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TESTO Commeto su 1Cr 15,3-4.15-16; 16,1-2; Sal 131; 1Cor 15,54b-57; Lc 11,27-28

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Assunzione della Beata Vergine Maria (Messa della Vigilia) (15/08/2023)

Vangelo: 1Cr 15,3-4.15-16; 16,1-2; Sal 131; 1Cor 15,54b-57; Lc 11,27-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 11,27-28

27Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». 28Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda (Lc 1,39).
La tradizione (risalente al VI secolo) vuole che questa località sia il villaggio di Ain Karim, sei chilometri ad ovest di Gerusalemme. Il viaggio che Maria compie è piuttosto faticoso: da Nazareth sono approssimativamente, sulle strade del tempo, almeno 150 km. Probabilmente, per compierlo, si aggrega a una carovana di pellegrini in cammino verso Gerusalemme: un viaggio comunque non di poco conto, già complicato da Gerusalemme alla montagna, considerando anche i disagi del percorso ed i pericoli ai quali il viandante andava incontro. Da notare, nel testo, l'espressione “in fretta”, già utilizzata da Luca in altre occasioni; essa indica, più che la velocità nel percorrere il cammino, una disponibilità psicologica di attenzione per l'altro, tipica di chi è “povero” non solo in senso materiale (come i pastori, cf Lc 2,16) ma anche in senso spirituale (come Zaccheo, cf Lc 19,6). Oggi si direbbe: “Non vedo l'ora di vedere Elisabetta”.

(Maria), entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Shalom, salute, benedizione, felicità, pace. Il saluto è il segno forte di una comunicazione che inizia e che non si vorrebbe interrompere, e coinvolge entrambe le persone che entrano in questo rapporto. Spesso, oggi, tra le persone che si frequentano regolarmente, questo gesto è stato abolito. In famiglia si entra e si esce, talvolta, quasi senza neppure salutarci, come se si trattasse di un atto superfluo, scontato. Shalom, è un abbraccio, un segno di pace: è molto più del nostro “ciao” o del più anonimo “salve” oggi di moda soprattutto tra i giovani; esso attualizza e rende presenti i doni che etimologicamente racchiude. Questo shalom instaura subito tra Maria ed Elisabetta i sentimenti della lode, della gioia e della gratitudine, sentimenti che, con molta probabilità, solo due donne incinte riescono ad esprimere compiutamente. Ci sarebbe molto da riflettere su questo mistero della maternità.
Come non ricordare, da parte di Maria, quello stesso saluto che le aveva rivolto l'angelo? Shalom, Maria! Il Signore è con te: egli ti ha colmato di grazia (Lc 1,27-28). Benedetta, perché è la madre del Signore. Accettando di esserlo ha accolto il progetto della Nuova Alleanza, è diventata la nuova Arca, la dimora del Figlio dell'Altissimo. In lei si compiranno le grandi cose che Dio ha promesso. Esprime bene tutto questo, nel suo accentuato simbolismo non facile da interpretare, il brano dell'Apocalisse che oggi proclamiamo nella prima lettura: “Allora si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l'arca della sua alleanza...Un segno grandioso apparve nel cielo...”(Ap 18,11; 19,1).

Maria è poco più di una fanciulla: una ragazza che oggi frequenterebbe il Liceo o farebbe la commessa in un grande magazzino. Una ragazza come tante, come quelle che incontriamo ogni giorno, delle quali ci stupiscono, e spesso ci disturbano, le intemperanze, le malinconie e le fantasie tipiche delle adolescenti. Che si fanno donne con ritmi inafferrabili. Eppure, ad una di queste ragazze, appartenente ad una società in cui la donna era discriminata, ma che, nel contempo, aveva una grande forza morale, Dio rivolge l'annuncio della liberazione. Luca è un poeta: ci dice che questo annuncio è fatto da un angelo. Ma come non pensare, invece, al di là dei letteralismi, ad una presa di coscienza, realizzata forse in una notte insonne, quando si sente pesare il silenzio di Dio, e poi, quasi per una sorta di illuminazione, si scopre che Dio ha un progetto per ognuno di noi, e che questo progetto implica un fidarsi ed un affidarsi, e passa attraverso una comunione profonda con gli oppressi della storia? E si avverte, nel contempo, in una sorta di angoscia indescrivibile, la propria impotenza storica nei confronti dell'oppressione e della violenza, un'impotenza sulla quale solo Lui, può intervenire come Liberatore. Ma può farlo, questo è il mistero grande della nostra fede, solo se io lo voglio, se ognuno di noi si rende disponibile per realizzarlo.
Cristo, il Liberatore, viene concepito in una di quelle notti oscure, quando forse non si ha neppure più il dono delle lacrime e l'attesa insonne si fa muta invocazione. La nostra cultura, ancora improntata all'efficientismo, al maschilismo e alla violenza, fa fatica ad immaginare che Dio possa aver scelto una ragazza, una donna giovane, mite e umanamente sprovveduta, povera, palestinese, che non ha frequentato né Università né scuole di Teologia, per realizzare un progetto di liberazione e dare un nuovo corso alla storia. Un progetto che implicherà anche l'accettazione della lacerazione e del distacco da un figlio accettato voluto amato. Forse la vita di Gesù, fino alla sua morte ignominiosa, scorre come un film davanti agli occhi di questa donna palestinese. E dunque oggi è il giorno in cui dobbiamo inchinarci non solo di fronte a questa Madre, Maria, ma di fronte a tutte le madri palestinesi che riproducono nella storia il suo dramma e le sue fatiche.
Auguriamoci che così sia percepita Maria nelle nostre famiglie, e che esse si liberino per sempre da quelle raffigurazioni che la mostrano come una regina, carica d'ori e di orpelli, con uno scettro in mano, con il mondo sotto i piedi. Sarebbe questo il modo per negarla nella sua realtà più intima e profonda. Più universale. Il mondo, Maria, lo ha non sotto i piedi, ma nel cuore.
Allo stesso modo, come famiglia potremo forse inserirci anche noi in quel progetto di liberazione. “Il Signore è con te”, dice l'angelo a Maria. Ma anche ad ognuno di noi dice “Il Signore è con te”; ci dice cioè che ci è prossimo, vicino come a Maria. Dopo le notti oscure di cui è piena la nostra esistenza, come già si meditava domenica scorsa, dopo l'insopportabile silenzio di Dio, dopo la fatica del credere e l'incapacità di fidarsi e di affidarsi, all'alba forse anche noi, come Maria, potremo comprendere che il “Dio-per-noi” - così lo vorrebbero gli uomini politici che chiamano Dio a testimone e garante dei loro misfatti, delle guerre e dei soprusi nei confronti dei poveri; e gli integralisti di ogni latitudine e longitudine del Pianeta; e forse noi stessi per giustificare le “nostre” verità - ha fatto spazio al “Dio-con noi”; l'idolo, quell'idolo capace di rendere funesta ogni religione, si è frantumato; una persona, il Cristo, ne ha preso il posto. Solo quando ci accorgeremo, come Maria, che lo Spirito ci ricolma di Grazia - e chi davvero vive o tenta di vivere il Sacramento del matrimonio può comprendere bene questo discorso - possiamo sentire il cuore di Dio pulsare accanto al nostro, il “Dio con noi”, e diventare, come singoli, come coppia, come comunità, come famiglia, un malleabile strumento di liberazione. Nulla è più urgente oggi di un cammino di liberazione

Non si può comprendere il Magnificat di cui oggi rinnoviamo con commozione il canto - perché dev'essere un canto la nostra lettura - senza riandare alla risposta di Maria a quell'annuncio dell'angelo: “Eccomi, sono la serva del Signore. Oh! Dio faccia con me come tu hai detto (Lc 1,38).
Eccomi”... “Ecco - me!”. Il linguaggio della disponibilità. Quell'Io orgoglioso e “odioso” (haïssable... detestabile: Pascal) che alimenta la filosofia classica e tutta la cultura moderna, che grava sulle nostre relazioni, va depotenziato, per poter giungere finalmente alla kenosis, l'annichilimento, l'annullamento di sé. Gesù, al quale Maria ha lasciato un piccolo spazio dentro di sé, è quello stesso Gesù che da sua madre ha appreso la capacità di affrontare la solitudine che si tradurrà nella solitudine stessa dell'orto e della croce.
Ma la Madre ha intuito il progetto del Dio Liberatore e ci ha insegnato a leggere la storia non partendo dall'inizio, ma dal fondo, dalla risurrezione: Scrive Paolo ai cristiani di Corinto: “Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza” (1 Cor 15,20-24)

Questo è il progetto. Per Gesù, come per Maria, ma anche come per ognuno di noi, la capacità di accettare il rischio eversivo di cantare con la propria vita e senza paura (bello, ancora una volta, il collegamento con l'evangelo della scorsa domenica!) che gli umiliati vengono esaltati, che per i poveri è giunta l'ora del riscatto, che il Potere sarà annullato e trasformato in servizio, che i ricchi perderanno la falsa sicurezza del possedere e che non avranno più l'ultima parola. Se davvero lo vogliamo, tutto questo non sarà più utopia - che non è mai qualcosa che ontologicamente non potrà mai realizzarsi, ma la cui realizzazione è impedita dai Principati e dalle Potestà - bensì un evento che potrà trasformarsi nel nostro canto di liberazione.
Fiducia, gioia, speranza, novità di vita, lotta per la liberazione nell'attesa della risurrezione: ecco i messaggi forti per ogni coppia ed ogni famiglia in questo giorno nel quale celebriamo l'assunzione al cielo di Maria.

Traccia per la Revisione di Vita
- In casa, nella nostra coppia e nella nostra famiglia, poniamo gesti di riconoscenza e di lode reciproca?
- Qual è il nostro rapporto con Maria? Semplicemente devozionale? Oggetto di culto in luoghi di pellegrinaggio mariano? Oppure la consideriamo un modello da imitare?
- Siamo disposti a liberarci, come Maria, dagli idoli e da tutto quanto ci ingombra?
- Siamo disponibili verso gli altri? Poniamo la nostra attenzione prima a loro piuttosto che a noi stessi? Come viviamo la disponibilità in famiglia?

Luigi Ghia - Famiglia domani

 

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