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TESTO Commento su Sir 27,5-8; Sal 91; 1Cor 15,54-58; Lc 6,39-45

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VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/02/2022)

Vangelo: Sir 27,5-8; Sal 91; 1Cor 15,54-58; Lc 6,39-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù 39disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

41Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

L'ufficio delle letture di questa domenica consentono di dare al nostro comportamento un duplice giudizio: uno ottimistico l'altro negativo, perché gravido di un indubbio pessimismo.
Il cristiano è chiamato a vivere secondo il vangelo, e pertanto deve preoccuparsi, prima di tutto, della rettitudine dell propria anima, se si desidera aiutare il suo prossimo a vivere secondo il vangelo. Mettere i propri piedi sulle orme di Cristo è indispensabile per avere una chiara conoscenza delle proprie carenze e, da ciò illuminati, fare in modo che, ai discorsi corrisponda una coerenza di vita vissuta. Se manca questa coerenza le parole dei nostri discorsi sono prive di forza, inconsistenti e inconvenienti. Dio non si compiace delle promesse da marinaio e tanto meno dei proclami pre elettorali. Per Cristo, l'unica parola degna di essere vissuta è quella dell'obbedienza: fare la volontà del Padre, secondo le sue indicazioni, lo stesso vale per noi.
Le nostre preghiere, le nostre parole chi rivolgiamo a Dio, sono accettabili sole se anche noi abbiamo veramente accettato le sue. Allora soltanto il nostro impegno può dare buono frutti di carità inducendo la conversione nostra personale e della comunità a cui apparteniamo.
Lo sguardo che il Siracide ha dell'uomo è piuttosto severo, e, in parte, lo è anche quello di Cristo, nel ricorso del luogo “ pianeggiante”. Per il Siracide le parole umane rivelano la personalità di chi le pronuncia. Troppo spesso sono parole di propaganda, da non senso, e ci accorgiamo di parlare la stessa lingua ma di non capirci perché “ quando si agita un vaglio, restano i rifiuti” oppure come dice il vangelo: un cieco non può guidare un altro cieco, o chi ha una trave nell'occhio e opportuno che rimuova la trave dal suo occhi e poi la pagliuzza dagli occhi altrui. Ce ci fermassimo qui dovremmo concludere: “siamo messi male, siamo spacciati, non siamo che dei poveri uomini”. San Paolo, al contrario di Ben Sirach, guarda all'uomo redentore ne dà un giudizio positivo, nonostante siano presenti i segni di corruzione, di morte e di peccato. Tuttavia in questo corpo mortale sono presenti anche i germi di immortalità di incorruttibilità grazie al figlio di Dio, Gesù Cristo. È da una vittoria che nasce da una sconfitta, la risurrezione dalla morte in croce, che viene cambiata la realtà profonda dell'uomo.
Nonostante le apparenze, le due letture non sono in contraddizione tra loro. L'uomo, se si fa aiutare dalla Sapienza, presente al momento della sua creazione può rendersi conto di chi è immagine; se si affida a Cristo sa come deve essere il figlio del Regno. Così facendo scopre che bocca, cuore e occhio porta a una realtà armonica che sfocia nella vocazione divina. Non ci resta che dire: “ Apri, Signore, il nostro cuore a comprendere le parole del Figlio tuo”.
Le parole del Figlio di Dio ci dicono di non essere terribili nel giudicare i nostri fratelli. e ci invitta a non guardare la pagliuzza nell'occhio del fratello, dimenticando che nel nostro occhio c'è una trave, che inevitabilmente ci porta a giudicare in base a criteri deformati dall'egoismo e dall'ignoranza, terribile binomio che produce solamente frutti cattivi questo contrariamente a quanto avviene nell'uomo misericordioso che dal suo cuore, il suo segreto, trae fuori il bene, la carità che non ha mai fine.

Revisione di vita
- Ci siamo mai chiesti quelle è la qualità del nostro cuore?
- Tentiamo con perseveranza di toglierci dall'occhi la trave che fingiamo di ignorare?
- Quante volte ti sei sentito cieco e non ti sei fermato a dire a chi di dovere Guariscimi

Signore?

Marinella ed Efisio di Cagliari.

 

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