TESTO Tempo della Chiesa da vivere in comunione, con gioia ed evangelizzando
VII domenica T. Pasqua (Anno A) (21/05/2023)
Vangelo: Lc 24,13-35
13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Dopo la grande solennità dell'Ascensione, nel quale siamo stati indirizzati con lo sguardo al cielo, dove Cristo sale per sedere alla destra del Padre e nello stesso tempo siamo esortati a rivolgerci alle realtà terrene con l'invito ad evangelizzare fino agli estremi confini della terra, inizia il tempo della Chiesa.
Questo tempo che siamo chiamati a vivere ci esorta a ritrovare prima di tutto la comunione tra noi.
Sono reduce da una bella esperienza vissuta a Fatima, proprio nei giorni in cui si ricordava la prima apparizione ai tre pastorelli.
In quel contesto ho compreso che la forza della Chiesa con la sua capacità di evangelizzazione potrà spandersi solo se saremo in grado tutti quanti di vivere la grande forza della comunione.
Dobbiamo cercare prima di tutto di vivere portando sulle spalle gioie, fatiche, speranze e delusioni gli uni degli altri e cercando di fare nostre le parole del Salmo che abbiamo proclamato nel quale si esulta perché i fratelli vivono insieme.
Occasione sicuramente straordinaria ma nel quale ho potuto comprendere che solo portando i pesi reciprocamente allora siamo in grado di attrarre le benedizioni del cielo e nello stesso tempo gli uomini intorno al Vangelo.
Il mondo non ha più bisogno di battitori liberi ovvero di uomini certamente con grandi capacità, ma incapaci di lavorare insieme per costruire una fraternità umana.
Ho ancora nel cuore l'incontro con i confratelli tedeschi, alle prese con le difficoltà della Chiesa in Germania e sulla spianata dalla Cova d'Iria la messa del 13 maggio è stata occasione per misurare l'universalità della nostra fede e implorare il dono della pace in particolare laddove i cristiani vivono la sofferenza della guerra come in Ucraina.
Siamo diversi con esperienze e caratteri differenti, come nella primissima comunità cristiana dove non è possibile catalogare i discepoli in maniera uguale.
Tutti però in cammino ed in ricerca dell'unità aiutati e sostenuti da una Madre premurosa come Maria.
Sono convinto che certo queste esperienze non sono l'ordinarietà, ma ci debbono spingere a vivere proprio quest'ultima compiendo ogni giorno la straordinarietà della comunione di cui veramente il mondo ha bisogno.
Tanti progetti, schemi, strategie vengono indicati ma che se non accompagnati da una dimensione fraterna rischiano di entrare in quella ingegneria pastorale che occorre sempre ripensare, frutto del pensiero di pochi e non dello Spirito.
Abbiamo bisogno oggi di respirare quella gioia che solo il Signore sa donare.
Uno dei rischi da cui ci mette in guardia Papa Francesco è proprio vivere la fede come una sorta di Quaresima continua come vivono i due discepoli di Emmaus questa domenica.
Il cristiano è, invece, colui che sa che la Passione con la sua Croce ha una collocazione provvisoria perché vive nella consapevolezza che siamo chiamati a risorgere e tutto va condiviso.
La gioia degli apostoli di Emmaus non è trattenuta gelosamente, ma porta ad essere annunciata dove proprio quegli amici che rintanati per paura di Giudei non uscivano più dai loro usci.
Hanno compreso i due discepoli che l'annuncio avviene laddove il Signore li ha messi.
Inizia il tempo della Chiesa, dopo l'Ascensione e quindi noi siamo comunità che stanno vivendo questo tempo.
Tre sono i pilastri che debbono sostenere questo cammino: comunione, gioia ed evangelizzazione.
Un ordine giusto non può essere prima evangelizzazione e poi comunione e gioia.
In tutto questo c'è il sostegno di Maria, madre premurosa che sa benissimo ciò di cui i figli hanno bisogno ancora prima che lo possiamo chiedere. Basta solo rivolgere lo sguardo a Lei per essere certi di essere accolti.