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TESTO Commento su Giovanni 6,51-58

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (11/06/2023)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Domenica del Santissimo Corpo e Sangue di Gesù, ovvero della sua presenza reale tra noi sotto le specie del pane e del vino. Si tratta di un mistero che ci supera, nel quale possiamo immergerci per mezzo della fede in Gesù e nelle sue parole, che nel Vangelo di oggi sono chiare e profondamente belle.

Sono parole da non prendere superficialmente alla lettera come fecero i Giudei, ma sono da cogliere nello Spirito, alla luce della morte e risurrezione di Gesù. Egli, amandoci follemente, non si è accontentato di dare la vita per noi, ma ha voluto restare in mezzo a noi e donarsi a noi come “cibo di vita eterna”. Tutto questo si realizza per mezzo del Sacramento dell'Eucaristia. La presenza di Gesù, come ha fatto notare San Tommaso d'Aquino, è “secondo la sostanza”, cioè il Signore risorto si rende presente con la sua realtà vera e profonda, che può essere attinta mediante la fede. Gesù nell'Eucaristia si rende presente come persona, in un modo unico. Come ha detto bene Sant'Ambrogio: «Questo pane è pane prima delle parole sacramentali; ma, intervenendo la consacrazione, il pane diventa carne di Cristo... Da quali parole è operata la consacrazione e di chi sono tali parole? Del Signore Gesù! Tutte le cose che si dicono prima di quel momento sono dette dal sacerdote che loda Dio, prega per il popolo, per i re e per gli altri; ma quando si arriva al momento di realizzare il venerabile sacramento, il sacerdote non usa più parole sue, ma di Cristo. È dunque la parola che opera (conficit) il sacramento... Vedi quanto è efficace (operatorius) il parlare di Cristo? Prima della consacrazione non c'era il corpo di Cristo, ma dopo la consacrazione, io ti dico che c'è ormai il corpo di Cristo. Egli ha detto ed è stato fatto, ha comandato ed è stato creato (cf Sal 33, 9). Come prima cosa potremmo chiederci personalmente, specialmente se “praticanti”, e per primo io che balbetto queste povere parole: quanto amore ho per Gesù Eucaristia? Quanta consapevolezza ho che lì c'è Gesù che mi aspetta, che si dona a me, che viene a me? Dovremmo far nostre le parole di Elisabetta ogni qualvolta riceviamo l'eucaristia: “a che devo che il mio Signore venga a me?”. L'amore, soltanto l'amore, sarebbe la risposta!

Perciò, come ha detto bene il card. Cantalamessa: «La fede nella presenza reale è una grande cosa, ma non ci basta... Quanti, tra i teologi, sanno tutto su tale mistero; ma non conoscono la presenza reale. Perché “conosce”, in senso biblico, una cosa, solo chi fa l'esperienza di quella cosa... San Gregorio Nisseno ci ha lasciato un'espressione stupenda per indicare questo più alto livello di fede; parla di “un certo sentimento di presenza”. Esso si ha quando uno è colto dalla presenza di Dio, ha una certa percezione (non solo un'idea) che egli è presente. Non si tratta di una percezione naturale; è frutto di una grazia che opera come una rottura di livello, un salto di qualità... Dalla fede e dal “sentimento” della presenza reale, deve sbocciare spontaneamente la riverenza e, anzi, la tenerezza verso Gesù sacramentato. È questo un sentimento così delicato e personale che solo a parlarne si rischia di sciuparlo. San Francesco d'Assisi ebbe il cuore ricolmo di tali sentimenti verso Gesù nell'Eucaristia. Egli si intenerisce davanti a Gesù sacramentato, come a Greccio si inteneriva davanti al Bambino di Betlemme; lo vede così abbandonato nelle nostre mani, così inerme, così umile. Nella sua Lettera a tutto l'Ordine egli scrive delle parole di fuoco che vogliamo ascoltare come rivolte a noi in questo momento, a conclusione della nostra meditazione sulla presenza reale di Gesù nell'Eucaristia: O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l'umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre».

Cari fratelli e sorelle, non celebreremmo degnamente la festa del Corpus Domini se tutto ciò rimanesse solo su carta. Se qualcuno ci chiedesse: cosa è l'Eucaristia? Dovremmo rispondere: è Gesù tra noi! E vedendoci, dovrebbero coglierlo anche senza le nostre parole! Apriamo perciò i nostri cuori davanti a Lui, davanti a un mistero d'amore così grande. Ripartiamo anche dalla cura dai piccoli gesti, dalla genuflessione ben fatta, dal raccoglierci in preghiera davanti al Santissimo, dall'accogliere l'Eucaristia con stupore. Lì c'è Gesù che si dona a noi, a me, a te. A che devo che il mio Signore venga a me? L'amore, soltanto l'amore!

 

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