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TESTO L'Amore è più forte della morte!

Paolo De Martino   Home Page

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/11/2022)

Vangelo: Lc 20,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-38

In quel tempo, 27si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Forma breve (Lc 20, 27.34-38):

In quel tempo, disse Gesù ad alcuni8 sadducèi, 27i quali dicono che non c’è risurrezione: 34«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Al termine del suo viaggio, Gesù entra trionfalmente a Gerusalemme e in città si dedica alla predicazione. I sommi sacerdoti e gli scribi cercano un pretesto per farlo arrestare, per questo Gesù è spesso provocato su questioni talvolta oziose.

La controversia è con i Sadducei, l'ala aristocratica dei sacerdoti che non credevano alla resurrezione considerandola un'aggiunta all'autentico insegnamento di Mosè. Concentravano la propria azione nel tempio e nella politica e godevano di poca considerazione presso il popolo (al contrario dei farisei). Profondamente conservatori e tradizionalisti, praticavano una lettura fondamentalista della Torah (il Pentateuco) e proprio perché nella Torah, non c'è la resurrezione quale verità da credere, i sadducei la ritenevano un'idea ridicola. La questione era di attualità, giacché solo dal II secolo a.C. si era diffusa in Israele la fede nella resurrezione personale.

Per mostrare l'assurdità della resurrezione, raccontano a Gesù la storia di una donna che uccide, uno dopo l'altro, i suoi sette mariti.

La legge diceva che «se una vedova è senza figli maschi può essere sposata dal cognato per avere una discendenza» (Dt 25,5). Si trattava del cosiddetto “levirato” (dal latino “levir”, “cognato”), come facilmente si può comprendere da chi era coinvolto in questa norma. Alla base di questa legge c'era il desiderio di dare una continuità alla famiglia e alla stirpe.

La donna, rimasta sette volte vedova senza avere figli, alla resurrezione, di quale dei sette fratelli che l'hanno sposata sarà moglie? Una conclusione che presuppone una visione materiale dell'aldilà.

Il paradosso è introdotto dai sadducei per costringere Gesù a schierarsi con loro contro i farisei che invece sostenevano la resurrezione come dottrina di fede.
Resurrezione

Già: che cos'è la Resurrezione? Difficile da comprendere se anche Pietro, Giacomo e Giovanni, dopo la mistica esperienza della trasfigurazione, scendendo dal Tabor, si chiesero cosa volesse dire: «Non raccontate nulla a nessuno di ciò che avete visto, finché io sia resuscitato dai morti». Amico lettore, se hai qualche dubbio, tranquillo, non sei certo da meno di loro, nonostante duemila anni di fede cristiana.
Balbettamenti

La risposta di Gesù è geniale. Come sempre non risponde ma sposta il problema. Sembra dire: “Volete risolvere una questione che riguardi l'uomo? Guardate a Dio. Se Dio è il Dio dei vivi, dell'amore perché mai dovrebbe abbandonare gli uomini nella morte e condannarli al nulla?”. Gesù «rivela che non una modesta eternità biologica è inscritta nell'uomo ma l'eternità stessa di Dio» (M. Marcolini).

Superando la banale questione dei Sadducei, Gesù dà due risposte.

La prima: inutile proiettare sull'aldilà le categorie di questa vita. La resurrezione sta a questa vita come l'albero al seme o il bambino al feto: la stessa cosa ma tutta un'altra cosa. In realtà non possiamo dire molto, possiamo solo balbettare qualcosa. Usiamo immagini per indicare emozioni, condizioni ma non possiamo dire come sarà. La vita dopo la morte non sarà una riedizione di quella terrestre. La vita nuova sarà nuova per davvero. Attenzione: Gesù non dichiara la fine delle relazioni affettive, perché ciò che nel mondo è valore non avrà mai fine. Solo che non ha senso parlare di matrimonio nell'aldilà perché il matrimonio è una realtà umana. L'amore sarà puro, senza ostacoli, eterno. Il matrimonio non termina con la morte, ma è trasfigurato, sottratto a quei limiti che segnano la vita terrena, come, del resto, non sono dimenticati i vincoli esistenti tra genitori e figli o tra amici. In Dio tutto si comprenderà, tutto si scuserà, tutto ci si perdonerà. L'uomo risorto non è “disumanizzato”.

Gesù utilizza l'immagine degli angeli, per dire che saremo faccia a faccia con Dio, non per dire che gli uomini diventeranno creature incorporee e asessuate. La resurrezione non cancella nulla dell'umanità, la trasforma. L'eternità è questione d'intensità non di durata. La resurrezione cristiana non è né una reincarnazione né un ritorno alla vita con le stesse modalità e lo stesso corpo di prima. In che modo avverrà? Non ha alcuna rilevanza saperlo, perché l'unica cosa che conta è stare con Lui. Tutti i tentativi di spiegazione, fatti attraverso categorie umane, sono inutili.
Amicizia

La seconda risposta: c'è una vita che continua dopo la morte e si fonda sul rapporto di amicizia. «Dio non è dei morti, ma dei viventi» e poi ancora: «Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe». Il nome di Dio s'intreccia con il nome di uomini. Dio ritiene i suoi amici parte di sé. L'amore vince la morte. Il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe (di Paolo ecc.) vive solo se siamo vivi noi. Amico lettore, la tua vita è parte della Sua.

La resurrezione riguarda i vivi, cioè Dio dona all'uomo una qualità di vita così grande, capace di superare la morte. La vita eterna non è un premio che avrà chi si sarà comportato bene ma un "modo di vivere" già il presente. San Paolo dirà: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). La resurrezione riguarda i vivi, e meno male, perché se riguardasse solo i morti, che ce ne faremmo della Pasqua? Amico lettore, sei tu che devi risorgere, ora, da vivo. «Finché sarete vivi, la morte non vi potrà toccare. Nessuno potrà mangiarvi. Se la morte vi trova vivi, non vi toccherà» (dal vangelo apocrifo di Tommaso).

È bene dirlo con chiarezza: comprende la resurrezione solo chi ama. Paradossalmente anche un ateo può credere alla resurrezione. Persone assolutamente distanti dal cristianesimo si chiedono, dopo aver sperimentato l'amore, che senso ha un amore che non sia eterno; “deve” essere eterno. Per chi non fa esperienza dell'amore dato e ricevuto, la resurrezione sarà sempre e solo uno sterile dogma. La persona che amiamo, anche se non c'è fisicamente, è per noi molto più presente di tutti i presenti che ci stanno accanto. Ci sono persone lontanissime ma che per noi sono presenza viva. L'amore rende presenti, non la fisicità. Cristo non è fisicamente presente, ma per noi lo è se abbiamo fatto esperienza del Suo amore. Chi dice di credere solo a quello che vede e tocca, allora non ha mai fatto esperienza dell'amore.

Con l'amore si fa esperienza non tanto del “Dio con noi”, ma del “Dio in noi”. Ecco perché noi non siamo quello che pensiamo di essere: cattivi, peccatori, egoisti. Siamo molto di più, siamo figli adottivi di Dio; la nostra vera natura è ben altra, il problema è che non lo sappiamo. Non dobbiamo costruirci perfetti per conquistarci il Paradiso, ma accogliere il Paradiso qui e ora: «Non entriamo in Paradiso domani, o dopodomani, o fra dieci anni: vi entriamo oggi, quando siamo poveri e crocefissi» (L. Bloy). «Oggi sarai con me in Paradiso», dice Gesù al delinquente accanto a sé in croce. Se oggi il concetto di resurrezione è in crisi, forse è perché si è incapaci di dare un significato alla vita. E tu amico lettore, credi veramente che la morte non sia l'ultima parola? Credi davvero che l'amore di Dio superi la morte?

La bella notizia di questa domenica? E' il nostro vivere oggi che decide il nostro vivere da risorti.

 

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