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TESTO Fino alla fine

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

Giovedì Santo (Messa in Cena Domini) (14/04/2022)

Vangelo: Gv 13,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Quando ci si innamora di qualcuno, tutto inizia con uno sguardo, solitamente negli occhi - se si riesce a reggerne l'intensità - ma certamente in volto. Poi, a poco a poco, si scopre tutto ciò che l'altro ha da donare, nel corpo - e la lettura, o meglio la contemplazione, del Cantico dei Cantici che abbiamo fatto in comunità in questa Quaresima ci ha insegnato cosa significhi questo - ma anche e soprattutto nell'anima.

E da lì, si arriva fino in fondo, fino al punto più profondo della persona, “fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, scrutando i sentimenti e i pensieri del cuore”, per citare un famoso versetto della Lettera agli Ebrei. L'amore, quando ti prende, ti perfora la vita, come una trivella: ma non lo fa come quando si va alla ricerca spasmodica di idrocarburi e di risorse con le quali rendersi “autonomi” (che poi è tutto da vedere cosa significhi autonomi) in situazioni drammatiche come quelle che stiamo vivendo ora a causa della guerra; lo fa per l'esatto contrario, ovvero perché sentiamo sempre di più fame e sete di lui, perché l'amore è l'unico alimento del quale, nutrendoci, non siamo mai sazi abbastanza. Più ne assaggi, e più ne vorresti mangiare: ed è difficile farne indigestione, perché si assimila in maniera talmente immediata e si consuma in maniera altrettanto rapida che subito senti la necessità di cibartene di nuovo.

Certo, non è una cosa automatica, e non è acquisita una volta per sempre: il tempo, inesorabile e sfuggente nemico della nostra esistenza, quando con il suo scorrere ci attacca, è capace di portarsi via tutto ciò che ci appartiene, anche l'amore. Per questo, non basta amare o lasciarsi amare una volta per tutte: una volta che si è accesa la scintilla dell'amore nel cuore, bisogna lasciarla ardere fino a che si consuma e ci consuma. Ovvero, fino alla fine.

E “fino alla fine” significa davvero “fino alla fine”. Fino alla fine delle nostre giornate, in ogni ora e in ogni momento, e non solo quando fa piacere e dà piacere, perché l'amore non è un fatto di ore e di minuti. Fino alla fine delle nostre attività, perché non possiamo amare ciò che facciamo solo finché è bello, ci piace e ci gratifica, ma anche quando costa fatica e ci sentiamo stanchi. Fino alla fine dei nostri giorni: perché l'amore di un corpo giovane, sensuale e prestante nutre certamente il desiderio, ma dobbiamo amare anche quando le rughe che ci solcano, le piaghe che non si chiudono, le vene che si frantumano e i lividi che ci marchiano non sono proprio un bel vedere. Fino alla fine delle nostre risorse: economiche, intellettuali e morali. Perché - lo sappiamo bene - molti amano “finché c'è il Dio soldo”, altri “finché riusciamo a sopportarci”, altri ancora ”finché capisco quel che faccio”. Ma, ahimè, i soldi finiscono, la mente si inceppa e la bontà d'animo si affievolisce, e riuscire anche solo a rispettarsi diventa un'impresa.

E l'impresa è proprio quella di “amare fino alla fine”: e se la storia d'amore inizia con uno sguardo negli occhi, o certamente in volto, deve passare lungo la magnificenza e la sensualità dell'anima e del corpo per poi terminare in un catino pieno d'acqua dove lavare i piedi gli uni agli altri. Quei piedi che sono l'ultima cosa che guardiamo nell'altro e che sono pure l'ultima cosa che ci parlerà dell'altro: perché sono la sua storia, la fatica che l'altro ha sopportato, il peso del corpo che ha sostenuto, la strada che ha percorso. E sono l'ultima parte del suo corpo che si muoverà, perché quando i nostri piedi si fermeranno, inizierà a fermarsi anche la nostra storia.

Ecco perché non era necessario - come invece voleva Pietro - che Gesù lavasse ai suoi discepoli anche le mani e il capo: per amare fino alla fine era sufficiente lavare ciò che, fino alla fine, scandirà i passi dei discepoli lungo le strade della storia. E non finisce lì, perché Gesù - servo dei servi - lava i piedi ai suoi discepoli, ma non permetterà a loro di fare altrettanto con lui. E per essere sicuro che non ricambino il favore a lui - perché l'amore non si aspetta alcuna ricompensa - se li farà inchiodare alla croce.

Lui, i piedi, se li era già lasciati lavare: dalle lacrime di una donna, che gli altri definivano “una peccatrice”, ma della quale egli disse “ha molto amato”.

E speriamo che lo abbia fatto come Gesù: fino alla fine.

 

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