TESTO Commento su Matteo 3,13-17
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Battesimo del Signore (Anno A) (08/01/2023)
Vangelo: Mt 3,13-17
In quel tempo, 13Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
All'inizio dell'Avvento vi ho avvertiti che ciò che avrei detto a modo di bilancio preventivo, lo
avrei ripetuto dopo Natale, quale bilancio consuntivo... Ci serva a combattere la tentazione di
archiviare troppo in fretta il Natale...
Calato il sipario sui fatti della nascita, facciamo un salto di 30anni e arriviamo sulle rive del
Giordano dove Giovanni sta battezzando. Matteo riassume la predicazione del Battista con le stesse
parole con le quali sintetizzerà più avanti la predicazione di Gesù: “Convertitevi! è vicino, infatti, il
Regno di Dio.”. E come il ministero del Precursore è introdotto con un riferimento a Isaia, così
anche quello di Gesù.
L'autore ispirato sottolinea dunque la continuità fra i due protagonisti della scena e il loro rispettivo
mandato. Al tempo stesso, Matteo evidenzia anche aspetti di contrapposizione tra i due personaggi;
in particolare il loro pensiero teologico. Due concezioni messianiche a confronto.
Questo basta per rendere la distanza tra Giovanni e il Cristo. Procediamo con ordine.
Nelle parole del Battista c'è un duplice invito, pressante, rivolto non ai pagani, ma ai pii israeliti
che accorrono ad ascoltarlo. Primo: non cullarsi in facili e scontate sicurezze. La salvezza non è
un fatto scontato per nessun! Non soltanto il pagano, non soltanto il peccatore son chiamati a
convertirsi, ma anche il giusto. Secondo: il pio israelita - per noi, il cristiano praticante - è
invitato ad uscire dalla propria visione particolaristica; alzi gli occhi, per incontrare gli occhi degli
altri - il suo prossimo - impegnati come lui e con lui in un cammino faticoso verso la salvezza;
un cammino da percorrere insieme: ebrei, cristiani, musulmani, pagani,...
Ed eccoci al dialogo tra Gesù e il Battista: Matteo è l'unico a riportarlo, in appena due versetti.
Il colloquio tra il Precursore e il Nazareno si regge su due parole-chiave nel progetto teologico del
primo evangelista: “giustizia” e “compiere”.
Il Signore insiste per essere battezzato da Giovanni “affinché si compia ogni giustizia”: la
giustizia, per Matteo, è il piano di salvezza che il Verbo è venuto a compiere. Dunque, Gesù si
sottopone lui stesso al battesimo perché ciò rientra nel progetto di Dio (cfr. Is 42,1-9).
Il Battista rimprovera aspramente Farisei e Sadducei per la loro ostentata religiosità. È una
religiosità troppo sicura di sé, fondata sulla Legge e sulla morale di Mosè, convinta del proprio
prestigio nazionale. Più tardi Gesù annuncerà la fine miserevole di Israele, sotto i colpi dell'Impero
Romano. La conversione deve partire dall'atteggiamento religioso, con le sue pratiche securizzanti
del tutto inutili, perché non hanno la forza di incidere sulla vita reale.
E poi arriva Gesù, confuso tra la folla...
A sconcertare il Battista, il fatto che il Messia non prenda le distanze dai peccatori, volgo disperso
che nome non ha, connotato unicamente dal fatto che ha la coscienza sporca e ne è consapevole.
Allora, il Messia non è un giudice per conto di Dio, ma un servo del Signore: servo mansueto,
servo obbediente, servo solidale con i peccatori.
A questo punto, Giovanni si arrende a Colui che ha appena mandato in crisi le sue convinzioni più
profonde, e battezza Gesù. Non così avverrà da parte dei Farisei e dei Sadducei, i quali resteranno
ostinatamente sulle proprie idee, sui propri schemi, nei quali Gesù non c'entra, né potrebbe entrarci.
“Compiere ogni giustizia” significa pertanto sottomettersi al piano di Dio.
Nel comportamento di Gesù che si mette dalla parte dei peccatori e, insieme con loro, si fa
battezzare, si manifesta la logica del servo sofferente annunciato da Isaia, che porterà il Figlio di
Dio a salire sul patibolo e a morire per i peccati del suo popolo. Nella passione di Cristo si
realizza la vera solidarietà con i peccatori, del tutto diversa da una qualsivoglia complicità.
È ormai chiaro che il modello di Messia incarnato da Gesù è in controtendenza rispetto alle attese di
Israele, non però nei confronti dell'AT: rottura dunque con il Giudaismo, ma perfetta conformità
con ciò che le Antiche Scritture rivelano. La conversione alla quale Dio chiama il Precursore e i
Giudei è in verità un ritorno alle origini. Vero Giudeo è colui che si fa cristiano.
Una parola è doverosa sull'epifania presentata da Matteo: il cielo aperto e la voce di Dio: “Questi è
il figlio mio, l'amato: in lui mi sono compiaciuto.”.
È ancora Isaia a scrivere: “O, se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te i monti
tremerebbero.” (63,19); a sua volta Isaia cita i salmi 63 e 64, nei quali l'orante implora Dio di
aprire il cielo, per scendere in mezzo al suo popolo e guidarlo in un nuovo esodo, verso la libertà.
Ecco il significato della scena che abbiamo appena contemplato: il silenzio di Dio, durato fin
troppo a lungo, è terminato; finalmente parla! Ora inizia un tempo nuovo, il tempo della salvezza.
Le parole dell'Altissimo non sono rivolte al Figlio, come nei Vangeli di Marco e Luca, ma a tutto il
popolo, a noi. Ecco che nuovamente ritorna il richiamo alla Chiesa, quella di ieri, quella di oggi,
quella di sempre. Riconosciamo nel Cristo, umiliato e crocifisso, il Figlio di Dio, per essere
salvati!
Il quarto Evangelista si esprime in termini diversi, ma con lo stesso intendimento: alla domanda dei
Farisei “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”, Gesù risponde: “Questa è
l'opera di Dio: credere in Colui che Dio ha mandato.” (6,28-29).