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TESTO Destino e predestino

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2021)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

In quel tempo, 26l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Ci sono cose della vita - cose che ci accadono - che ci fanno esclamare: “Si vede che era destino così”. In particolare, le sventure, le cose brutte: ma non solo. Chiamiamo “destino” le disgrazie che accadono spesso in maniera inattesa, oppure le cose che avvengono attraverso una concatenazione improbabile di cause e di effetti, ma anche situazioni piacevoli avvenute in maniera del tutto fortuita e occasionale che a volte sembrano proprio calzare a pennello sulla vita di una persona. In genere, ciò che accomuna le situazioni che noi riteniamo soggette a un “destino” è il fatto che avvengono in maniera inattesa, improvvisa o del tutto eccezionale rispetto a come le si era ipotizzate o immaginate. E questo ci porta a pensare al destino come a qualcosa di inevitabile, di ineluttabile, a qualcosa che ci sovrasta, che determina la nostra vita dal momento in cui veniamo al mondo e che ci incammina verso la meta finale del cammino della nostra vita, rispetto alla quale... c'è ben poco da fare. Insomma: il destino non lo cambi. Ci sei soggetto, e punto.

Se così fosse, tuttavia, ci sarebbe ben poco spazio per la libertà personale e per le scelte che ognuno di noi fa nella vita. Come potremmo sentirci liberi di scegliere qualsiasi cosa, se poi questa scelta si rivela contraria a ciò che il destino ha già scelto e stabilito per noi? Con quali sentimenti potremmo vivere una vita che sappiamo già destinata a svolgersi e a terminare in una determinata maniera, senza possibilità da parte nostra di cambiare, anche solo parzialmente, il nostro destino? Il destino sarà pure un vento travolgente che soffia sulla nostra barca mentre navighiamo nel “mare magnum” della vita, ma di certo abbiamo anche la possibilità di orientare le nostre vele perché la nostra imbarcazione possa prendere una direzione piuttosto che un'altra. E quindi, una parte di destino - non c'è che dire - ce la costruiamo pure noi con le nostre mani.

L'uomo dell'Antico Testamento sapeva bene questo, quando ha iniziato a tramandare prima oralmente e poi a trascrivere la narrazione della creazione del mondo e dell'umanità. Dio aveva creato tutte le cose in maniera perfetta e molto buona, e aveva affidato tutto quanto all'uomo perché l'uomo ne prendesse possesso e vi esercitasse il dominio. Un glorioso destino di vita immortale di fronte al quale era praticamente impossibile pensare che qualcosa potesse andare storto. Sennonché, ciò che era destinato ad andare bene, a sembrare cosa buona e perfetta in totale e perenne armonia tra l'uomo e il cosmo, ha una battuta d'arresto, si inceppa, trova un intralcio nel suo meccanismo perfetto, e quel destino gioioso e glorioso crolla miseramente sotto i colpi del più bello e anche dei più terribili doni di Dio all'umanità: la libertà. La libertà di scegliere come orientare il nostro destino: o lungo la via del bene, o lungo la via del male. E stando al racconto di Genesi, sappiamo bene come va a finire.

Però, pare impossibile che Dio lasci correre tutto quanto così, senza porvi rimedio; pare davvero fortemente improbabile che Dio rimanga soggetto all'ineluttabile e inevitabile potere della libertà umana, che può addirittura scegliere di voler essere “come Dio”! Che Dio sarebbe, questo? Che Dio ci avrebbe creati, se insieme al dono di tutto il creato e della libertà avesse pure donato all'uomo la possibilità di scrivere definitivamente la parola “fine” sulla sua esistenza e sulla sua presenza nella storia, senza cercare di cambiare le sorti di questa vicenda?

Certo, Dio vi ha posto rimedio, e lo sappiamo per la fede in Gesù Cristo, figlio di quell'umanità con il calcagno dei piedi avvolto e assediato dal male, ma soprattutto figlio di quel Dio che ci ha creati, ci ha lasciati liberi di costruire il nostro destino, ma ci anche “scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo...predestinati anche a essere lode della sua gloria”. Paolo, scrivendo queste parole ai cristiani di Efeso, vuol far comprendere a loro (e a noi) che certamente il destino è qualcosa affidato alle nostre scelte, ma senza dimenticare che Dio è più importante di noi, e che se noi possiamo scegliere come orientare il nostro destino, egli, ancor prima di questa nostra scelta, ci pre-destina a essere suoi figli, a essere da lui salvati, a essere da lui amati. Quasi a dirci: siete liberi di fare le vostre scelte, giuste o sbagliate che esse siano. Sappiate che, prima ancora che voi le facciate, io vi amo come un padre ama i suoi figli, e vi ho pre-destinati alla gloria.

Il che non significa che allora possiamo approfittare della sua predestinazione e comportarci come vogliamo, anche facendo a meno di lui, tant'è, siamo predestinati a salvarci (o a dannarci) come sosteneva il calvinismo nel XVI secolo, eliminando così totalmente il libero arbitrio dell'uomo. Significa che dobbiamo prendere consapevolezza dei grandi doni che Dio ci ha dato: della creazione nella quale ci ha collocati in posizione privilegiata ma comunque ossequiosa verso ciò che ci è stato affidato; della vita la cui durata non dipende da noi, ma la sua qualità - e la qualità di quella degli altri - sì; della libertà di decidere come orientare la nostra vita; ma soprattutto della predestinazione a essere sempre e comunque da lui amati, anche nel momento in cui usiamo in maniera distorta tutti quei doni che ci sono stati fatti, pensando di esserne padroni invece che depositari.

Festeggiare solennemente l'Immacolata Concezione di Maria, “umile ed alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio” (come la cantò il Sommo Poeta), non significa solamente riempire di lodi e di magnificenza Colei che, per essere la Madre del Figlio di Dio, è stata da Dio stesso concepita perfetta e senza macchia di peccato; significa anche sapere che Maria appartiene, come ognuno di noi, a quel genere umano depositario di tutti quei meravigliosi doni che per noi possono essere fonte di vita o motivo di dannazione, per via delle nostre scelte. Ma proprio lei ci ricorda che Dio, in Cristo e in sua Madre, ci ha anche predestinati a rimanere suoi figli. Nonostante tutto: nonostante le nostre scelte sbagliate e i nostri limiti. Perché Dio non smetterà mai di esserci Padre: ma oggi ci ricorda che non smetterà mai neppure di essere nostra Madre.

 

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