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TESTO E’ il nostro, tempo di profeti

mons. Antonio Riboldi

II Domenica di Avvento (Anno B) (04/12/2005)

Vangelo: Mc 1,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

2Come sta scritto nel profeta Isaia:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

3Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

E' impressionante come tanta gente si affida per cercare il suo "domani" alle varie persone che dicono di conoscere il futuro. Un futuro inesistente che solo Dio conosce. Tante volte queste addirittura hanno la sfrontatezza di definirsi "profeti". Di vero, attuano solo una infame strumentalizzazione della povera gente. La mandano in rovina, questo è il "frutto delle loro profezie!"

E desta meraviglia come tante riviste e giornali si affannino ogni giorno a dare suggerimenti sul nostro domani, affidandosi alla interpretazione degli astri sotto il cui segno siamo nati. E' incredibile, ma vero.

Quando tutti sappiamo che il nostro vero domani è solo nel cuore del Padre, che certamente non si diverte alle nostre spalle.

La Parola di Dio oggi è un inno di gioia dei profeti che a nome di Dio annunziano non un fatto qualsiasi, ma l'evento degli eventi, ossia la venuta tra di noi di Dio, con la nascita di Gesù, Suo Figlio. E ci può essere mai un evento più grande per l'intera umanità, di questo, di sapere, cioè, che Dio è tra di noi, per comunicarci bene, salvezza, anticipando quella gioia che sarà nella eternità?

Così canta il grande profeta Isaia: "Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la schiavitù è finita...Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore, appianate la steppa, la strada per il nostro Dio...Sali su un alto monte tu che rechi liete notizie in Sion: alza la voce con forza tu che rechi liete notizie in Gerusalemme. Alza la voce non temere, annunzia alle città di Giuda: Ecco il vostro Dio!...come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna: porta gli agnellini sul seno e conduce piano piano le pecore malate" (Is. 40,1-11).

E' davvero commovente, per chi è in cerca di Qualcuno che gli doni speranza, l'annunzio che presto gli sarà vicino per colmare di serenità il cuore, che sembra appassire sotto le sferzate della sofferenza, che a volte davvero pare siano destinate a fare morire ogni germe di gioia. Basta guardarci attorno per notare questa sete di serenità del cuore che non può venire dalle creature morte, come sono le cose, ma dall'amore che ha sede in Dio e chiede di trovare posto in noi. E' davvero grande la sete di speranza dell'uomo di oggi. Ci si è troppe volte affidati alle "cose" o ad uomini che molte volte invitano a percorrere strade sbagliate ed alla fine ci siamo trovati "nudi" come Adamo...ma con il Padre che continua a cercarci con la passione del papà "Uomo dove sei?" Troppi inganni impediscono di "sentire Dio che bussa alla nostra porta".

Diceva il Santo Padre, aprendo il Sinodo dei vescovi europei ad ottobre: "Dio bussa alla nostra porta. Noi siamo sordi a Lui, perché le orecchie dei nostri cuori sono talmente piene di tanti rumori del mondo che non possiamo sentire questa silenziosa presenza che bussa alle nostre porte. Riflettiamo, nello stesso momento, se siamo disponibili ad aprire le porte del nostro cuore: o se invece forse questo cuore è pieno di tante altre cose che non c'è più spazio per il Signore e così in questo tempo non abbiamo tempo per il Signore. E così, insensibili e sordi alla sua presenza, pieni di altre cose, non sentiamo l'essenziale. Lui bussa alla porta: ci è vicino e così è vicina la vera gioia, che è più forte di tutte le tristezze del mondo è della nostra vita".

Non fu così al tempo di Giovanni Battista, il messaggero davanti a Dio che prepara la strada a Cristo. "Voce che grida nel deserto: Preparate la Via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri". E Giovanni si presenta "a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Un profeta che era l'immagine dell'asceta, lontano da tutte le vanità del mondo, vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi e si cibava di locuste e miele del deserto. E a lui accorreva la gente della Giudea e di Gerusalemme per farsi "battezzare e perdonare" aprendo così la via al Dio che viene (Mc. 1,1-6).

Oggi siamo noi ad essere inviati ad ascoltare questa voce del deserto; abbiamo ancora orecchie "vuote e cuore aperto" all'amore di Dio e siamo davvero felici nel sapere che Gesù sta facendosi vicino a ciascuno per darci quella pace che Dio dà agli uomini che Egli ama?

O siamo distratti dalle voci di altri "maestri" che predicano ben altro e conducono ad altri deserti... dove la speranza e la gioia sono destinate a morire? Quanta gente, ingannata dalle attese del mondo, è finita in questo deserto di speranza e si definisce dannata.

E' quel deserto creato da "cattivi profeti" che così bene descrive il grande Paolo VI: "La natura umana, di per se stessa perfetta, a lasciarla andare naturalmente, dà luogo ad una manifestazione di perfezione: sono gli altri che rendono cattivi gli uomini - dice un filosofo che presiede nel tempo presente a tutte queste false ideologie. - Gli uomini sono buoni in se stessi. I fanciulli, i ragazzi, tutta la gioventù che cresce per sé è buona; lasciate quindi che si esplichi, lasciatela senza difesa, non le dite niente! Vediamo a che cosa arriva l'espansione di una gioventù, di una umanità lasciata in balìa dei suoi istinti e delle sue tendenze. Va a finire veramente fuori strada ed arriva ad aberrazioni che fanno piangere e fremere. E ancora, contro un errore anche più grave, che si insinua nella nostra pedagogia, nelle nostre abitudini sociali, dichiarando che non è bello il difendere la nostra esperienza dagli stimoli e dall'urto della conoscenza; che occorre vedere tutto, conoscere tutto, provare tutto. Anzi il male stesso, secondo questi, direi criminali maestri, sarebbe benefico. "Fate esperienza del male, altrimenti non avrete la conoscenza della vita" - essi dicono. Va detto che non badano a cosa si profana, che cosa si distrugge, ai dolori che si seminano, ai delitti che si concepiscono...per questa irruzione libera, senza difesa, proclamata, che i nostri divertimenti, la nostra stampa, il nostro costume vanno oramai assumendo" (un discorso di estrema attualità pronunciato dall'allora Card. Montini nel 1959, vescovo a Milano).

Fa riflettere, e molto, almeno quanti desiderano sentire il gusto della santità, di quella luce che si accende nei cuori, quando si fa spazio alla presenza della LUCE, che è GESU'.

Può essere vero che troppi vedono il Natale come "una cosa o una festa da consumismo". Ma così non ha il potere di illuminare il cuore della luce vera che è nella semplicità della grotta di Betlemme.

Torna allora pressante l'invito del profeta: "Consolate, consolate il mio popolo, dice il Signore. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la schiavitù, è stata annientata la sua iniquità... Una voce grida: preparate nel deserto la via del Signore".

Ed un bel modo per lasciare alle spalle voglia di mondanità e aprirsi al desiderio della grotta di Natale, potrebbe essere quello di svuotare il cuore da ciò che è futile egoismo di regali inutili, e farsi prendere dalla voglia di farsi vicino con la solidarietà a quanti soffrono, "portando i nostri doni" come fecero i pastori. Lì, in quei poveri, che sono oggi le tante "grotte" della sofferenza, troveremo Gesù, conosceremo il disagio della mangiatoia ma sarà Lui, proprio Lui, nella sua povertà a farci dono di quella gioia che il mondo tenta di strapparci. Proviamoci...e generosamente.

 

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