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TESTO Commento su Sir 3,19-21.30-31; Sal 67; Eb 12,18-19.22-24; Lc 14,1.7-14

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XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/08/2022)

Vangelo: Sir 3,19-21.30-31; Sal 67; Eb 12,18-19.22-24; Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Nei vangeli vediamo Gesù, più volte, a tavola; la mensa, la tavola, il banchetto, erano e sono forme di comunicazione sociale, personale, religiosa, rituale.

Uno di questi spazi comunicativi, privilegiati da Gesù, era la tavola apparecchiata e un pasto. Per la cultura antica, soprattutto semitica, condividere un pasto, ancor più se in occasioni festose, era una comunione di intenti e di destini.
Condividere il pane era simbolo di una condivisione più profonda, quella degli affetti e degli ideali. Tra coloro che invitavano e coloro che erano invitati si riconosceva simili e affini.
L'usanza di sancire la propria comunanza tramite un pasto fu trasmessa da Gesù ai suoi discepoli. Nelle comunità della Chiesa primitiva il banchetto manteneva la sua valenza esperienziale e conosceva nuovi sviluppi, anche se si rischiava di cadere in forme di ostentazione sociale se pure nella Chiesa, cosa che succede ancora oggi quando andiamo a qualche banchetto post cerimonia in cui le autorità religiose e civili vengono posti a capo dei commensali.
Il testo evangelico odierno è diviso in tre parti: lo scenario (Luca 14,19, l'insegnamento sapienziale (la “parabola”: Luca 14,7 11), l'ammonimento al capo dei farisei (Luca 14,12-14).
In questo brano evangelico, Gesù, invitato a pranzo, osserva con un pizzico di ironia gli invitati, tutti protesi ad occupare i primi posti, e incomincia a sviluppare la sua lezione sull'umiltà. Essa, però non è una semplice esortazione di buon senso e di galateo nei confronti dell'ambizione, dell'arrivismo, della carriera, dell'egoismo; a quelli che lo ascoltano egli vuole indicare la vita che affonda le radici nella fiducia in Dio che ha una distribuzione dei posti ben diversi da quella in vigore nei pranzi ufficiali terreni. Sono gli ultimi, i poveri, quelli che contano meno nella scala di gradimento sociale, a ottenere un trattamento preferenziale.
L'arrivismo, l'orgoglio, l'autosufficienza sono altrettanti ostacoli: la semplicità, l'umiltà, il rispetto della giustizia, sono invece le condizioni ideali per l'ingresso al banchetto; la regola fondamentale del regno di Dio è questa: “chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.
Per quanto riguarda l'atteggiamento sociale, e ciò vale ancora oggi, non ci deve essere “il ritorno”, l'opportunismo del “ut et des”, del dare e avere come socializzazione “...è stato un pranzo ottimo, dovete venire da noi per contraccambiare...” quante volte socialmente la usiamo...
Cristo invita e ognuno noi deve sentirsi invitato per essere contagiato ed educato allo stile dell'amore disinteressato, alla gratuità e dono anziché dal calcolo gretto del nostro tornacontismo.
Amare e essere riamati, basta a riempire la vita, ma solo l'amore che non cerca il contraccambio e la carità, riempiono di speranza e di vita il grande vuoto della terra e del cuore.

DOMANDA
- Come singolo, come coppia, come famiglia, come comunità ci siamo detti: invitiamoli non perché noi ne abbiamo bisogno: bisogno di amici, di gratitudine, di sentirci buoni, ma invitiamoli perché loro ne hanno bisogno?

Claudio Righi

 

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