TESTO Se proteggi il tuo cuore di bambino
don Angelo Casati Sulla soglia
X domenica dopo Pentecoste (Anno C) (14/08/2022)
Vangelo: Lc 18,24b-30
24Quando Gesù lo vide così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. 25È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!». 26Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può essere salvato?». 27Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».
28Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito». 29Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, 30che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».
Indugio sul brano di Luca. Non posso non dirvi che questo sforbiciare brani di vangelo, per come sono fatto, è come togliere loro il colore.
Il brano liturgico inizia con un generico “in quel tempo”: “In quel tempo Gesù disse «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio»”. Così di punto in bianco. Ma dov'era Gesù e che cosa era capitato e che cosa aveva ancora negli occhi? Hanno tagliato il versetto, eccolo “Quando Gesù lo vide così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio»”.
Pensate, c'è di mezzo una persona e una tristezza: sono parole, quelle di Gesù, dopo un dilagare di tristezza negli occhi. Erano per strada. E quello, dagli occhi fatti tristi, chi era? Era, al dire di Luca, uno importante. Importante e ricco. Gli aveva chiesto conto su come ereditare la vita eterna. Certo, osservare i comandamenti! Ma lui li aveva osservati dalla giovinezza. E allora Gesù gli disse: “Vendi... distribuisci ai poveri... vieni e seguimi”. “Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco”. Qui nascono le parole di Gesù: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio”.
Difficile, ma non impossibile, dice Gesù. E infatti di lì a poco - inizio del capitolo successivo - Luca racconterà di un altro uomo ricco: questa volta c'è il nome - e se lo merita - Zaccheo, uno che la salvezza, pensate, gli entra in casa. Non era un immacolato, aveva anche ricchezze di dubbia provenienza, ma non era posseduto dal demone dei beni. E' scritto che una volta in casa, dopo discesa frettolosa dal sicomoro, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto". Gesù gli rispose: "Oggi per questa casa è venuta la salvezza!”.
Storie ad uscio. E in controtendenza.
Ebbene tento una connessione che sa di azzardo, introducendo la categoria del “piccolo”. Zaccheo pubblicano, ricco, ma piccolo, piccolo di statura, ma non solo. L'altro, quello che se ne va triste, è nominato, nel testo greco, come ἄρχων, uno che ha titolo di “primo”, uno che precede, “tutto comincia da me”. E appare in un capitolo, il diciottesimo di Luca, che è, a mio avviso, un memoriale dei piccoli. A cominciare dalla parabola della vedova, una piccola, che chiede giustizia a un giudice; poi la parabola del fariseo che prega, da primo della classe, davanti all'altare, proprio mentre un pubblicano, piccolo - nemmeno osa alzare gli occhi al cielo - a distanza, si batte il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
E, dopo le due parabole, ecco che i discepoli se la prendono con i bambini e Gesù li chiama a sé e dice: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l'accoglie un bambino, non entrerà in esso”. Segue senza cesure: “Un notabile lo interrogò”. Proprio non gli era entrato in testa il discorso su primi e ultimi, sul piccolo che entra nel regno di Dio.
L'illusione vincente, eterna, è quella di farsi primi, importanti, con beni e successi. E tutti a seguire! Ma che cosa è più importante? “Che cosa è più importante” non è così facile dirselo e soprattutto tenerlo custodito nelle pieghe della vita: è avere discernimento?
Io non so, proprio non so, se fosse accaduta a me la domanda di Dio nella notte, come a Salomone: “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda”, che cosa avrei chiesto. Salomone non chiese né lunghi giorni di vita, né ricchezze, né successo sui nemici. Chiese un cuore docile e saggio, capace di discernimento.
A che cosa dare importanza forse non lo abbiamo imparato una volta per tutte. Anche dopo aver seguito a lungo il Signore. Al riguardo è clamoroso come i discepoli, dopo lungo cammino dietro Gesù - è in avvistamento l'ultima tappa - ancora non abbiano capito la lezione dei beni, delle ricchezze e presentino in qualche modo i conti: “Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito». Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà»”.
“Riceverete la vita eterna nel tempo che verrà” lo diciamo spesso, lo dicono spesso i preti. Sembra intrigante invece l'accenno di Gesù al ricevere molto di più “nel tempo presente”. Che cosa ti ritorna nelle mani? Molto di più di quello che hai lasciato. In che senso? E mi si riaffaccia il pensiero del piccolo e del grande.
Se ti senti grande, se aspiri ad avere tutto, ad avere la precedenza su tutti, che cosa ti troverai tra le mani? Forse case, ma non certo aria di casa: aria di scuderia. Moglie, fratello, genitori, figli? No, troverai persone ossequienti, giullari di corte, dipendenti inanimati, chierichetti devoti. A volte si dice “quello sì, ha un séguito”. Ma che séguito è? In verità, il seguito della solitudine, della morte di relazioni di respiro. Tutto, ma il deserto dei sentimenti.
Al contrario, se tu non ti fai grande, se proteggi il tuo cuore di bambino, se non sei pieno di te, se custodisci spazio per fare spazio, troverai case aperte e, a perdita d'occhi, amiche ed amici, e pulsare di incontri e domande spudorate e allegria senza inibizioni, righe sparigliate. Il “di più”, il “molto di più” nel tempo presente.
Il ricordo è troppo personale, ma voi me lo perdonate. Fu il giorno in cui il cardinale Martini mi propose una migrazione: da parroco a Lecco, in faccia a lago e montagne a Milano, la grande città. Ricordo come battesse la luce in quell'ora. Quasi a fugare le mie esitazioni, mi disse: “Là dove andresti, non c'è un metro che è un metro per costruire, ma tu sai che la cosa più importante è costruire relazioni”.
Mi sembrò di ascoltare il “molto di più” del vangelo.