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TESTO Lo Spirito e una testa di carciofo

don Angelo Casati   Sulla soglia

Pentecoste (28/05/2023)

Vangelo: Gv 14,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-20

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.

E' Pentecoste, si respira. Per il dono incontenibile dello Spirito. E la parola "spirito" dice spirare, respirare. Si respira, siamo fuori: le porte della stanza al piano superiore si sono schiuse, siamo sulla strada, nelle piazze, abbiamo il vento nei capelli, riverbero di fiamma sulla pelle. Lo Spirito infatti - è scritto - è sceso come vento, lingue come di fuoco su ciascuno dei discepoli. E Pietro sulla piazza racconta. Il Maestro aveva dato consegna: "Rimanete in città, finché sarete rivestiti di potenza dall'alto". Ora sanno che potenza è un soffio che ti passa per il corpo sino all'anima. E si respira, ci si sente liberi.

Vorrei fare sosta sul salmo, perché la prima pentecoste fu nell'in principio, quando, al soffio di Dio che planava sulla faccia delle acque, vennero alla luce dal nulla tutte le cose. Animate, dunque, da quel soffio, tutte. Anche un sasso, pensate. E se ci accade di dirlo inanimato è per debolezza di vista: abbiamo bisogno di un suggeritore, che venga in soccorso della vista appannata. E il salmo - occhi trasparenti - canta:

Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue opere, Signore! La terra è piena delle tue creature. Togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra.

Il salmo canta la bellezza del Soffio che ci abita, abita la terra. Ma, tra riga e riga, sembra anche alludere a un possibile offuscamento dello Spirito, per stanchezza o infedeltà; e quindi nasce preghiera, invito a custodire questo respiro, a lasciargli libertà, a difenderne l'indipendenza, invito a riconoscerlo in tutti, in tutto. Se non ci abita questo respiro, moriamo, ritorniamo alla polvere, diventiamo manichini: le parole diventano vuote, le liturgie mute, le relazioni si sfilacciano in rapporti di convenienza.

Vorrei dire che lo Spirito è la salvezza delle relazioni: le accende, le salva dallo scolorimento, dalla estinzione. Non finisce mai di stupirmi che la nostra liturgia, nei giorni che precedono la Pentecoste, ci faccia leggere pagine del Cantico dei cantici, pagine che raccontano di due innamorati che si cercano, si perdono, si ricercano. A volte parliamo della fede quasi fosse una cosa che si ha o non si ha: è una relazione. E l'altro - sia Dio o una creatura - non lo puoi dare mai per scontato, per conosciuto. "Mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce": implora l'innamorata del Cantico.

Bisogna invocare lo Spirito. "Vi suggerirà ciò che vi ho detto": diceva Gesù. Scopriremo il tono della voce di Dio. Impareremo la sua lingua. Non solo, lo Spirito ha pure il dono di metterci in sintonia con la lingua degli altri. Non è ciò che accade ai primi discepoli? Donne e uomini, venuti da ogni dove, manifestano tutto il loro stupore sentendo gli apostoli parlare ognuno la propria lingua. Oggi assistiamo a una babele delle lingue. E un dono da implorare è quello di essere educati dallo Spirito a una lingua comprensibile, quella che ti si legge negli occhi prima che nelle parole: occhi che accarezzano, dicono stima, svelano affetto.

"È la lingua dell'amore - scrive il card. Josè Tolentino Mendonça -- che è una lingua universale; è la lingua della gioia, che è una lingua universale; è la lingua della fortezza, che è una lingua universale; è un linguaggio dell'aiuto, della compassione, che sono linguaggi universali; è il linguaggio del buon consiglio, dell'esortazione, della protezione, dell'abbraccio, che è un linguaggio universale. La lingua dello Spirito Santo non è come l'italiano o il francese o il cinese, no, è una lingua universale che tutti capiscono, e tutti abbiamo la capacità di parlare quella lingua.

Che tutti comprendono perché è la lingua dell'amore, è la lingua del dono, è la lingua di un cuore disarmato, la lingua della fratellanza". E' una lingua che crea e rinnova la terra: "Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra". Invochiamo lo Spirito perché ci ridesti alla passione di creare, di essere creativi, in giorni in cui assistiamo tristi alla decostruzione, alla distruzione, alla violazione della faccia della terra, e di conseguenza ci può prendere un sentimento di tristezza - che pure è legittimo - ma anche un senso di resa sconsolata alla situazione, sino a pensare che è sempre stato così, che il mondo va così, e che è pura illusone pensare di cambiare qualcosa.

Ci faccia resistenti, lo Spirito, ai pessimismi, ai disfattismi, alla sfiducia, un male serpeggiante, mortifero. Ci vuole coraggio. Il coraggio di tutti. Perché lo Spirito è dato a ciascuno, come asserisce Paolo, per il bene di tutti. Ognuno ha il suo ruolo. E importante non è tanto quale ruolo ricopri, ma quale spirito ci metti, la passione che ci metti, la trasparenza, la fantasia che ci metti. Ognuno. Anche una testa di carciofo. E il cuore fa ritorno a un dialogo struggente, in un film indimenticabile di Federico Fellini, "La strada", il dialogo tra il Matto e una donna sconsolata e prosciugata, Gelsomina:

"Io sono ignorante - dice lui - ma ho letto qualche libro. Tu non ci crederai, ma tutto quello che c'è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso li, per esempio...". "Quale?". "Questo... Uno qualunque... Be', anche questo serve a qualcosa: anche questo sassetto". "E a cosa serve?". "Serve... Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei?". "Chi?". "Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche tu, anche tu servi a qualcosa, con la tua testa di carciofo".

Lo Spirito suggerirà: si è fatto suggeritore... un Matto.

 

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