TESTO Commento su Giovanni 14,23-29
Missionari della Via Missionari della Via - Veritas in Caritate
VI Domenica di Pasqua (Anno C) (22/05/2022)
Vangelo: Gv 14,23-29
23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Il Vangelo di questa domenica ci pone una domanda secca: amiamo o no Gesù? Tante volte incontro gente che mi dice di amare il Signore, ma spesso, parlando con loro, mi rendo conto che è un amore spray, amore svuotato di senso e di verità. Gesù ci dice che segno del nostro amore per Lui è osservare la Sua Parola! Come possiamo dunque dire di amare Gesù se non conosciamo e osserviamo la sua Parola? Questa parola chiede di essere accolta da noi.
La nostra relazione con Gesù passa per una nostra libera adesione alla Sua Parola. Il nostro spirito è più profondo dei nostri stati d'animo. Nella parte più intima di noi, nella parte più profonda, lì c'è il luogo dove Dio vuole abitare, Egli vuole una dimora stabile, non vuole una “casa occasionale”. «Il rimanere è la condizione che identifica i discepoli di Gesù. Non sono i più bravi, i più religiosi o i più morali. Sono semplicemente quelli che rimangono presso di Lui e in Lui. Il cristianesimo è sempre così: innanzitutto un incontro, occasione data, assolutamente gratuita. Lo stupore e l'attrattiva dell'incontro stesso sollecitano la libertà a rimanere, a starci a quell'incontro. È in questa convivenza, nel tempo dato a questa convivenza, che lo stupore iniziale e la scoperta crescono, proprio perché le occasioni per stupirsi ancora di quella presenza si moltiplicano» (P. de la Potterie). C'è questo tenere dentro, alcune cose le teniamo strette, certi ricordi di persone care, le cose belle le teniamo forte dentro di noi. Questa è la relazione che Dio vuole con noi, che teniamo qualcosa di bello dentro di noi, che teniamo Lui dentro di noi. Per fare questo è bene domandarci: ma quanto conosciamo la Sacra Scrittura? L'amo veramente? Cerco assiduamente, e non una volta ogni tanto, di leggere e meditare il Vangelo del giorno?
Questo custodire la Parola ci apre al dono da accogliere: il Paràclito colui che ci deve insegnare ogni cosa. È qui occorre tanta umiltà. «Chi insegna sa che se c'è una cosa molto difficile è cercare di insegnare a quelli che credono già di sapere. È più facile insegnare a chi non sa che a chi crede di sapere. Ecco, questo allievo saccente siamo un po' tutti noi... Occorre vivere da discepoli e non da maestri. Il nostro Maestro è il Signore nostro Gesù Cristo. Il nostro Maestro diventa lo Spirito Santo che Gesù Cristo ci manda. E che secondo grazie, secondo luci che mette nella sua Chiesa, nei maestri che ci conducono, nella tradizione cristiana, nella Sacra Scrittura, nella forza dei sacramenti, continuamente ha il compito di insegnarci a vivere daccapo. Se noi ci sclerotizziamo di fronte alle cose, pensando di avere già capito tutto, che tutto quello che facciamo noi è logico, è giusto, il Consolatore non ha niente a che fare con noi. Quando le persone non imparano ormai più nulla di nuovo, quando il loro procedimento non si modifica più, è segno che non c'è spirito di ascolto, che non hanno imparato veramente a dialogare con Dio... Lo Spirito Santo, invece, ci deve insegnare ogni cosa. Ogni istante della nostra vita. Tutto va appreso. Qui si richiede umiltà» (don Fabio Rosini).