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TESTO Una nube luminosa

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

Trasfigurazione del Signore (Anno A) (06/08/2023)

Vangelo: Mt 17,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 17,1-9

1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Per chi ama camminare in montagna, non c'è cosa più bella che alzarsi di buon mattino, sfruttare l'aria fresca all'ombra di un sole che ancora non fa sudare, mettersi in cammino, e giungere in vetta mentre il sole pittura l'aria, i monti e la natura tutta con lo splendore della sua luce. È una luce talmente bella, limpida e tersa che non ti fa pensare ad altro se non alla bellezza del Creato e alla grandezza del suo Creatore. Ed è talmente piacevole starsene lì a contemplare, che non vorresti più venire via: vorresti che il tempo si fermasse. Poi, però, spesso in maniera improvvisa (come in questa estate, nella quale il tempo sembra proprio divertirsi a smentire le previsioni meteorologiche) il cielo comincia a “guastarsi”: nuvole sempre più grosse e minacciose si avvicinano per farti capire che non è il caso fermarsi troppo a contemplare, perché la pioggia può arrivare da un momento all'altro, e oggi lo fa in forma sempre più violenta.

E allora, si scende a valle di corsa, con un po' di apprensione, ma anche lieti di aver vissuto un'esperienza indimenticabile di contatto con la natura e con se stessi. Si rimane estasiati, e difficilmente si riesce a raccontare ad altri la bellezza dei panorami contemplati: nemmeno le tante foto inviate a tutti i nostri contatti riescono a rendere l'idea. Si conserva nel cuore ciò che gli occhi hanno contemplato, e - soprattutto se l'escursione è stata impegnativa - alla fine ci si sente differenti, cambiati, diversi, più forti, quasi trasfigurati da tanta bellezza.

Ma non solo la bellezza, purtroppo, cambia e trasfigura il mondo e la nostra vita: spesso, vita e mondo vengono trasfigurati dalla nube - sempre minacciosa e sempre in agguato - del dolore e della morte. Del dolore, più che della morte; perché la morte non trasfigura, la morte distrugge, e tutto termina lì. Il dolore invece è capace di trasfigurare tutto: la natura, i volti e i corpi delle persone, e soprattutto la vita, l'anima. È sufficiente guardarci intorno, accendere la televisione, navigare in rete, per vedere in continuazione immagini della natura e di persone trasfigurate dal dolore di avere perso tutto, proprio a causa di nubi spietate: la casa, i risparmi di una vita, le idee e i progetti per il futuro, spesso gli affetti più cari. Al di là di ciò che riesce a fare un clima reso sempre più pazzo dai nostri comportamenti, presto o tardi, chi più chi meno, tutti quanti veniamo trasfigurati dalla vita: sarà anche solo per il peso degli anni, oppure per un lavoro che logora facendoci spesso guadagnare una miseria, o ancora per la malattia e per quel “male di vivere” che ti lacera e ti fa cadere con la faccia a terra.

Come i tre discepoli sul Tabor, talmente entusiasti di contemplare la meraviglia della Trasfigurazione da voler immortalare quel momento, in modo da non dover più tornare a valle, in mezzo a tutti gli altri, così incapaci a comprendere il Maestro... Su quel monte c'era quanto di meglio potessero desiderare: c'era Gesù di Nazareth, il Messia, Colui che avrebbe salvato il suo popolo dall'oppressione di Roma come Mosè fece con gli egiziani, con la forza e la veemenza che Elia ebbe nei confronti di Acab e Gezabele. Insomma, un Dio secondo i loro schemi: un Dio a loro immagine e somiglianza.

Il loro entusiasmo e la loro folle idea di fare tre capanne dura poco: una nube luminosa (forse, la stessa che guidava il popolo nel deserto) fa perdere loro ogni punto di riferimento, all'improvviso, come quando ti coglie improvvisa la nebbia in montagna... come quando, all'improvviso, nella vita di fede, l'entusiasmo di aver incontrato e trovato un Dio su misura lascia il posto al dubbio e alla paura.

Sì, perché Dio è così, come una nube luminosa, una nebbia fatta di luce: non è sempre chiaro o sempre oscuro, non è sempre evidente o sempre misterioso, ma è sempre entrambe le cose, è fascino e paura, è luce e ombra, è chiarezza e incomprensione. Occorre fidarsi di lui: occorre accettare di non rimanere in piedi, di fronte a lui, ma di cadere con la faccia a terra, e di fidarsi della sua voce che comunque, anche dalla nube, ci parla, e ci dice chi è che dobbiamo ascoltare: “Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo”.

Ascoltare la voce di un Dio che ci parla attraverso le bellezze del Creato e della vita può anche essere facile. Ma ascoltare la voce di un Dio che ci parla e soprattutto ci cambia la vita, ci trasfigura attraverso il dolore, la sofferenza e le fatiche quotidiane, francamente risulta alquanto faticoso. E per di più, senza poter condividere con gli altri queste preoccupazioni, senza poter parlare con nessuno “prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti”, ossia finché questo mistero non si sia compiuto in tutta la sua interezza. Che fatica, accettare un Dio così...

Che fatica accettare che anche le cose belle della vita finiscano presto e spesso si trasformino pure in fonte di dolore e di angoscia! Che fatica, non poterne parlare con nessuno e rimanere in silenzio, finché tutto sia compiuto, come accadde agli inizi del Vangelo a Giuseppe e Zaccaria! Che fatica accettare di cadere con la faccia a terra proprio mentre i nostri occhi contemplano le cose belle della vita! Che fatica, in definitiva, accettare di credere a un Dio che, per salvarci, ci fa continuamente altalenare tra la gloria e il dubbio, la gioia e il dolore, la luce e la nube.

Ma se la strada è questa - e lui stesso ce ne ha dato la prova nel suo Figlio prediletto - accettiamo la sfida del Tabor, e lasciamoci trasfigurare a sua immagine.

Certo, occorre vincere la mentalità di volerci a tutti i costi aggrappare alla sicurezza di tre capanne, di voler piantare ben saldi per terra i pioli della nostra tenda. Occorre, in buona sostanza, trasfigurare noi stessi e l'immagine sbagliata che spesso ci facciamo di Dio, il quale non è a nostra immagine e somiglianza: semmai, l'esatto contrario.

 

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