TESTO Commento su 1Re 19,9.11-13; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33
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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/08/2023)
Vangelo: 1Re 19,9.11-13; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33
[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Due montagne e il lago sono i luoghi che dominano le letture di questa domenica.
E due figure si stagliano, distanti nel tempo, ma attuali nella storia dei nostri giorni: Elia e Pietro, così simili nella loro singolare individualità.
Grande figura quella del profeta Elia (prima lettura). Figura complessa, in cui convivono sentimenti contrastanti, coraggio e paura, esaltazione e depressione, addirittura fondamentalismo religioso (non esita a scannare, con l'aiuto del popolo, i 450 profeti del Dio Baal, il cui culto era voluto dalla regina Gezabele. Siamo nel IX secolo avanti Cristo). L'ira della regina, che aveva già fatto sterminare tutti i profeti di JHWH, lo obbliga a fuggire verso il monte Oreb. Una grande, inenarrabile fatica; una marcia nel deserto, con un sole accecante che toglie ogni forza. Stanchezza. Delusione. Una grande depressione. Poi, finalmente, l'arrivo sul monte Oreb, il monte di Dio, e una caverna per passarvi la notte. Ma ecco l'appello di Dio: “Esci dalla caverna e sta sul monte alla presenza del Signore”. E Dio si manifesta non con la gagliardia di un vento impetuoso, non nel terremoto, e neppure nel fuoco, immagini con cui gli esseri umani, fin dai primordi, hanno tentato di descrivere Dio, ma in una brezza leggera. Anche Elia - uomo perennemente in crisi, affaticato e depresso - immagina un Dio siffatto, un Dio forte, dalla voce potente; quale sorpresa, invece, trovarsi di fronte a un Dio che è silenzio: un Dio che, invece di urlare, ti accarezza come una brezza. Quale sorpresa anche per noi, perennemente in discesa nella grande depressione, da Gerusalemme a Gerico.
Dio parla nel silenzio. Si potrebbe dire che il silenzio di Dio, quel silenzio che tanto ci opprime, è Parola per il nostro ascolto. Scriveva Henri J. M. Nouwen, il teologo olandese che ha sperimentato la caduta nella depressione e la risalita dall'angoscia alla speranza:
O Dio, parla con dolcezza nel mio silenzio... quando il chiasso dei rumori esteriori di ciò che mi circonda e il chiasso dei rumori interiori delle mie paure continuano ad allontanarmi da te, aiutami a confidare che tu sei ancora qui anche quando non riesco a udirti. Dammi orecchi per ascoltare la tua sommessa, dolce voce che dice: "Venite a me, voi che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo... perché io sono mite ed umile di cuore". Che questa voce amorevole sia la mia guida.
Forse è anche questa la condizione del Maestro quando ordina perentoriamente ai discepoli di salire sulla barca e di attraversare il lago per raggiungere l'altra sponda, di lasciarlo solo mentre egli sale sul monte (ecco l'altro monte!) per pregare. Nessuno saprà mai quale sia stato il colloquio tra Gesù e il suo Silenzio, ma poi egli scende per raggiungere gli amici. Senza barca, cammina sulle acque... e le fantasmatiche paure dei discepoli aumentano d'intensità.
Pietro come Elia. E come ognuno di noi. Impauriti, affranti, tutti, credenti o non credenti, conosciamo la fatica del vivere. Dobbiamo combattere contro le onde che cercano di sommergere la nostra barca, contro il vento che ci respinge. Tempesta, non brezza leggera. Ci sembra che Dio sia lontano da noi. Gesù è sul monte, a pregare e ci ha lasciati soli a combattere. In balìa delle onde e di un mondo sempre più ostile. E non sappiamo che la preghiera del Maestro, seppur lontano, sul monte, ci avvolge. Tutti. Non ci esonera dalla fatica, dalla lotta, ma viene nella notte, “verso la fine della notte”, dice Matteo, camminando sulle acque. E anche a noi pare un fantasma, come ai discepoli.
Probabilmente Pietro, come tutti gli innamorati, non ha digerito che Gesù li abbia lasciati soli a combattere, a remare contro vento. Quando lo vede, chiede il miracolo: “Fammi camminare sulle acque, come fai tu”. Ma per camminare sulle acque occorre non avere paura. Occorre avere lo sguardo e il cuore fissi su di lui, non sul vento, né sulle onde gigantesche, che la paura contribuisce ancora di più a ingigantire. Quando lo sguardo si sposta, affondiamo.
Ma Gesù non ci lascia affondare. Ci vuole combattenti, non vinti. Responsabili, non dipendenti dai miracoli. E la sua mano è sempre li, a rimetterci in equilibrio sulla barca, a rialzarci nei capitomboli. Donne e uomini di poca fede... Sempre combattuti, come Elia e Pietro, tra coraggio e paura, tra esaltazione giovanile e depressione senile. Le nostre famiglie, le nostre comunità, conoscono questa condizione, così umana, così universale. Ma l'amore vince la paura, ci dice Giovanni: “Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore” (1Gv, 4,18).
Solo amando riusciremo a camminare sulle acque del lago in tempesta.
Solo amando riusciremo a sentire la voce di Dio nel suo insopportabile silenzio. Che ci pesa!
Solo amando riusciremo a essere donne e uomini veri, né servi, ne eroi.
Buon coraggio.
Traccia per la revisione di vita
- Quante volte, di fronte alle avversità della vita, ci siamo arresi e abbiamo chiesto un miracolo?
- Quante volte, invece, abbiamo tentato di risalire dall'angoscia alla speranza?
- Che cosa significa, per noi, nella nostra famiglia, nella nostra comunità, camminare con lo sguardo fisso su Gesù e non sulle onde del lago in tempesta?
- Nella Chiesa ci sentiamo servi, eroi, o donne e uomini responsabili?
LUIGI GHIA - Famiglia domani