TESTO Commento su Matteo 5,13-16
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V Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/02/2023)
Vangelo: Mt 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Quintino Venneri
Una chiamata.
Una responsabilità.
Un rischio.
Dopo le parole sulle beatitudini, che hanno aperto orizzonti straordinari nel cuore degli interlocutori di Gesù e nei nostri, lo sguardo del Maestro si sofferma nuovamente sui discepoli come sempre accade nei momenti cruciali; le sue labbra si schiudono in una affermazione che non ha bisogno di tante interpretazioni.
Sale e luce.
Per la terra e per il mondo, voi siete sale e luce. Questa è la chiamata.
Qui in Puglia, a Margherita di Savoia, si trovano le saline più grandi d'Europa: chi ci passa in macchina vede grandi montagne bianche, cumuli di sale che imbiancano la costa adriatica, tra fenicotteri rosa e macchine adibite per lo stoccaggio di questo prezioso alimento.
Ma le grandi montagne di sale sono composte da granuli piccolissimi, a volte addirittura in polvere.
È così il sale: infinitesimale; quando assolve al suo compito, sparisce, si scioglie, non lo si vede più; non è evidente il sale, né manifesto. Se ne colgono gli effetti ma sfugge la sua presenza. Non serve per essere accatastato o conservato. Non è il tutto; non è la massa. Serve dosarlo con accuratezza perché il troppo o il troppo poco non aiuterebbe nella sua missione.
È così il sale. Sono così i discepoli del Maestro.
Chiamati a dare sapore alle mille situazioni nelle quali si trovano; essi, i discepoli, figli degli uomini, figli del loro tempo e della loro storia, hanno questa grande responsabilità: dare sapore, gusto, vita a ciò che accade; mostrare che tutto ha un senso anche quando tutto ti porta a dire che le cose che ti stanno capitando un senso non lo abbiano per niente!
Sono così i discepoli del Signore: non schiacciano ma fanno lievitare; non si mettono al centro; non sono numerosi né appariscenti; ti accorgi della loro presenza non per il numero ma per il sapore che la vita assume quando essi la condiscono con la loro presenza, portatrice di un Parola che, in realtà non è la loro. Una Parola sussurrata più che ostentata; ha il ritmo del lievito, se vogliamo rimanere nel gergo culinario; una Parola che non è brandita come una spada, una bandiera o uno stendardo ma consegnata e offerta come un pane.
Sono come il sale, i discepoli del Maestro, quelli della via: una via che fa della piccolezza la sua grandezza; una via che non imbocca i sentieri dello spirito di condanna, che non si rinchiude in posizioni difensive; una via - quella del sale - che chiede ai suoi di disimparare l'arte dell'intransigenza, del senso di superiorità. Nella saliera del Vangelo, non trova spazio l'arroganza e la sufficienza, la tracotanza e l'imposizione.
Cosa sarebbe il mondo, infatti, se fosse tutto sale?
Come il sale, così la luce. Una luce riflessa, ben s'intenda.
Chi potrebbe infatti arrogarsi il diritto di proclamarsi luce delle genti?
Troppa luce, abbaglia e rende ciechi.
Siamo luce, per accompagnare non per schiacciare.
Luce per il mondo; per e non contro. Il discepolo che mette le sue orme sulle orme del Maestro sa vigilare dentro di sé affinché la sua vita e la sua fede non diventino contro-qualcuno; affinché restino un servizio di vicinanza, pazienza e attesa e mai un ministero di condanna dei fratelli e delle sorelle che sono nelle tenebre.
Chi, di noi, infatti, può ancora ritenere che luce e tenebre sono categorie con cui dividere gli altri e non piuttosto strade che percorre ogni cuore ed ogni coscienza, e quindi anche la nostra, quella dei discepoli del Signore?
E che non ci sia motivo di vanto o di arroganza nelle parole del Maestro, lo capiamo dal rischio su cui Egli stesso suscita l'attenzione: il sale può diventare salato e la luce può essere messa sotto il moggio. Se c'è una vocazione ad essere luce e sale, c'è però anche una de-vocazione a perdere sapore e luminosità. I discepoli del Maestro di Nazaret non accedono a nessuno status: seguire Lui senza accasarsi in nessun posto, fisico o spirituale che sia. Non siamo tirocinanti in attesa di diventare maestri a nostra volta.
Semel discepolo, semper discepolo!
Lo spirito delle Beatitudini consegnato a tutti i discepoli rivela loro la chiamata a diventare sale e luce; una chiamata che può essere disattesa, mancata, inascoltata. Una vocazione che, laddove accolta, ti conduce sulla strada della mitezza, della mansuetudine, della piccolezza, dell'umiltà. Che è proprio ciò che da sapore e luce alla vita.