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TESTO Ti prego, Dio: fidati di me!

don Alberto Brignoli  

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/07/2022)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Quante volte sentiamo dire - e anche utilizziamo - questa espressione: “Non sono più capace di pregare”. A volte, ci spingiamo anche oltre, e attribuiamo l'inefficacia della nostra preghiera a Colui che ne è il destinatario: “Io prego, a volte prego anche tanto... ma il Signore non mi ascolta”. Sia chiaro: espressioni di questo tipo hanno un loro margine di verità e di significato: spesso sperimentiamo una sorta di aridità spirituale, all'interno della quale la preghiera ci appare come qualcosa di pesante, di difficile da vivere, se non addirittura inutile alla nostra vita. Al punto che poi siamo tentati - e non solo tentati - di farne a meno, di lasciar perdere, per periodi più o meno prolungati, “tant'è, nulla cambia”. Del resto, a chi di noi non è capitato - più o meno frequentemente - di aver chiesto qualcosa a Dio, alla Beata Vergine Maria o ai Santi, magari qualcosa anche di molto importante che occupava i nostri pensieri e preoccupava la nostra mente e il nostro cuore, senza ottenere un'adeguata risposta, o addirittura con il totale silenzio da parte di Dio e della sua “corte”? Ed è ovvio che poi il sentimento che alberga in noi diventa quello dello sconforto e dello smarrimento: già veniamo “snobbati” in molte delle richieste che, nella vita, facciamo alle persone, dai familiari all'ambito lavorativo; ci manca che pure Dio taccia o agisca diversamente da ciò che gli chiediamo. E poi, magari, facciamo pure i confronti con le altre persone, con altri credenti ai quali le cose vanno tutte bene, o peggio ancora vediamo altri, che non pregano, non credono, si comportano come se non ci fosse un domani, come se non ci fosse una vita migliore di questa, come se non ci fosse un Dio che governa il mondo, eppure a loro vanno tutte bene... com'è questa cosa? O qualcuno ce la spiega, oppure qualcuno ci deve insegnare qualcosa riguardo alla preghiera: esiste un modo giusto di pregare? Esiste un modo migliore di un altro per rivolgerci a Dio? Esiste qualcosa di talmente efficace che ci faccia ottenere da lui ciò di cui abbiamo bisogno, senza cadere nello sconforto e nella stanchezza?

Chissà se dietro alla domanda di uno dei suoi discepoli che aveva visto Gesù in preghiera ci fosse proprio questo intento: quello di trovare un modo efficace di pregare, un modo che permettesse a lui e agli altri discepoli di ottenere ciò che chiedevano a Dio. Certamente, c'era una motivazione nella sua richiesta: avere un metodo di preghiera che fosse come un contrassegno, un segnale di identità del gruppo, qualcosa che li contraddistinguesse come discepoli di Gesù. In pratica, lo stesso che Giovanni Battista (dalla cui scuola molti provenivano) aveva fatto con i suoi seguaci: un segno di identità, un certificato di appartenenza. E la risposta di Gesù non si fa attendere, ed è basata su un concetto di fondo, che vediamo espresso bene nelle spiegazioni (quasi delle piccole parabole) che Gesù fornisce ai suoi uditori: la preghiera non deve essere uno strumento con il quale avere la pretesa di ottenere da Dio ciò che gli chiediamo, quasi fosse un distributore automatico di grazie, perché se così fosse rimarremmo subito delusi nel momento in cui ciò che gli chiediamo non va a buon fine. La preghiera è un dialogo con Dio basato sulla fiducia: e la fiducia viene dalla certezza che Dio non è un dispensatore di benefici che si concede a chi più lo prega, ma un Padre che ama i suoi figli, e che sa bene ciò di cui i suoi figli hanno bisogno, prima ancora che glielo chiedano.

Questa cosa, però, devono saperla bene anche i figli, e devono fidarsi di Dio proprio come un figlio si fida di suo padre. Se questo rapporto di fiducia viene meno, vien meno anche il senso della preghiera e di tutto ciò che la accompagna: perché nel contesto della fiducia entrano anche tutti quei momenti della vita di fede - e quindi anche della preghiera - nei quali abbiamo la sensazione di non venire ascoltati o esauditi solamente perché non otteniamo in maniera immediata ciò che abbiamo chiesto a Dio. Ma Dio non è una macchinetta a gettoni che ci eroga ciò che vogliamo; Dio è un Padre che ci dona quello di cui abbiamo bisogno nella misura in cui ci fidiamo di lui. Se Dio è Padre - e lo è veramente - volete forse che ci dia qualcosa che ci possa fare del male o ci possa ferire, come ferisce il morso di un'animale velenoso? Se Dio è un Padre buono - e lo è infinitamente di più di tutti i padri della terra - volete forse che sia incapace di dare cose buone agli uomini, che dai loro padri naturali hanno ricevuto sempre cose buone? Oppure non ci fidiamo del fatto che Dio sa essere più buono e sa amarci di più di quanto ci amino gli uomini?

Ecco che il tema della fiducia diventa fondamentale, anche per la nostra vita di ogni giorno: perché di Dio possiamo e dobbiamo fidarci, ma anche lui deve potersi fidare di noi, altrimenti la preghiera non è più un dialogo, ma una pura richiesta di beni, sulla quale non si può certo basare un rapporto d'amore. Sarebbe come se i figli, in una famiglia, rivolgessero la parola a loro padre o comunque ai loro genitori solo per chiedere soldi o beni materiali, e mai per parlare con loro, per dialogare, per dire loro “Ti voglio bene”, o anche solo per salutarli... sarebbe un rapporto meschino e privo di totale fiducia. Questo significa che pregare Dio non è solo chiedere a lui ciò di cui abbiamo bisogno, ma anche impegnarci a fare in modo che ciò che chiediamo sia basato su un rapporto di fiducia e di amore verso di lui.

E allora dobbiamo poterci impegnare a fare in modo che il suo nome sia santificato, onorato e rispettato come si deve (e non bestemmiato e vituperato come spesso facciamo); dobbiamo poterci impegnare a realizzare qui, sulla terra, la presenza del Regno di Dio; dobbiamo poterci impegnare a fare in modo che a nessuno manchi mai il pane sulla mensa di ogni giorno; dobbiamo poterci impegnare a creare una cultura del perdono e della riconciliazione, nella quale nessun uomo debba sentirsi indebitato con un altro solo per il fatto di aver ricevuto amore e perdono.

Pregare il Padre Nostro, allora, non è solo pronunciare una preghiera che ci contraddistingua come cristiani: è la presa di coscienza che, se di Dio ci possiamo fidare ciecamente come un figlio si fida di suo padre, dobbiamo pure prenderci la responsabilità di creare un mondo in cui Dio possa dire agli uomini “Mi fido di voi”, perché vede che ci amiamo tra di noi come lui ci ama.
Però...un bell'impegno, non c'è che dire!

 

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