TESTO Affanno e gioia
don Mario Simula ufficio catechistico diocesi di Sassari
II Domenica di Avvento (Anno C) (05/12/2021)
Vangelo: Lc 3,1-6
1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
5Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Dio ci avvolge con i segni di una investitura regale: lo splendore della sua bellezza, il manto della giustizia, il diadema di gloria dell'Eterno. Per il Signore io sono questo dono grande da amare.
Se, però, entro nel segreto del mio essere mi assalgono le domande di sempre: “Chi sono io? Dove sono? Dove posso nascondermi allo sguardo dell'Amore?”.
L'esperienza della nudità mi contagia tutto e mi umilia. Non mi sfiora nemmeno l'altra visione che Dio ha di me e della mia esistenza.
Dio mi ama. Vestito o nudo? Con la mia fiducia in Lui o con la vergogna che mi allontana, fino a costringermi al nascondimento davanti ai suoi occhi?
La voce di un Amore autorevole e tenero, inguaribile e continuo mi raggiunge e mi scuote: “Deponi la veste del lutto e dell'afflizione. Se rimani nudo, senza questi abiti logori e sporchi, non devi scappare.
Rimani davanti a me. Sono alla porta di casa per accoglierti e rivestirti con abiti di raso profumato, per metterti l'anello al dito, impaziente di abbracciarti e fare festa insieme con te.
Lo splendore della mia gloria è l'abito che devi indossare. La giustizia di Dio è il manto nel quale devi avvolgerti. Il mio diadema di gloria deve brillare sul tuo capo. Alzati. Vieni alla luce. Sta in piedi sul monte e guarda verso oriente: da quell'orizzonte viene la Stella del mattino”.
Mi viene difficile credere a ciò che Dio mi dice.
Io voglio restare io. Io sono tutta la comunità. Io sono la mia piccola Chiesa e anche quella più vasta e anche quella universale.
Insieme ci condanniamo ad allontanarci a piedi, braccati dai nemici di ogni genere, veri o presunti. A volte i primi nemici siamo noi stessi. Il cuore gelido o demotivato. La comunità povera e complessata, latitante nella paura che la paralizza e nelle divisioni che ne lacerano quel pezzo di straccio che le è rimasto addosso.
Apriamo il cuore e lo sguardo. Orientiamo gli occhi verso la luce. Dio stesso ha deciso di spianarci le alte montagne, di colmare le valli. Vuole che camminiamo sicuri sotto la sua gloria e coperti dalla sua potenza.
La natura più lussureggiante, odorosa e ombrosa farà da baldacchino al Popolo di Dio che cammina verso il ritorno nella gioia. La misericordia e la giustizia di Dio saranno la nostra guardia del corpo e dell'anima.
Il messaggio umano e commovente che il salmo 125 ci trasmette, in nome di Dio, deve parlare al nostro cuore, alla vita, agli affanni, agli scoraggiamenti.
Noi preti, laici, comunità, “nell'andare camminiamo piangendo portando sulle spalle dolori, meschinità, fragilità, voglia di abbandonare il campo. Nel ritornare, veniamo con gioia, portando i covoni gonfi di grano”.
Il secondo tratto del pellegrinaggio del cuore, in Avvento, ci chiede di uscire dai pensieri oscuri e da una visione pessimistica dell'annuncio che portiamo alle persone e alle comunità. Ci indica, al contrario, il sentiero dell'intimità del cuore. In quel segreto matura l'incontro di amore che porta verso Gesù. Non mi chiudo. Non mi isolo. Non gusto fino alla nausea l'indifferenza. E' l'Amore del mio cuore che cerco. E' quell'Amore, che deve essere sempre “il primo” a motivarmi e ad attirarmi fino a perdere la testa, inseguendolo.
La mia piccola comunità sfugge? Io prego, amandola con gioia.
Io stesso mi stanco di portare a compimento l'opera che mi è affidata? Crescerò nella carità sempre più consapevole. Mi eserciterò nel discernimento pieno per saper distinguere i vari aspetti della realtà. Una lettura attenta e sapienziale mi permette di affrontarla con integrità di cuore e con l'irreprensibilità di chi deve rispondere sempre e prima di tutto al Signore.
Giovanni Battista è il testimone di una vita ogni giorno combattuta.
Mentre i poteri esercitano il loro dominio, la Parola di Dio “viene” su Giovanni. In lui si accende l'ardore appassionato dell'annuncio. Tutto avviene nel deserto. Se ci penso l'annuncio che raggiunge la mia persona avviene nelle oasi, ma più spesso nei deserti che ci circondano. Aridi, insensibili, ostili.
La passione per Colui che sta per venire ci fa correre per tutta la regione dell'umanità che serviamo.
La nostra è una “voce”. Necessaria, tuttavia. E' una “voce” che prepara la strada. E' una “voce” che indica la presenza del Signore in mezzo a noi.
La “voce” nasce da Dio. E' filtrata nel cuore. Si esercita nell'annuncio. Non si aspetta gratifiche. E' solo obbedienza al bisogno dell'anima.
E' la carica di amore che diventare urgenza.
A tutti la Parola di Dio grida: “Credi al grande incendio che divampa dentro di te. Non prendere la pila per cercarlo. E' in te. Brucia. Riscalda. Illumina. Non attendere oltre. Prepara la via per il Signore. E' ormai vicino”.
Gesù, mentre io ricerco un nascondiglio, per sfuggire ai tuoi occhi e al tuo amore, Tu cerchi le mie tracce. Non è facile fuggire. E' più semplice e gioiosa la resa.
Accettando l'incontro con Te, il tuo abbraccio e il tuo abito regale, vengo riabilitato alla vita. Ritrovano senso le mie scelte. Provo nuovamente gusto a parlare con Te e di Te.
Gesù, io mi dimeno e mi punisco. Mi carico sulle spalle e nel cuore tutti gli insuccessi, le risposte che mi aspettavo e che non sono mai venute, l'infecondità della mia testimonianza.
Cerco rifugio in una porzione piccola di una comunità già piccolissima. Mi rinchiudo nel buio ammuffito della mia chiesa. In un angolo, che spesso non è il tabernacolo, spero di trovare quelle garanzie di salvezza che sono frutto soltanto del rischio. Non ho ancora capito che, altrove, sono obbligato a percorrere strade impervie che nascondono insidie e cadute. Non mi rassegno a mettere i miei limiti e le mie debolezze tra gli equipaggiamenti verso la meta dell'incontro con Te.
Pesa sulle mie spalle lo sperpero degli sbagli e mi scrivo nel numero degli imperdonabili o degli inutili.
Mentre continuo ad incupirmi in questo affanno, tu fai uscire dalla mia gola riarsa la “voce”. Quella “voce” che grida nel deserto della vita di tutti i giorni. La mia vita e quella degli altri. Quella voce che risuonerà anche domani forte e coraggiosa. Viene da Te.
Nel deserto non mi dispero, anche se è il luogo della tentazione. Nel deserto Ti ritrovo. In quella solitudine silenziosa diventerò tua sposa per sempre, diventerò tua sposa nella benevolenza e nell'amore.
Nel deserto camminerò sollevando la “voce” perché si abbattano i monti e si colmino le valli. La “voce” si diffonderà come un'eco inarrestabile. Una risonanza che non esprime tanto il mio cuore, ma il tuo.
Innamorato e custode di cuori innamorati, anche se stanchi, a tratti. Anche se pigri. Anche se tiepidi.
I nostri cuori che, a scuola del tuo amore, custodiranno sempre l'ardimento di una “voce che grida”.