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TESTO Commento su Is 63,17

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

I Domenica di Avvento (Anno B) (27/11/2005)

Brano biblico: Is 63,17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Dalla Parola del giorno

Se tu squarciassi i cieli e scendessi!

Come vivere questa Parola?

Quanta nostalgia e umile fiducia trasuda da questa stupenda pagina biblica del profeta Isaia! Un quadro in cui ombre e luci si intrecciano, ma senza che le prime riescano ad offuscare lo splendore delle altre. Il profeta ha ben presenti le continue infedeltà del popolo che vaga lontano dal Signore fino a ridursi a "cosa impura". A fronte gli interventi grandiosi di Dio a favore del suo popolo. Un amore gratuito, non corrisposto, eppure sempre attuale, così che il profeta può alzare ancora il suo sguardo e invocare: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!", Tu che sei "nostro Padre". Un grido che attraversa i tempi e che oggi vuole risuonare sul nostro labbro. La nostra epoca, come quella di Isaia, è attraversata da pesanti contraddizioni. Anche la nostra "giustizia" è spesso "panno immondo". Il giogo del materialismo e della prevaricazione, che abbiamo costruito con le nostre stesse mani, ci opprime. Ne riconosciamo anche l'iniquità, ma ci sentiamo impotenti a scuotercelo di dosso. I nostri interventi spesso non vanno oltre una sterile denuncia. Manca l'altro quadro del dittico: quello che getta una luce di speranza sul nostro squallore. Abbiamo perso la "memoria" delle "mirabilia Dei". Le consideriamo come racconti edificanti, appartenenti a un tempo ormai definitivamente sepolto. Chiamiamo Dio: "Padre", ma senza che questo termine trovi risonanza in noi. Non ci resta che naufragare nella tristezza e nel non-senso. Eppure dentro di noi urge ancora quel grido: diamogli voce. Ritroviamo la capacità di meravigliarci di quanto Dio continua a operare per noi. Proviamo a partire di qui, perché torni a scorrere nel mondo un rivolo di speranza.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, bandirò dal mio cuore ogni forma di scoraggiamento, portando il mio sguardo su quanto Dio va operando in me e intorno a me. Prolungherò, poi, lungo la giornata, questo mio atteggiamento, prestando attenzione ai suoi "passaggi".

Padre, il tuo amore mi precede e mi accompagna in ogni istante. Sono sempre pronto a professarlo con le labbra, ma quanto poco questa consapevolezza vivifica le mie giornate. Spacca, te ne prego, la durezza del mio cuore. Fammi ritrovare lo stupore e la dolcezza di scoprirmi tuo "figlio".

La voce di un certosino

La Misericordia è il movimento della luce nelle tenebre. «La luce splende nelle tenebre». Essa è venuta a illuminarle, ha abbandonato il suo regno per visitarle e riplasmarle secondo l'immagine raggiante di Dio, è venuta perché è l'Amore.
Augustin Guillerand

 

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