccamenti e dalle nostre paure, e lanciarci verso nuove forme, nuove sintesi, nuove espressioni di annuncio del Vangelo, sempre più creative.

È la passione per l'oggi dell'umanità che ci può spingere al rischio di dare forma concreta a un volto nuovo di Chiesa. È la passione per il futuro che ci mette in atteggiamento di ascolto, di accoglienza, di servizio, di “obbedienza” e, particolarmente, in atteggiamento di formazione permanente, per fare né molto né poco, né grandi né piccole cose, ma sempre e unicamente la volontà di Dio. Perché è soltanto l'amore alla volontà di Dio che può trasformare e rinnovare le nostre istituzioni, rendendole più profetiche, libere, radicali e coerenti con il Vangelo.

Commento a cura di Doriano Vincenzo De Luca

 

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