TESTO Al termine del cammino
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
IV Domenica di Avvento (Anno C) (19/12/2021)
Vangelo: Lc 1,39-45
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
E così, il nostro cammino di Avvento volge al termine: intravediamo la meta del nostro camminare, e in prossimità del Natale siamo accolti tra le braccia di un'anziana madre, Elisabetta, anziana che diviene madre, e madre benché anziana. Ci accoglie tra le sue braccia come ha accolto un'altra madre, giovane, fin troppo giovane, Maria, poco più che ragazzina, divenuta madre in circostanze particolari, umanamente poco chiare e anche un po' chiacchierate.
Nel cammino di Maria verso la casa di Zaccaria e verso l'abbraccio di Elisabetta c'è il nostro stesso cammino, il cammino fatto in questo tempo di Avvento, ma più in generale il cammino della nostra vita. Un cammino non facile, perché anche noi, come Maria, ci sentiamo spesso impreparati di fronte a ciò che nella vita ci accade: e, come fu per Maria, non sempre ciò che ci accade è fonte di entusiasmo e di gioia. Certo, la gioia di diventare madre, la gioia di una nuova vita che viene al mondo, ma che porta con sé il chiacchiericcio della gente e i dubbi di un fidanzato chiamato a diventare padre senza esserlo veramente; e poi le domande riguardanti il senso di un saluto come quello ricevuto dall'angelo... cose che frullano nel cervello di una donna poco più che adolescente chiamata a diventare la madre del Figlio dell'Altissimo.
Come quando noi ci lasciamo entusiasmare dalle cose della vita, anche dalla vita di fede, e poi ci accorgiamo di essere pieni di dubbi, di domande, di incertezze. Ci chiediamo cosa vuole Dio da noi, se quello che facciamo e che ci accade nella vita è proprio ciò che egli ha pensato e voluto per noi... e nel frattempo, non ci fermiamo, continuiamo a camminare, ci mettiamo in viaggio verso chi - almeno così crediamo - ha bisogno di noi, fa fatica più di noi, ha bisogno del nostro sostegno.
E allora, avanti, in questo cammino, compiuto attraverso strade non certo comode, come fece Maria, del resto, che invece di scendere in Giudea lungo la via del mare, leggermente più lunga ma di certo più lineare, più piana, e maggiormente adatta alla sua condizione, sceglie di andare in fretta “verso la regione montuosa”: certo, la distanza è minore, ma sono pur sempre 150 chilometri in mezzo alle montagne, tra continui saliscendi, passando per sentieri e anfratti dove essere assaliti è la cosa più verosimile, dove per questo e altri motivi di gente ne passa poca, senza dimenticare che l'adolescente Maria è alle prime settimane della sua prima gravidanza... eppure lei passa di lì, come se facesse di tutto per mettersi nei guai; cosa che noi facciamo con frequenza, a volte in maniera consapevole, a volte in maniera inconscia ma comunque spesso incuranti degli avvertimenti degli altri, di chi le strade tortuose di montagna le conosce bene, di chi ci viene messo sulla strada per ammonirci e per esortarci a “spianare la strada”, a “colmare i burroni”, ad “appianare i colli”... Ma noi siamo così: pur di fare le cose di fretta, pur di finire tutto e subito quello che abbiamo in testa di fare, pur di fare di testa nostra, siamo anche disposti a metterci nei guai.
Anche se, alla fine, va tutto bene e giungiamo a destinazione: e lì, ci attende l'abbraccio accogliente e affettuoso di un'anziana madre, di un'anziana che diviene madre, di una donna che diviene madre benché anziana, dalla quale siamo accorsi perché abbiamo saputo di lei e siamo convinti che possa avere bisogno di noi, per poi scoprire che siamo noi a ricevere da lei ciò di cui abbiamo bisogno.
Un abbraccio, solo quello: ma un abbraccio che ci fa sentire a casa, che ci dona gioia, che ci trasmette gioia e voglia di vivere, come quella del “bambino che ha sussultato di gioia” nel grembo di Elisabetta; Elisabetta, figura e immagine della Chiesa, nostra anziana madre, da tutti ritenuta sterile e incapace ormai di dire cose sensate al mondo, da tutti ritenuta vecchia, ammuffita, rattrappita e retrograda, eppure, nonostante tutto, capace di generare vita, capace di rigenerarsi, capace di portare dentro di sé una “voce che grida nel deserto”, come spesso è la voce della Chiesa, anziana donna per tutti sterile e ormai prossima alla fine, ma forse ancora l'unica, in ogni angolo della terra, a gridare, anche se spesso inascoltata, contro i potenti della terra, abituati a portare in grembo strumenti di morte.
È lei che ci accoglie al termine di questo cammino; è lei che nonostante i suoi acciacchi ci invita a non perdere la speranza; è lei, capace di abbracciarci e di gioire con noi per le cose belle che ci portiamo dentro nonostante le fatiche del cammino della vita.
Terminiamolo così, il nostro cammino di Avvento, teneramente abbracciati da una madre che, affaticata dal peso degli anni ma carica della gerla dell'esperienza, ci accoglie nella sua casa, dove ci possiamo sedere, riposare, fermare un po' con lei.
Non saranno tre mesi, come per Maria in casa di Zaccaria ed Elisabetta. Sono pochi giorni, per noi, quelli che ci separano dal Natale: godiamoceli nella bellezza del silenzio, nel calore della nostra casa, nella dolcezza di stare insieme alle persone che ci abbracciano e che ci vogliono bene, nella meditazione dell'unica Parola capace di parlarci ancora di vita.
Forse, questo ci permetterà, come fu per Maria, di sentirci chiamare “beati” per aver creduto in Dio; forse, anche noi riusciremo, sia pur affaticati dal viaggio, a gridare, con gioia, “L'anima mia magnifica il Signore”.