TESTO Benedetti da mani ferite
Ascensione del Signore (Anno C) (29/05/2022)
Vangelo: Lc 24,46-53
46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Mi piace molto, e lo trovo in sintonia con quanto l'altra sera si diceva alla condivisione sul vangelo, quello che ascoltavo da don Daniele Simonazzi tempo fa e cioè che il Vangelo secondo Luca inizia con il racconto di una benedizione mancata; e termina invece, come abbiamo appena ascoltato, con l'immagine di Gesù che conduce i suoi discepoli verso Betania e, “alzate le mani, li benedisse”. La prima scena dell'inizio del Vangelo è questa: nel tempio di Gerusalemme ci sono i cortili pieni della folla che aspetta la benedizione di Dio; il sacerdote Zaccaria è entrato nel santuario per fare l'offerta, e dovrebbe uscire per benedire il popolo. Ma nel santuario ha un'esperienza straordinaria della presenza di Dio e quando esce è muto per non aver creduto a quanto Dio stava operando nella sua vita. Quindi non riesce a benedire la folla, perché benedire, ce lo siamo detto tante volte, non è tracciare dei segni di croce nell'aria o sulle persone, ma è DIRE BENE dell'altra o dell'altro. La conclusione del Vangelo è invece quella che abbiamo ascoltato: Gesù benedice i discepoli prima di lasciarli per quella che noi chiamiamo la sua “Ascensione”. La benedizione arriva adesso perché solo ora la vita di Gesù ha raggiunto il suo compimento, la sua pienezza, la sua perfezione, attraverso il dono di sé, della propria vita sulla croce. Ripeto: quando sulla croce Gesù ha trasformato la sua vita in dono, in obbedienza a Dio, ha fatto dono di se stesso, lì Gesù è diventato perfetto e completo e diventa sorgente di benedizione per i discepoli e per noi.
Benedizione e Ascensione non sono nel segno del successo o della vittoria così come il mondo li intende, no. La vita dei discepoli e la nostra sono sotto il segno di una benedizione ricevuta alzando al cielo mani che sono ferite e qui, sempre nell'ottica del condividere quanto la parola suscita nei nostri cuori, mi colpiva molto la domanda che i ragazzi e le ragazze di prima media e che oggi ricevono il Vangelo, facevano sabato scorso proprio su questo Gesù che si stacca dai discepoli e li benedice: lo sapete, è una immagine che a me parla in modo particolare, quella che per il Primo Testamento è una immagine di vittoria (quando Mosè durante la battaglia alzava le mani al cielo gli israeliti vincevano), per noi oggi diventa una immagine che richiama alla non-violenza, al far vedere all'altro che le mani sono alzate non contro il fratello brandendo strumenti di morte ma per ricordarci per sempre che la Pace che Gesù ci ha donato e lasciato come compito è diversa, è un'altra cosa!
Gesù staccandosi dai suoi benedice una chiesa che nasce non sotto il segno della potenza, del trionfo, della dominazione dell'altro, no! La chiesa nasce da un Dio che in Gesù DICE BENE di lei e che prima di tutto la conduce fuori, verso il luogo che per lui ha voluto dire casa, amicizia, relazione, sosta, riposo (Betania) e a questa chiesa lascia l'immagine più vera di Dio. Mi piace molto che sia proprio in questo momento del distacco che avvenga il riconoscimento che porta al prostrarsi, all'inchinarsi; benedetti, lo ricordo ancora una volta, da mani ferite, benedetti dall'amore di Dio, da un Dio che si consegna dicendoci quanto ognuno di noi sia amato da Lui.
Scrivevo all'inizio della benedizione che racchiude in modi diversi tutto il vangelo di Luca, ma l'altra sera notavamo anche che la gioia racchiude il vangelo, quella gioia alla quale l'angelo invita Maria: gioisci, piena di grazia e che dice che quando Dio entra nella nostra vita non può che porla sotto il segno della gioia e della felicità, una gioia che è promessa mantenuta anche quando sembra che Dio esca dalla vita dei discepoli e dalla nostra vita (si staccò da loro). Dapprima la gioia accompagna un momento che Dio stesso ci dice essere molto molto serio ed importante: l'entrare nella vita dell'altro, infine la gioia (tornarono a Gerusalemme con grande gioia) è il risvolto di quanto Gesù ci ha detto e promesso domenica scorsa: prenderò dimora in voi, non vi abbandonerò, non vi lascerò soli, entro per sempre nella vostra vita!
Infine il tema della testimonianza, emergeva dalla condivisione l'altra sera ma anche da quanto la comunità dei discepoli che credono riceve e consegna a noi in questa domenica: di questo voi siete testimoni, dice Gesù e alla fine di una anno di catechismo i ragazzi e le ragazze di seconda media ci aiutano a pregare con un credo che loro stessi hanno pensato di proporci, un Credo che, ascolterete, risponde anche a quanto la vergine Maria ci ha chiesto alle nozze di Cana: fate la Parola che mio Figlio vi dirà!
Noi crediamo in un Dio che ci ama sempre,
anche nei momenti difficili.
Un Dio che ci ascolta, che ci aiuta a vivere ogni momento, a stare bene con gli altri, a metterci in gioco.
Un Dio che non giudica, che perdona
e che ha fiducia e crede in noi.
Un Dio che ci supporta e che ci sostiene
quando abbiamo paura.
Un Dio che ci capisce e ci guida.
Un Dio che lavora per la pace.
Ci impegniamo a seguire le sue parole ogni giorno!