TESTO Non entravo in una casa, entravo negli occhi
don Angelo Casati Sulla soglia
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VI domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C) (09/10/2022)
Vangelo: Mt 10,40-42
«40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Queste parole che ora abbiamo ascoltato stanno, nel vangelo, a conclusione di un lungo discorso che Gesù rivolge agli apostoli, quasi un promemoria per il loro andare verso città e case. Si accendano le parole del Maestro all'accadere di situazioni nel viaggio e i discepoli non le scordino, sono istruzioni per il cammino. A colpirmi, in prima battuta leggendole, è che le ultime parole del discorso, così come le prime, abbiano come orizzonte l'accoglienza.
Intrigante che si apra e si chiuda così, quasi a dire che la missione che ci è affidata, al di là di strategie e documenti e quant'altro, sta nell'accoglienza, quasi fosse la prima e l'ultima cosa da fare, l'aria da respirare: il clima dell'accoglienza. Se manca l'aria - dico l'aria dell'accoglienza - tutto muore. Chiudere e aprire il capitolo. Anche il capitolo della vita, che si apre quando da un grembo sguscia un frugolo di vita e ci sono mani tenere ad accoglierla e si chiude quando mani affettuose la affidano ad altre mani, sicure e accoglienti, colme di luce e di vita. Accoglienza all'inizio e alla fine.
Gesù non nasconde giorni difficili, divisioni, incomprensioni, ma apre e chiude così. Come se l'accogliere, l'ospitare, fosse iscritto nella tua natura più profonda, indelebile in te. E non sarà anche per questo che sentirti ospitato, ospitato dentro, desta emozioni a non finire, vibrazioni, in te? Non finirò mai di richiamare alla memoria parole a me care di Christian Bobin, saggista e poeta francese; in un suo piccolo libro, "Il Cristo dei papaveri", scrive: "Quando ero invitato da qualche parte, io non entravo in una casa: entravo negli occhi delle persone. Non vedevo il resto". Come fosse la prima cosa da fare, entrare negli occhi. Perché il pericolo è di entrare in tutto il resto, visitare tutto il resto della città e della casa e non visitare gli occhi.
E in questo orizzonte leggo, sempre con sentimenti di tenerezza ma anche con qualche senso di disagio, il racconto, tratto dal primo libro dei Re, il racconto di Elia e della vedova di Sarepta, E' lei a prendersi tutta la nostra tenerezza. Non così, per tanti di noi, in quell'occasione il profeta. Che si affaccia al villaggio non entrando negli occhi della donna, ma pretendendo per sé acqua e pane, non entrandole negli occhi nemmeno dopo che la donna gli avrà raccontato che lei e suo figlio sono allo stremo: quella rispose: "Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo". Elia le disse: "Non temere; va' a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d'Israele: "La farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra"".
Ebbene possiamo credere che Dio abbia messo sulle labbra del profeta le parole che alludevano alla farina nella giara e all'olio nell'orcio, ma molti di noi faticano a credere che Dio gli abbia messo sulle labbra parole che pretendevano una precedenza: "Prima ci sono io, poi tu e tuo figlio". Stiamo vigili quando usiamo parole che disegnano una precedenza. Attenti a qualificarle come parola di Dio. Anche i profeti ne hanno di strada da fare. E noi ancora di più. Ma il cuore ci riporta alla vedova di Sarepta. Era una straniera. Pensate, anche Gesù l'ha visitata con i suoi occhi.
Proprio di lei parlò nella sinagoga di Nazaret quando disse. "Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone" (Lc 4, 25-26). Vedete. a volte ci facciamo un'idea rattrappita di accoglienza, la immaginiamo a senso unico, siamo noi ad accogliere, noi a donare, noi a offrire qualcosa. Ma se gli altri li ospiteremo veramente negli occhi, ci accadrà di riconoscere scorci di verità, di giustizia, di bontà, di bellezza, in chi accogliamo, e spesso proprio nella loro diversità. Gli altri non sono da assimilare, ma da valorizzare.
Pensate, uno scorcio di profezia per Elia fu quella straniera, con i suoi gesti che raccontavano un cuore tenero e, insieme, raccontavano una fiducia inaudita, che aveva dell'inimmaginabile. E non è forse vero che ognuno porta in sé un lembo di giustizia e di profezia? E dunque permettete che, dilatandole, dia anche questo orizzonte alle parole di Gesù: "Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto".
Voi mi capite: accadrà se avrò riconosciuto quel lembo di giustizia, e di profezia che l'altro, bussando alla mia porta, reca con sé. Da ultimo, per finire, vorrei sostare brevemente su una immagine che di certo vi è rimasta nel cuore e racconta tanto, tanto, dell'accoglienza e dell'ospitalità: il bicchiere, un bicchiere di acqua fresca. Una cosa piccola, come la focaccia della donna di Sarepta. Si può essere salvi per una cosa piccola, per le cose piccole di cui è fatta la nostra vita, se a illuminarle è la gratuità, se ad accenderle è il cuore: i dettagli, capite.
"Dio è nei dettagli": ci ricordava, quando era fra noi, Paolo De Benedetti. Anche l'ospitalità, più frequentemente di quanto pensiamo, è nei dettagli, vive di dettagli. E tu con dettagli ospiti angeli. Forse alcuni di voi ricordano come proprio nella sua esortazione alla santità, "Gaudete et exultate", Papa Francesco abbia lasciato un invito alla santità dei dettagli, alla santità dei piccoli particolari, ricordandoci l'attenzione di Gesù ai piccoli particolari, per esempio, "il piccolo particolare di avere un fuocherello pronto e del pesce sulla griglia mentre aspettava i discepoli all'alba" (n.144).
E dove sono i bicchieri, bicchieri comuni, ma colmi di acqua fresca? Spesso guardo la vita da una finestra. Raramente penso a chi ne ha illimpidito i vetri.