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TESTO Ricordati di me

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (20/11/2022)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Una delle conquiste di cui si può vantare lo stato sociale sul quale si basa solidamente la nostra democrazia, come molte altre democrazie, soprattutto in Europa, è quella del diritto di ogni cittadino alla salute pubblica e gratuita soprattutto per gli indigenti. È talmente consolidato nella nostra cultura e nella nostra mentalità da essere sancito addirittura da un articolo (l'articolo 32) della nostra Costituzione. È per questo che ci rimaniamo male, ci arrabbiamo, protestiamo e spesso provochiamo, nel nostro Paese, manifestazioni e rivolte ogni volta che vediamo questo diritto leso e violato dalla prassi. A chi di noi - soprattutto se ha sulle spalle un numero di anni “significativo” - non è capitato di ritrovarsi a prenotare una visita specialistica (magari anche di una certa urgenza) e sentirsi rivolgere la fatidica domanda: “Con il Servizio Sanitario Nazionale (leggi “mutua”) o in privato a pagamento? Perché in privato, a pagamento, se vuole c'è posto anche domani; con il Servizio Sanitario andiamo a giugno 2023 (nel caso abbiate chiamato a giugno di quest'anno...)”? E ciò che fa più specie è che non stiamo parlando di due tentativi di prenotazione in due case di cura differenti: la stessa richiesta nello stesso ospedale! Tradotto in parole povere e comprensibili a tutti: se hai i soldi, puoi “permetterti” anche di ammalarti perché avrai la possibilità di curarti; se invece non navighi nell'oro, cerca di stare bene e augurati di non aver mai bisogno di cure... Insomma, senza mezzi termini, il nostro amato “stato sociale di diritto”, nella forma attuale (che dura ormai da vari decenni), sta facendo rivoltare nella tomba molti dei nostri padri costituenti, e la nostra unica consolazione potrebbe rivelarsi - visti i tempi di attesa - quella di andare a far loro visita laddove ora si trovano per ringraziarli di ciò che 75 anni fa circa hanno cercato di creare. E che noi, puntualmente, abbiamo mandato a rotoli, come abbiamo fatto per tante altre conquiste in campo democratico.

Coloro che lavorano in ambito sanitario, stiano tranquilli: non ce l'ho con loro, né con medici, infermieri, ospedali che non dovremmo mai finire di ringraziare per ciò che fanno, sempre, e non solo durante le pandemie. Tantomeno ce l'ho con chi lavora ai CUP: non fanno altro che il loro dovere, applicando normative e direttive che vengono loro imposte: possiamo al massimo dire loro “ricordati di me” quando ci mettono in lista d'attesa!

Faccio questa riflessione solamente per dire che le concessioni di ciò che ci spetta per diritto nel momento del bisogno non devono basarsi sui nostri meriti e ancor meno sui nostri soldi, bensì su una risposta alle nostre necessità e ai nostri bisogni. Se hai una necessità, se ti trovi nel bisogno, non devi essere assistito perché te lo meriti o perché paghi, ma solo ed esclusivamente per il semplice fatto che ti trovi nel bisogno.

Grazie a Dio, non è sempre così, e non lo è dappertutto. Esistono situazioni, luoghi e Paesi dove sei assistito in base al tuo bisogno, e non in base ai tuoi meriti.

In particolare, esiste un luogo, nella fattispecie si tratta di un Regno, all'interno del quale la logica è totalmente ribaltata rispetto a quella che abbiamo descritto finora: ovvero, un Regno in cui ci si prende cura di te e sei trattato con dignità non a partire dal fatto che te lo meriti o che puoi permetterti ogni cosa con il denaro, ma per l'esatto contrario, ovvero perché ne hai bisogno, al di là di quanto tu lo possa meritare o di quanto ne possa disporre con i tuoi beni. È un Regno dove addirittura vengono per prima cosa rispettati i diritti dei più deboli e vengono messi all'ultimo posto i più forti; è un Regno in cui vengono “rovesciati i potenti dai troni e innalzati gli umili”; è un Regno in cui “vengono ricolmati di beni gli affamati, e i ricchi vengono rimandati indietro a mani vuote”; è un Regno dove, addirittura, la salute dell'anima è più importante di quella del corpo, e dove viene salvata l'anima non di chi avanza dei meriti o di chi mette sul piatto del giudizio un lingotto d'oro per far pesare la bilancia dalla sua parte, ma viene salvato chi ha bisogno di essere salvato e chiede salvezza al di là dei propri meriti, solo per il fatto di avere bisogno e di aver chiesto pietà; è un Regno dove, alla fine, rientra chi, all'inizio, vi era uscito vergognandosi di se stesso, della propria nudità e del proprio peccato.

Sì, perché l'uomo peccatore dietro al quale erano state chiuse le porte del Paradiso, adesso ha la possibilità di rientrarvi perché quelle porte si spalancano per lui, e solo per lui. Da quel Paradiso, da quel Regno, infatti, qualcuno continuerà a rimanere fuori: vi rimarrà fuori chi insulta il suo Re perché non è uno che pensa a mettersi in salvo nel momento della battaglia; vi rimarrà fuori chi crede di poter avanzare dei diritti nei confronti del Re solo per il fatto di essere un comandante, un ministro, un'autorità religiosa, uno a cui, in definitiva, il Re dovrebbe essere riconoscente solo per il fatto di averlo servito sempre, sin dal primo minuto, senza mai sgarrare di fronte a un suo comando; vi rimarrà fuori chi, nonostante nella vita si sia comportato in maniera pessima e irrispettosa del prossimo - ma comunque libera e secondo le proprie scelte - rubando, ammazzando, maltrattando e usando violenza, alla fine avrà la pretesa di essere salvato perché a lui nessuno, nella vita, ha mai detto di no, nemmeno il Re.

E invece chi, proprio come lui per scelta e liberamente avrà allo stesso modo ammazzato, rubato, maltrattato e usato violenza (e quindi, guai a chiamarlo “buon” ladrone... forse, e ripeto “forse” è solo un ladrone “pentito”...), invece di esigere salvezza e perdono, chiede solo “un ricordo”, chiede solo di essere “ri-cordato”, “riportato al cuore” del Re... ecco, costui “oggi”, ovvero immediatamente, entrerà in Paradiso: là dove non entra chi ha dei meriti, chi avanza pretese nonostante la propria meschinità o chi è disposto a pagare pur di avere il posto migliore, bensì chi ha bisogno di essere ricordato, assistito, curato e salvato, nonostante le proprie malvagità.

A qualcuno non sta bene questo modo di fare del Re? Apra con lui un conto di “dare-avere” e si faccia premiare e retribuire in base ai propri meriti, ma anche - con molta onestà - giudicare e condannare in base alle proprie cattive opere e alla propria mancanza di carità.

Secondo me, non conviene. Meglio stare al proprio posto, consapevoli delle proprie pochezze, e dire al Re queste poche parole: “Ricordati di me”.

 

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