PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Un Dio seducente, affascinante, incontenibile

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/09/2023)

Vangelo: Mt 16,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 16,21-27

In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

La scorsa domenica ci eravamo lasciati accennando all'ultimo passo del cammino che il cristiano è chiamato a fare per entrare in relazione con Dio: dopo la conoscenza e l'amore, l'ultimo gradino di questo cammino di perfezione è rappresentato dal servizio. Dio lo si conosce; Dio lo si ama; Dio, alla fine, va servito. Dio, in Gesù Cristo, si è messo a servizio dell'umanità, ma non è servo dell'umanità: semmai, l'esatto contrario. Che cosa poi, concretamente, significhi mettersi a servizio del Dio di Gesù Cristo, non solo non è facile da comprendere: è pure molto difficile da accettare. Perché è una sequela che passa attraverso qualcosa di umanamente poco piacevole: la croce. E croce, per noi, spesso è simbolo e sinonimo di sofferenza.

Soffrire non piace a nessuno. È umano, e pure giusto, cercare di evitare in tutti i modi la sofferenza. Siamo nati per essere felici, per stare bene: e quando non stiamo bene, quando ci troviamo in qualsiasi situazione di sofferenza, sentiamo venir meno la ragione per la quale ci troviamo in questo mondo, ovvero la nostra felicità. Ma la sofferenza, che ci piaccia o no, esiste: e cercare di sfuggirla, grande o piccola che essa sia, ci risulta praticamente impossibile. Dolori, malattie, ansie, preoccupazioni, incomprensioni, fallimenti, e chi può ne ha, più ne metta: tutti questi elementi servono solo a farci capire che - nonostante ci piacerebbe - non possiamo arrivare dappertutto, non siamo onnipotenti, e soprattutto non siamo eterni: abbiamo un limite fondamentale, quello del tempo, scandito minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno, fino a quando di noi non resterà che un ricordo. Siamo così, e c'è ben poco da fare: o ci si adegua - e si sta sereni - oppure ci si dispera. Altrimenti, ci si mette alla ricerca di un senso per la nostra limitatezza. Se hai delle credenze, se hai delle speranze, “se hai fede” - diremmo noi da “buoni” cristiani - ti affidi a Dio perché ti aiuti ad andare oltre il buio della Morte e del Nulla, e ti apra a quella speranza che dà un po' di senso all'affanno e al soffrire di ogni giorno. “Se non avessi la fede...”: quante volte lo sentiamo dire da tanta gente, e magari quante volte noi stessi lo diciamo, e lo sentiamo davvero come un motivo di forza per andare avanti.

Ma quando il motivo del nostro soffrire è proprio la fede? Quando quel Cielo a cui rivolgi lo sguardo pare annebbiarsi? Quando la fiducia che ti porta oltre il buio della notte viene meno proprio a causa di Colui del quale ti fidi? Quando Dio ti dice (come a Pietro, quel giorno, a Cesarea di Filippo): “Se tu ti fidi di me, diventerai una pietra, e nulla prevarrà contro di te”, e qualche istante dopo ti dice: “Adesso dobbiamo andare a Gerusalemme per soffrire, essere messi in croce e morire”? Dio ci ama, ci vuole bene, vuole il nostro bene, non può volere il nostro male, e quindi, come ci può prospettare sofferenze, dolore e morte? Non è che per caso Dio si è sbagliato?

No, così non va bene! “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai!”. La sofferenza riguarderà qualcun altro, forse; magari colpirà quelli che non hanno fede e che non pregano, ma a noi che siamo familiari di Dio, questo non accadrà mai! Men che meno al Cristo, il Figlio del Dio vivente: se pure lui si lascia attaccare dalla sofferenza e dalla morte, dove andiamo a finire?

Pietro, in fondo, va capito: la prospettiva di un Messia che soffre e che muore non poteva accettarla, men che meno, ora che si stavano dirigendo a Gerusalemme! E il suo rimprovero, nei confronti del Maestro, è molto discreto: lo prende in disparte - per non farsi sentire dagli altri - e lo rimprovera dolcemente, ma anche con tanta fermezza: “No, Signore: Dio non può volere questo da te! Se tu sei veramente il Figlio del Dio vivente, nessuno ti potrà mettere le mani addosso!”. Questo tipo di affermazione, questa “idea” che Gesù debba fuggire dal dolore in quanto Figlio di Dio, ritorna altre volte, nel Vangelo di Matteo: “Se tu sei Figlio di Dio, potrai anche gettarti giù dal punto più alto del tempio, ma non ti capiterà nulla, perché Dio non permetterà che il tuo piede inciampi in una pietra”; “Se tu sei veramente il Figlio di Dio, che venga lui, ora, a tirarti giù dalla croce!”. Le stesse idee, gli stessi concetti, quasi le stesse parole: Pietro, roccia e fondamento della Chiesa, colui al quale poco prima sono state affidate le chiavi del Regno dei Cieli, ora ragiona come gli avversari di Gesù sotto la croce; come l'avversario per eccellenza, “satana”, colui che non ragiona come Dio.

E allora, Gesù lo rimette al suo posto: “Va' dietro a me”, come deve fare ogni buon discepolo con il proprio Maestro, ad ascoltare e imparare la lezione più difficile, quella che agli occhi degli uomini pare scandalosa, ma che non lo è, perché la croce è uno scandalo solo per chi non la capisce. “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”: il Dio di Gesù Cristo ribalta completamente il modo di vedere e di vivere la vita, e la vita di fede in particolare. Non sarai tu a prendere le difese di Dio; non sarai tu a liberarlo dalle situazioni difficili; non sarai tu a negargli la sofferenza. Non sei tu a salvarlo dalla morte: è lui che salva te. E la cosa più strana è che non ti salva “dalla” morte, ti salva “nella” morte. Non ti libera “dalla” sofferenza, ti libera “nella” sofferenza. Non ti dona la felicità negandoti il dolore: ti fa felice “dentro”, “attraverso” il dolore. Sembra un Dio masochista e sadico, quello che ti salva attraverso la sofferenza: e invece, è un Dio profondamente realista.

Chi mai, realisticamente parlando, può dare, qualsiasi cosa in cambio della propria vita? Chi può ritenersi talmente onnipotente da potersi liberare dal dolore e dalla morte? Nessuno: salvo che si metta dietro a Gesù, rinneghi il proprio modo di pensare e di vedere le cose della vita, si carichi della sua inevitabile croce e lo segua. Questo è l'unico modo per servire Dio: ed è un Dio credibile, perché l'unico modo efficace che aveva per salvarci dal dolore e dalla morte era di soffrire e di morire come noi.

Un Dio davvero difficile da capire, da amare, e da servire: di certo, però, è un Dio affascinante. Un Dio che con l'umanità si comporta - per usare le parole di Geremia - come un vero amante: capace di sedurre, appassionante, incontenibile.

 

Ricerca avanzata  (55869 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: