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TESTO Ulteriore esserci di Gesù

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (11/06/2023)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Cos'altro poteva fare Gesù per garantirci la sua presenza e il suo sostegno dopo essersi incarnato, dopo aver condiviso in ogni cosa la nostra natura umana, dopo aver vissuto povero fra i poveri per comunicarci la ricchezza dell'amore del Padre? Cos'altro poteva fare per la nostra redenzione oltre ad espiare i nostri peccati sulla croce? Cos'altro per la nostra vita se non risuscitare dai morti ed essere egli stesso “via, verità e vita” per il presente e per l'eternità? Nient'altro. Tutto quello che la Seconda Persona della Trinità, facendosi uomo in Gesù Cristo, aveva realizzato a nostro vantaggio era già sufficiente e apportatore di benefici per sempre. Null'altro sarebbe servito in aggiunta alla sua incarnazione, passione, morte e resurrezione perché con questi eventi ( che costituiscono il fulcro della nostra fede) Dio ha dato all'uomo se stesso inopinatamente e senza riserve. Del resto Gesù aveva promesso che la sua opera sarebbe continuata anche nel ministero degli apostoli quando questi avessero predicato, battezzato a animato le comunità. Sarebbe rimasto con loro e con tutti noi fino alla fine del tempo presente.

Eppure lo stesso Gesù ha voluto raggiungerci con un ulteriore dono a dir poco inverosimile e inaudito, se consideriamo i soli ambiti della ragione umana. Voleva che il suo sacrificio sulla croce, realizzatosi una volta per tutte sul Golgota, si ripresentasse e si perpetuasse nel tempo a vantaggio di tutti noi con i medesimi effetti di redenzione e di salvezza e che per mezzo di esso la sua presenza non solamente fosse reale ma anche sostanziale.

Questo è avvenuto ancor prima di essere catturato e condotto al processo quindi al patibolo: nelle ore notturne che precedevano il suo arresto istituì il Sacramento del pane e del vino, nel quale donava se stesso ai suoi, garantiva la sua presenza nelle stesse specie del pane e del vino la cui sostanza mutava alle parole “Questo è il mio Corpo”... “Questo è il calice dell'alleanza”. Essi diventavano realmente Corpo e Sangue dello stesso Signore che sarebbe andato a consumare se stesso per il nostro riscatto e il cui sangue sanciva la nuova alleanza fra Dio e l'uomo. Lo stesso sacrificio della croce veniva anticipato ai suoi apostoli durante e dopo quella Cena perché essi mangiassero del suo corpo e bevessero del suo Sangue in modo da avere la redenzione, la salvezza e la vita piena. Con le successive parole “Fate questo in memoria di me” Gesù rivolgeva poi l'invito a che lo stesso sacrificio della croce, sempre nelle specie del pane e del vino, si perpetuasse nel tempo fin quando egli non sarebbe ritornato alla fine dei tempi. E a partire dai primi cristiani che si riunivano per la preghiera e per lo spezzare il pane nella comunione (At 2, 42 - 45), anche a noi è dato di celebrare questo evento definito “memoriale”, ossia ricordo e ripresentazione di quanto Gesù ha patito sul patibolo. Un sacerdote che conobbi anni or sono diceva che Gesù ha celebrato una sola Messa, quella durante la Cena di commiato dai suoi, per darci l'opportunità di celebrare nel tempo tante Messe nelle quali perpetuare per noi la sua immolazione e avere così opportunità di rendersi nostro alimento di vita.

L'Eucarestia è così tutt'oggi il sacramento della ripresentazione dell'unico sacrificio di Cristo sulla croce per la nostra edificazione e per la nostra redenzione, per mezzo del quale Gesù si renderà sempre presente poiché alle parole succitate avverrà la transustanziazione: pane e vino muteranno sempre la loro sostanza nel Corpo e Sangue di Cristo. Questo stesso sacrificio noi siamo chiamati a contemplare nella fede, a valutare e ad assimilare e lo stesso Corpo del Signore siamo invitati ad assumere come cibo di vita e di eternità.

Spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Nell'Eucaristia Cristo dona lo stesso corpo che ha consegnato per noi sulla croce, lo stesso sangue che egli ha «versato per molti, in remissione dei peccati» (Mt 26,28)..... Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio: «Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi “

Pane e vino erano elementi che venivano offerti in oblazione per rendere grazie a Dio per i benefici della terra; essi vennero offerti anche da Melchisedek, re di Salem, che era sacerdote del Dio altissimo (Gen 14, 18); il pane è l'alimento che sotto forma di manna Dio concede agli Israeliti pellegrini nel deserto, nonché alimento con cui Elia si sostiene per quaranta giorni e quaranta notti. Il pane è del resto l'alimento più indispensabile, mancando del quale si manca di tutto, anche possedendo qualsiasi altra pietanza. Nel pane eucaristico Gesù offre se stesso sia agli apostoli che a noi tutti che vi aderiamo, si rende egli stesso nostro alimento per il sostentamento perenne della nostra vita, come peraltro egli stesso aveva promesso nel famoso discorso del “pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6) nel quale invitava a “mangiare la sua carne e bere il suo sangue”.

Assistere alla ripresentazione del sacrificio unico della croce durante la celebrazione eucaristica e nutrirci del suo Corpo durante la medesima è un modo per trarre vantaggio espiativo dall'immolazione stessa di Cristo sul Golgota, in modo che il suo dolore e la sua morte diventino per noi elementi di guarigione, farmaci di immortalità. Mangiare del suo Corpo vuol dire trarre forza, vigore, motivazione per acquisire fiducia e costanza nella vita di tutti i giorni, per vivere qualitativamente il presente cogliendo tutte le opportunità, per sospingerci in tutti i progetti e i buoni propositi sempre sollecitati verso il bene; per gioire di ogni conquista mantenendo pur sempre umiltà e deferenza, per non soccombere alle prove e alle difficoltà che ogni aspirazione comporta.

Il sacramento della presenza sostanziale di Cristo dona vigore, forza, motivazione per intraprendere ogni opera e ogni attività professionale o missionaria o ministeriale; sollecita sempre a progredire e allontana dalla tentazione di darla vinta alla resa e al pessimismo.

In questo sacramento, in forza dello Spirito Santo, è lo stesso Cristo ad agire e operare in noi per essere ancora una volta via, verità e vita. Sempre nell'Eucarestia lo stesso Signore si fa per noi “autostrada per il Cielo”(Carlo Acutis), dischiudendo per noi la prospettiva dell'eternità già a partire dal tempo presente.

 

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