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TESTO Che sia l'ora di un abito nuovo?

don Angelo Casati   Sulla soglia

II domenica dopo la Dedicazione (Anno C) (30/10/2022)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Leggo la parabola, mi rimangono ombre di inquietudine. Nel tentativo di allontanarle vado a cercare le parabole che precedono, perché è scritto: "riprese a parlare loro in parabole". E mi rimane inquietudine. Mi sono detto che forse interessante sarebbe stato capire dove si trovava Gesù, chi aveva davanti agli occhi e perché la voce gli vibrasse in quel modo, tra tristezza e indignazione. Io sono un po' fissato e, quando leggo le parole di Gesù, forse anche fantasticando, penso a occhi e luoghi. Come non fossero parole rarefatte, buone per ogni circostanza. Mi rimane impigliata la convinzione che il tono della voce, il timbro, risentano da dove sei e da che cosa vedi.

Forse voi ricordate un rincorrersi luminoso di parabole nel capitolo tredicesimo di Matteo. Anche quelle custodivano richiami alla responsabilità, ma era come se rimanesse ingualcibile negli occhi una bellezza, una sorta di incantamento per le immagini: il seminatore al quale proprio non riesce di misurare il seme; la zizzania che sul momento non va estirpata; il granello di senapa con crescite inimmaginabili e un grumo di lievito in mano a una donna che impasta farina. Ebbene parabole da dove? Da una barca. E' scritto: "Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole". Da barca sul lago. E a riva una folla che lo beveva con gli occhi: "Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano". Una sorta di complicità. Aria respirabile.

Vengo alla nostra parabola, all'inquietudine che mi rimane. Dov'era Gesù, chi aveva davanti agli occhi? E' cambiata l'aria. Siamo nel tempio: e davanti agli occhi ha capi di sacerdoti e anziani del popolo. E le pareti non erano lago. Oserei dire, nessuna complicità. L'inizio dice il clima: "Entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: "Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?"". E lui a dire parabole di fiamma, con commenti a dir poco urticanti. Disse loro: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio". E, ancora: "Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti".

Risultato: "Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta". Che differenza tra barca e tempio, tra la folla e le autorità del tempio. Come si ingarbugliano i pensieri: la complicità e l'ostilità. Leggo tracce di complicità nella parabola. Leggo complicità in un Dio che pensa a nozze, vuole che ci siano racconti d'amore. Una festa di nozze è un racconto a più voci - con cibi e vino e danze e canti - della bellezza unica dell'innamorarsi, dello stringersi anima e corpo, del volersi bene. E Dio che chiama regno questa cosa: te la regala come un granello di senapa, come un grumo di lievito. Fa' crescere le nozze, le feste di nozze. Dio ha in mente questa cosa e chiama suo regno questa cosa.

Ci sono quelli che hanno perso la poesia - posso essere io, Gesù sta parlando nel tempio - si incantano per altro: "Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero". Accade quando cambia l'aria e la domanda non è più l'amore, la giustizia, la pace, la libertà, lo sconfinamento della gioia, la salvaguardia della festa per tutti, ma il mio 'io', la mia posizione, il mio conto, il mio tornaconto. Accade allora che si tenti di far tacere quelli che hanno voci diverse... Disturbano.

Uccidiamo, imprigioniamo, tacitiamo. Che non siano visibili, i profeti, e anche i poeti. E sono tante le profezie, tante anche le poesie. Uccidiamo il Profeta. E così monta nella parabola l'inquietudine: "Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città". Reazione dura! "Dovuta": direbbe qualcuno. Altri sentono disagio: già veniamo ogni giorno da visioni di truppe, di uccisi, di città incendiate. La nostra parabola, come altre, ci lascia con domande. Anche perché è sulle labbra di un Rabbi che, di lì a qualche giorno, dalla croce non incenerirà proprio nessuno, dirà parole purissime, incontaminabili. Dirà: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno".

E' l'ora in cui sento l'acqua nuova che gorgoglia e canta, come ne sento la eco in quell'invito rivolto ai servi ad andare ai crocicchi delle strade, a condurre chiunque avessero trovato. Cattivi e buoni, la sala fu colma. Sento acqua nuova in un sala stracolma. "Già" direbbe qualcuno "ma poi fa problema quello senza abito nuziale...". Voi sapete che si sono scritte pagine e pagine, a non finire, per interpretare; e ognuno ne scrive una e poi magari ne escogita un'altra. La mia quest'anno sa di azzardo e, come altre, fiorisce al mattino e avvizzisce la sera. Il pensiero mi è corso a un giorno in cui Gesù parlava di nozze. Poi sconfinò a parlare di vestito e anche di vino.

E disse una parabola: "Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi" ( Lc 5, 36-38). L'innominato della parabola si tiene l'abito vecchio, quando nella sala accade il nuovo. Anche nel tempio accadeva il nuovo, ma c'erano quelli che l'abito vecchio se lo tenevano stretto. Magari un ritaglio di stoffa nuova l'avrebbero anche accettato, ma cambiare abito, cambiare mentalità, cambiare orizzonti, aprirsi al nuovo del Rabbi di Nazaret, questo proprio no.

Mi è rimasta in gola una domanda: "Non è che persistiamo a mettere pezze di stoffa nuova su abiti vecchi? E che non sia l'ora di un abito nuovo, di un otre nuovo?". E che cosa significa questo?

 

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