TESTO La piccolezza è libertà
don Angelo Casati Sulla soglia
XII domenica dopo Pentecoste (Anno A) (20/08/2023)
Vangelo: Mt 11,16-24
Non possiamo nasconderlo. Che lo riconosciamo o no, esiste la triste possibilità che a lambire silenziosamente la vita, sino ad aggredirla ci sia un mistero di accecamento, di accecamento e di e di infedeltà. E' il motivo per cui con un certa inquietudine accostiamo i testi di questa domenica. Potremmo dire che a chiudere è la durezza. L'abbiamo incontrata nelle pagine del libro delle Cronache. Ci chiude agli appelli: "Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora.
Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l'ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio". Mi colpiscono gli avverbi: "mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri". Ebbene, a fronte della premura incessante di Dio, l'incoscienza, lo scherno, il disprezzo. Abbiamo schernito profeti e messaggeri. Spesso, risposta all'appello, fu schernire donne, giovani, piccoli: ed erano segni della premura di Dio. A salvezza da baratri. Sotto accusa dunque la durezza. Malati di durezza. Non sta forse scritto di Sedecia, re a ventuno anni: "Egli indurì la sua cervice e si ostinò in cuor suo a non far ritorno al Signore, Dio d'Israele"? Indurì. L'indurimento purtroppo può accadere in ogni stagione. Accadeva anche ai tempi di Gesù e il brano di oggi ne è un esempio lampante.
E' quello cui sta assistendo Gesù. Le cittadine del lago sono rimaste impenetrabili al suo messaggio, chiuse all'affaccio di gesti e parole nuove: "Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! E tu, Cafarnao?". "A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!". È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: "È indemoniato". È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: "Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori".
A tal punto duri di occhi e di cuore da non lasciarsi scalfire e da opporre resistenza alla voce, che più limpida non si può! Mi chiedo se il rimprovero per l'accecamento non possa venire a noi. Forse che non accade anche oggi di assistere ad arroccamenti, sino al delirio di negare nome e dignità a coloro che non rientrano in un certo pensiero, in certi parametri, nelle nostre righe? Diamo dell'eretico, come davano dell'eretico a Gesù: "Guarda con chi mangia!". Asfissia di pensieri, durezza di cuore, palpebre coriacee.
Ebbene non vorrei chiudere con questa amara visione. E per sfuggire alla tristezza, vorrei ricordare come a incorniciare il nostro racconto ci sia un "prima" e un "dopo". Un "prima si chiama Giovanni, il Battista. Aveva negli occhi una certa visione del Messia: "brucerà la pula con fuoco inestinguibile. Gli riferiscono di Gesù, qualcosa di nuovo, una immagine del Messia che non corrispondeva alla sua. Ebbene il profeta roccioso si pone una domanda: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". La roccia del deserto ha una fessura.
Benedette le fessure. Ecco, conservare domande, custodire fessure. La coscienza grata di questo immenso non sapere che ci fa pellegrini di Dio. Prima del nostro brano, dunque,Giovanni. E dopo? C'è anche un "dopo": un dopo che - perdonate se mi esprimo così - sembra ripagare Gesù della sua delusione e tristezza. E' scritto che accadde in quel momento. Ascoltate: "In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza". Non c'erano masse plaudenti, non gliene importava.
Erano i piccoli a intenerirlo. Li guardava, ringraziava. "Elogio della piccolezza" è il titolo di un libro, un gioiello letterario, di in prete, carissimo amico, che se ne andato anni fa, don Luigi Pozzoli. Lui tra i piccoli, sposa piccolezza a leggerezza e libertà. Ve ne stralcio poche frasi: "Leggeri, come quella lunga schiera di piccoli che attraversano la storia senza che la storia parli di essi: sono uomini e donne che hanno nel cuore le parole della leggerezza, che sono capaci di solitudine e silenzio, che sono guariti da ogni smania di apparire e da ogni pretesa di sapere. Ancora la domanda: perché Dio si è convertito al fascino della piccolezza? Perché la piccolezza è libertà.
Chi è evangelicamente piccolo, non solo è leggero, ma anche libero. È il bambino che può dire tutto quello che vuole, non l'adulto. Potremmo dire: i bambini sono "pericolosi" perché non hanno il buon senso di tenersi per sé la verità. Allo stesso modo i piccoli del vangelo sono le persone più libere. E si potrebbe facilmente dimostrare che le persone grandi e "pesanti", attaccate al potere e alle cose, non sono libere. Nessuno è più libero di Gesù, perché nessuno è più povero di lui. È povero di beni, è povero di legami familiari, è povero di successi umani. Per questo, non avendo nulla da difendere è libero anche di fronte alla morte". Piccolezza, leggerezza, libertà.
Forse a questo miracolo alludevano due miei cari amici che l'altra sera mi raccontavano di rondini. E mi dicevano: "Ora non stanno volando per portare cibo, ma semplicemente per regalare la bellezza del loro volo".
Piccolezza, leggerezza, libertà.