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TESTO Il buon pastore vicino alle sue pecore

don Michele Cerutti

IV domenica T. Pasqua (Anno A) (30/04/2023)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

La Chiesa sta muovendo i suoi primi passi e assistita dallo Spirito procede a configurarsi nel servizio ai fratelli. L'assistenza alle vedove diventa un nodo cruciale.
Le comunità ebraiche che vivevano in Grecia vedono molti anziani emigrare negli ultimi anni della loro vita a Gerusalemme e attendere lì le tappe finali della loro esistenza. Tra questi vi sono quelli che si convertono alla fede cristiana. Una volta deceduti molti lasciano le loro mogli vedove e allora inizia a esserci il problema di assistenza. Così anche nelle comunità cristiane questo problema si fa sentire nella sua portata.
Certo tale servizio richiede un'organizzazione attenta che però richiede molto tempo che occorre sacrificare alla predicazione.
Gli apostoli pressati, tuttavia, da queste richieste ravvisano la necessità di mettere a disposizione delle figure preposte che vengono definite diaconi.
Sono chiamati nel gestire la carità in senso più materiale.
La preoccupazione della Chiesa già nei suoi primi passi è gestire la dimensione di attenzione ai fratelli senza per questo divenire una ONG, ma per essere invece specchio dell'amore di Dio.
Nella domenica in cui siamo invitati a pregare per le vocazioni sosteniamo i diaconi ovvero coloro che fanno un servizio importante nella Chiesa che tramuta in Carità la predicazione.
Essi sono chiamati essenzialmente a questo, ma nello stesso tempo affiancano anche nell'annuncio i discepoli, come ci indica gli Atti degli Apostoli nelle pagine che seguono.
Perché la carità non è un aspetto orizzontale, ma diviene sempre accompagnato dalla predicazione perché rende quest'ultima più concreta.
La realtà della diaconia diventa quindi la cartina tornasole della nostra fede.
I diaconi sono chiamati a esprimere la dolcezza del buon e bel pastore che ci viene presentato nel Vangelo.
Nel momento più alto di un contrasto, come quello che sta vivendo Gesù, dopo la guarigione di un cieco nato, con i soliti farisei ci saremmo aspettati parole dure nei confronti di questi tali.
Il Maestro ci indica invece la via umile della correzione fatta senza imporre, ma che si fa invece dolce per aiutare i fratelli in errore a non perdersi.
Non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire e questo dialogo di cui leggiamo alcuni versetti finirà con l'interrogarsi dei farisei sul fatto che Gesù sia un indemoniato.
Nel brano evangelico proclamato dopo essersi indicato come Luce il Maestro ci dice che è la Porta da cui passano le pecore e Pastore del gregge differente dagli altri perché mentre siamo abituati a vedere chi guida i pascoli porsi dietro a tutte insieme ai cani qui ci viene detto che Lui si pone all'inizio.
In questo modo Egli traccia e rende sicuro il cammino con lo stile delicato di chi conosce ogni pecora e non vuole che nessuna vada perduta.
Di questo pastore sappiamo bene le caratteristiche. Egli si distingue da quelli che sono stati posti alla guida di Israele. Questi ultimi non hanno pasciuto il gregge affidato, lo hanno sorvegliato per forza e malvolentieri e anche di cattivo animo.
Le invettive contro di loro sono ritrovabili nei diversi testi profetici.
Ezechiele afferma come molte volte sono stati violenti contro le pecore approfittando di loro.
Certo un esame di coscienza per chi nelle comunità è chiamato a essere guida.
Davanti al comportamento del bel Pastore come mi atteggio io nei confronti di coloro che il Signore mi chiede di farmi vicino? Capisco che io sono di Lui solo un semplice aiutante? Mi piace emergere o essere a fianco per aiutare il gregge stesso a camminare con passo deciso e non incerto dietro a Gesù?
A noi tutti il compito di riconoscerci gregge radunato intorno al Pastore.
Mi ha colpito, cercando qua e là le caratteristiche delle pecore, come Gesù riuscisse veramente in modo efficace a utilizzare immagini capaci di rendersi semplici agli uditori.
In una società dedita all'agricoltura e pastorizia non sarà stato difficile comprendere cosa volesse dire il Maestro, mentre noi uomini e donne del XXI secolo dobbiamo cercare informazioni per capire meglio. Non ci aiuta il fatto che l'utilizzo di espressione tipo “come pecore” non significano un grande apprezzamento.
Eppure il loro addomesticamento risale all'11000 a.C. ed è il primo sottoposto questo processo nella storia dell'umanità.
Erbivori che si adattano alle diverse temperature e altitudini. Sono docili pur mantenendo un livello di attenzione e di guardia e preferiscono la compagnia di altri provando in solitudine molto stress e diventano incapaci di foraggiamento.
Capacità di adattamento, docilità e attenzione nei pericoli, mai da soli ma sempre protesi a camminare insieme.
Noi siamo chiamati a vivere nelle dimensioni di adattamento esortati a comprendere le sollecitazioni dello Spirito nel percorrere nuove strade e percorsi per affrontare le emergenze del mondo.
Docilità agli insegnamenti del Magistero sapendo che traiamo insegnamenti utili.
Quante critiche lanciamo alle gerarchie pensandoci noi autosufficienti e capaci di camminare sui percorsi senza bisogno di indicazioni.
Cadiamo nei pericoli e molto spesso ci troviamo da soli e questa apre ai momenti difficili in cui ci alimentiamo in maniera errata di ciò che il mondo ci propina.
Gesù si identifica con la Porta.
Una Porta che non si chiude e anzi si spalanca e la Croce rende visibile ancor di più cosa voglia dire Gesù identificandosi in tal modo.
Porta questa che infatti che permette alle pecore di non rinchiudersi in recinti senza uscite, ma anzi aprirsi ai grandi spazi che con abbondanza Dio ci dona attraverso il Figlio.
La Pasqua con gli eventi di morte e di Risurrezione ci offre la via che siamo chiamati a seguire stretti intorno al pastore con adattamento, docilità e insieme.

 

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