PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO La gratuità dell'amore di Dio sfida la durezza del cuore umano

diac. Vito Calella

Santissima Trinità (Anno A) (04/06/2023)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,16-18

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Oggi, domenica della Santissima Trinità, la parola di Dio ci lascia stupiti per la meravigliosa manifestazione dell'amore gratuito del Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, in opposizione alla durezza del cuore umano, incapace di accogliere umilmente la proposta di salvezza, già offerta da Dio Padre, attraverso la missione del suo Figlio amato. La missione del Figlio amato dal Padre si è compiuta pienamente nell'evento della sua morte in croce e della sua risurrezione, per l'azione potente e vivificante dello Spirito Santo. Lo scopo di quello storico evento era, e continua ad essere oggi, la proposta di comunione di tutta l'umanità con il Padre, "uno" con il Figlio, mediante il dono dello Spirito Santo, già liberamente effuso nei cuori di tutti gli uomini, nonostante la durezza del loro cuore e le difficoltà di accogliere degnamente la forza del gratuito amore divino, lasciandola agire per liberare e santificare la quotidianità umana.

La misericordia e la fedeltà di Dio sfidano il popolo di Israele dal cuore duro

Abbiamo ascoltato la preghiera di intercessione di Mosè nella prima lettura. Da un lato, Mosè sperimenta la misericordia e la fedeltà di Dio: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6). Era solo, di nuovo in cima al monte Sinai, con due tavole di pietra, perché fossero riscritti i comandamenti dell'alleanza. Il popolo d'Israele aveva voltato le spalle a Dio scegliendo di adorare il vitello d'oro, come è riportato in Ez 32,1-6 e Mosè, profondamente deluso dalla durezza di cuore del popolo, aveva frantumato le tavole ai piedi del monte (cfr Es 32,19). Se, da un lato, contempliamo l'immensa pazienza di Dio, misericordioso e fedele, dall'altro rimaniamo colpiti dalla durezza di cuore della gente. Mosè intercede ancora, riconoscendo la difficoltà del popolo ad affidarsi umilmente all'amore divino, misericordioso e fedele: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità» (Es 34,9).

La passione di Dio Padre per l'umanità sfida il dramma dell'incredulità nel Figlio

Il vangelo secondo Giovanni di questa domenica ci presenta la passione di Dio Padre per l'intera umanità, attraverso uno dei brani più belli di tutto il quarto vangelo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16-17). Resta invece la possibilità drammatica della condanna, cioè della perdizione eterna, del fallimento dell'esperienza di redenzione, di liberazione, di salvezza, a causa della libertà individuale di ciascuno, aperta alla possibilità di rifiutare di credere in Gesù Cristo: «Chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,19b). Esiste l'oggettiva possibilità che la coscienza umana di molte persone perseveri nella scelta di affidarsi al proprio personale progetto di vita di autorealizzazione, confidando nelle proprie capacità umane, credendo nel potere manipolatore della sapere e del fare, vivendo per il piacere di soddisfare i propri bisogni materiali, affettivi, spirituali, affidandosi al potere del denaro, aggrappandosi ai beni materiali conquistati, difendendosi dagli altri come potenziali nemici, risolvendo di dare un senso più profondo alla propria fugace esistenza in questo mondo con la scelta individualistica della varietà delle proposte filosofiche e religiose, che si trovano sui social network, senza preoccuparsi di camminare, crescere ed evolvere appartenendo, in comunione, all'unica, santa, cattolica e apostolica comunità cristiana, cioè alla Chiesa.

Dio Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, ci precede sempre con la sua gratuità

Il versetto di Gv 3,16 ci ricorda 1Gv 4,10: «In questo sta l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi e ha mandato il suo Figlio in espiazione dei nostri peccati».

La festa della Santissima Trinità scalfisce il nostro cuore di pietra, schiavo del nostro egoismo, rivelandoci l'iniziativa prioritaria di Dio, che non attende la conversione dei peccatori, ma va sempre incontro per primo alle persone più fragili, più distanti da Lui, più schiave dei demoni dell'egoismo umano che sono i vizi della gola, dell'alcool, della droga; l'esercizio abusivo e irrispettoso della sessualità, chiamato “lussuria”; l'istinto di avidità di possesso chiamato “avarizia” o “idolatria del denaro”; i sentimenti negativi, scoraggianti e conflittuali di tristezza, accidia e rabbia; i pensieri diabolici dell'ambizione, che porta ad assumere uno stile di vita competitivo, dell'invidia, che ci porta allo stress di confrontare la propria condizione con gli altri senza mai accettare i propri limiti, dell'orgoglio, che rende incapaci di tenerezza, di compassione e di perdono.
La gloria di Dio Padre è l'uomo vivente!

Per questo, nella storia della rivelazione biblica, confermata dall'agire di Gesù di Nazareth, l'opzione preferenziale del Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, è quella dei più poveri.

Nel Salmo responsoriale, tratto dal cantico del libro di Daniele, abbiamo cantato: «A te lode e gloria nei secoli!» Gesù Cristo ci rivela che il Padre è veramente glorificato quando ogni essere umano è redento nella sua dignità di figlio amato, poiché la gloria di Dio Padre è che «tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10: 10). La pienezza della vita, cioè la vita eterna, è la comunione in Cristo morto risuscitato, che ci fa scoprire il dono dello Spirito Santo, già effuso nei nostri cuori di pietra, per poter, tutti insieme, gridare «Abbà, Padre!» (cfr Gal 4,6-7; Rm 8,14-17), e sentire la chiamata alla fraternità universale, assumendo, come Gesù, il nostro essere tutti servi sofferenti.

Dare gloria al Figlio è credere in Lui presente ugualmente nei poveri e nell'Eucaristia.

La Santissima Trinità scalfisce il nostro cuore di pietra, schiavo del nostro egoismo, rivelandoci l'opzione fondamentale di Gesù, che è la via dell'umiltà, lo svuotamento della sua dignità divina per assumere pienamente tutta la fragilità della nostra umanità.

Contemplando tutto il mistero dell'incarnazione del Figlio amato dal Padre, «noi conosciamo la generosità del Signore nostro Gesù Cristo, che da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8, 9); non ricchi di denaro e di conoscenza, ma ricchi di esperienze di solidarietà, di incontri rispettosi di ciascuno di noi, poveri, con i poveri. Ispirandoci al cantico Cristologico dei Filippesi (Fil 2,6-11), possiamo cantare: «Si umiliò, svuotò se stesso, fatto servo come noi! Si umiliò obbedendo fino alla morte, e morte di croce. E Dio Padre lo esaltò, col suo nome superiore. Tutti allora confessiamo: Gesù Cristo è il Signore».

Condividendo la nostra vita con i sofferenti, impariamo ad assumere la povertà radicale della nostra condizione umana ed entriamo nell'avventura esistenziale della partecipazione al mistero della morte e risurrezione di Gesù. Questo evento diventa, a poco a poco, il centro della nostra vita. Solo così possiamo dire di credere nel Figlio unigenito del Padre e vivere la vita eterna senza essere condannati (cfr. Gv 3,18a).

Insieme a tutti coloro che soffrono, sperimentiamo la vera comunione con Cristo, che rinnoviamo ogni domenica, centrati nel sacramento dell'Eucaristia.

Crediamo che Gesù Cristo è con noi nella nostra povertà ed è ugualmente presente nella carne dei poveri, attivando in noi l'ardore della carità. Fare opere di carità diventa lo scopo della nostra corporeità vivente.

Dare gloria allo Spirito Santo è avere speranza nella vittoria certa della gratuità

Così decidiamo di fare della nostra corporeità vivente uno strumento per irradiare la gratuità dell'amore divino in tutte le nostre relazioni, con la speranza di vivere la pienezza della comunione con il Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, e con tutti i santi senza aspettarci di ricevere un giudizio di condanna dopo la nostra morte fisica.

 

Ricerca avanzata  (54719 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: