TESTO Non solo perdonare i nemici, ma anche amarli
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/02/2022)
Vangelo: Lc 6,27-38
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «27A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.
29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Il “discorso della pianura” di cui abbiamo preso visione la settimana scorsa ci dimostra come Dio capovolga tutte le aspettative propriamente terrene per inculcare una cultura del tutto differente dell'essere e dell'agire. Proseguendo adesso lo stesso discorso che ispira sapienza divina, tale capovolgimento di prospettiva diventa addirittura inaudito e paradossale: Gesù ci invita a perdonare coloro che ci fanno del male, a non covare sentimenti di vendetta e di odio, a rispondere al male facendo il bene. Anzi, ci propone come arma risolutiva contro la malvagità e il torto propinatoci dagli altri l'amore e la generosità. Considerando il solo aspetto umano, questo non può che risultare impensabile, illogico e assurdo perché nessuno immaginerebbe in alcun modo di perdonare le offese altrui, soprattutto i torti subiti nella forma più grave ed esasperante: come perdonare coloro che hanno ucciso mio figlio, mia mamma? Come non serbare rancore verso chi mi ha messo in una situazione di disagio o di smarrimento, come estinguere sentimenti di rivalsa nei confronti di chi mi ha sfruttato, vilipeso e umiliato? In determinati casi, è possibile superare sentimenti di vendetta o di rivalsa, rinunciare alle proprie esternazioni di rancore esasperato e in certi casi rari (sempre umanamente parlando) è anche possibile perdonare. Ma fare del bene o addirittura amare coloro che ci hanno gravemente lenito, questo è improponibile. Voler bene a chi ci ha fatto male è umanamente inaccettabile.
Umanamente. Fin quando consideriamo il solo aspetto nostrano di pensiero e la nostra concezione di vita. Se però ci collochiamo dalla parte di Dio, soprattutto di quel Dio capace di esperienza umana fino in fondo, allora tutto diventa possibile per noi. Perdonare i propri nemici non basta, occorre anche nutrire amore nei loro confronti; superare sentimenti di ostilità e di vendetta non è sufficiente, ma è necessario fare del bene a chi ci fa del male per non restare intrappolati nella mediocrità e nella limitatezza, questo insegna il Figlio di Dio che ha vissuto da uomo.
Solamente Gesù poteva insegnarci tanto eroismo, che forse non ha eguali in altri personaggi al di fuori del cristianesimo. Certamente anche fuori dai nostri ambiti c'è chi ci insegna ad amare il prossimo fastidioso, a perdonare chi ci ha fatto del male e a non coltivare sentimenti di rivalsa, e si tratta certamente di pedagogie molto lodevoli e rispettabili, che contengono sapienza e consiglio divini; ciononostante tali moniti sono sempre finalizzati a un certo interesse, a una finalità o comunque non raggiungono mai l'intensità profonda propria dell'amore di Gesù verso nemici e avversari. Buddha diceva “Perdona sempre agli altri; non perché loro lo meritino, ma perché tu meriti la pace”; Oscar Wilde “Perdona i tuoi nemici, nulla li fa arrabbiare di più”; Marco Aurelio invitava a una certa benevolenza verso coloro dai quali abbiamo subito dei torti o delle offese. Kennedi diceva “Perdona i tuoi nemici, ma non dimenticare mai i loro nomi”, Gandhi insegnava che il perdono è la virtù del coraggioso e non del codardo. Il giovane pastorello Davide del quale ci parla la Prima Lettura, perseguitato e oltraggiato dal re Saul che vorrebbe mandarlo a morte, pur avendo possibilità di disfarsi del suo nemico, rinuncia a stendere la propria mano contro “il consacrato del Signore”(appunto Saul), rivelando una carica umana disarmante che è propria della stirpa che farà capolino sulla persona stessa di Gesù di Nazareth.
Tutti insegnamenti preziosi ed eloquenti, ma solamente Gesù ci parla in modo assai risoluto del perdono unito all'amore sincero e disinteressato verso coloro che ci hanno fatto del male; amore che non soltanto dimentica il male fattoci dal nemico, ma che ci invita a trattare il nemico come un fratello e addirittura come un altro me stesso. L'amore verso il nemico è quello per il quale lo stesso concetto di nemico diventa inesistente e l'avversario diventa semplicemente un “altro” da ricondurre alla comunione con me e al quale dover tentare di riconciliarci. Esso diventa un fratello da riconquistare attraverso l'arma del bene, usando nei suoi confronti misericordia nella misura in cui questi ci ha usato cattiveria. E tutto questo è racchiuso nei moniti semplici ma categorici dell'amore concreto ed effettivo: “Fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra. A chi ti chiede il proprio mantello, non rifiutare anche la tunica.”
Si tratta di un atteggiamento indiscutibilmente eroico e straordinario, che non trova pari in altre pedagogie sull'amore, perché invita ciascuno di noi a prescindere dalle umane debolezze, a considerare le cattiverie altrui fondamentalmente come bisogni e necessità e a recare agli alti ciò che è proprio di Dio. Amare i propri nemici con questa peculiare intensità infatti è proprio di Gesù in quanto Questi è vero Dio e vero uomo, Verbo fatto carne che palesa già fin d'ora il suo amore incondizionato verso coloro che lo perseguitano e successivamente perdonerà a coloro che lo oltraggeranno e finalmente lo metteranno in croce. Anzi, il patibolo stesso sarà l'elemento portante dell'amore riconciliante con tutti i nemici. Come diceva anche Giovanni Paolo II, occorre sentirsi perdonati per essere in grado di perdonare ma questa consapevolezza ci deriva da Dio stesso che per primo ci ha amati e riconciliati con sé e nella misura in cui comprendiamo di essere stati accolti così come siamo, nei nostri limiti, imperfezioni e debolezze, nella misura in cui comprendiamo che il perdono di Dio è sempre immeritato, così saremo capaci di perdonare coloro che ci perseguitano e non solo, anche di amarli così come sono.
Replicare alla violenza con altrettanta violenza, corrispondere all'odio altrettanto odio e fomentare ritorsioni e inimicizie apporterà squilibrio interiore, insoddisfazione e indicibile sofferenza lesiva per noi stessi; per dirla con Confucio: “Chi non perdona agli altri, abbatte il ponte sul quale dovrebbe passare lui stesso. Rinunciare alle proprie vendette e astenerci dalle cattiverie verso gli altri vincendo il male facendo il bene guadagna sempre la ricompensa di Dio e intanto la serenità in noi stessi che è necessaria per vedere negli altri coloro che hanno i nostri stessi diritti.