TESTO Ha vinto la vita
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (17/04/2022)
Vangelo: Gv 20,1-9
1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Una volta seppellito Gesù nel sepolcro, i vangeli narrano della scoperta della tomba vuota, dell'allarme dato dalle donne e dell'arrivo degli apostoli all'ingresso della tomba. Cosa sia avvenuto nel frattempo fra la sepoltura e la sensazionale scoperta, non è descritto dai vangeli. Vi sono documenti poco accreditati che riportano eventi fantasiosi che sarebbero avvenuti quella notte fra il secondo e il terzo giorno, ma nulla si racconta di preciso e di veritiero. Si parla solamente del rinvenimento della tomba vuota, del masso possente che è stato ribaltato, delle bende trovate sul pavimento del sepolcro, delle apparizioni di Gesù che si manifesta glorioso e invitto prima a singoli, poi e gruppi e poi a oltre 500 persone (1 Cor 15, 16). E si parla soprattutto della testimonianza di Pietro e degli apostoli, che non può essere disattesa e smentita: credevano che con la crocifissione tutto fosse finito, che il loro maestro avesse mancato l'obiettivo che si era prefisso, che non sarebbe riuscito nel suo intento di risollevare le sorti di Israele (Lc 24, 21 - 22), ma quello che hanno visto con i loro occhi ha imposto che cambiassero opinione e che avessero ragioni di speranza. Il Messia doveva necessariamente affrontare la morte per poi risuscitare. Di questo gli apostoli saranno testimoni oculari e il loro annuncio si è protratto fino ai nostri giorni ed è adesso il culmine della nostra fede: Gesù Cristo è risuscitato dai morti. Indirettamente lo provano i dati appena esposti, ma a darcene ragione è l'adesione libera, spontanea e disinvolta del cuore che accoglie per certo ciò che testimoni credibili annunciano senza risparmiarsi. Appunto la fede, che deriva dall'annuncio apostolico che ha percorso il mondo (Rm 10, 17), ci educe definitivamente su questo evento importantissimo e determinante, senza precedenti. Se Cristo non fosse risuscitato, oggi sarebbe inane e ridicola la fede di tanta gente che continua a sperare in lui, sarebbe inutile la nostra stessa presenza nelle chiese, illogiche parecchie attività anche sociali realizzate nel suo nome. Scrive Paolo: “Se Cristo non è risuscitato, vana è la nostra predicazione, vana è la vostra fede”( 1 Cor 15, 14); il fatto stesso che la fede comunque persista nell'animo di tanti ci suggerisce che Gesù è davvero risorto e soprattutto in questo caso “il cuore ha delle ragioni che la ragione non comprende”(Pascal).
Credere è aderire, ma anche vivere. Credere che Gesù Cristo sia risorto dai morti vuol dire scegliere la vita per sempre; la fede nella resurrezione è garanzia di vita piena al presente, apporta risorse appaganti di realizzazione e criteri di innovazione nel nostro quotidiano e dischiude le porte dell'eternità. Che Gesù Cristo sia risorto non vuol dire infatti che un cadavere umano si è riabilitato, ma che Colui che aveva mostrato la sua messianicità e la sua magnificenza attraverso opere di misericordia per poi accettare di morire sulla croce, adesso trionfa definitivamente sul male e sulla morte. Gesù esce dal sepolcro deliberatamente e con assoluta padronanza, il buio e il masso del sepolcro non gli sono di ostacolo, non è asservito a insufficiente o debolezze fisiche e appare anzi a tutti nel suo corpo ormai glorificato e perfetto, sebbene ancora recante il segno di ferita dei chiodi e del costato, effonde lo Spirito Santo (Gv 20, 25 e ss) e si intrattiene con in suoi senza che in lui resti più alcuna traccia della sopraffazione della morte. E' anzi lui che, risorto, definisce una volta per tutte che “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà. E chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.”(Gv 11, 25 - 26).
Gesù quindi con la sua resurrezione da' la vita a chiunque crede in lui. Confidando nella sua parola, nel suo messaggio e adottando in lui un nuovo criterio di vita che in fin dei conti è conforme alle comuni aspettative della vita umana. La proposta evangelica di vita coincide infatti con la qualità di vita che in ogni ambito si procaccia, garantisce tutte quelle aspettative e tutti quei valori che gli uomini di fatto, anche inconsapevolmente, cercano come strutturazione della propria vita. In sintesi, che Gesù sia risorto è prova che il vivere in Cristo è risolutivo per la vita dell'uomo e che nel Vangelo l'uomo non perde ma recupera appieno se stesso.
Nell'adesione a Gesù si cerca la vita per non vivere da morti la vita, in preda alle illusioni e alle effimeratezze che ci seducono a volte sotto mentite spoglie di realizzazione. Gesù è la risposta risolutiva al dolore e allo strazio della guerra, la consolazione nella prova e nel dolore, il coraggio nell'avvilimento, la fiducia nell'esitazione.
La resurrezione, già preannunciata nel ritorno alla vita dell'amico Lazzaro (Gv 11) è promessa di vita eterna, per la quale anche al termine del nostro pellegrinaggio terreno vivremo per sempre. Le parole del Risorto ci ragguagliano infatti che ci attende una patria nei cieli oltre alla patria celeste che siamo chiamati a costruire nella vita presente e che siamo destinati non alla putredine del corpo ma all'eternità.
Con la vittoria di Gesù sulla morte confidiamo che abbiano fine tutte le forme di morte che minacciano la nostra convivenza attuale, prima fra tutte la guerra e l'orrore raccapricciante che turba la serenità del mondo intero. La pace che Gesù risorto porterà ai suoi discepoli riuniti nel cenacolo (Gv 20) possa avere un riverbero nelle situazioni di conflitto armato che minano la nostra tranquillità attuale; che sia pace consolidata dai valori, duratura, motivata e fondata sull'amore mutuo fra i singoli e fra le varie nazioni, per cui si possano evitare ulteriori scenari di odio e di violenza che costringono la cronaca a contare innumerevoli cadaveri e dispersi. La pace sia anche recupero di convivenza adeguata anche con la soluzione definitiva al problema ancora dilagante del coronavirus, per un ritorno alla normalità nella quale possiamo vivere di amore e di solidarità.
BUONA PASQUA A TUTTI