TESTO La resilienza della preghiera
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
I Domenica di Avvento (Anno C) (28/11/2021)
Vangelo: Lc 21,25-28.34-36
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. 28Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
«34State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; 35come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Non se ne può davvero più! Ogni giorno ne salta fuori una! Prima, il virus che ci coglie impreparati e fa una strage; poi arrivano i vaccini e in parte, per fortuna, ci salvano; poi una dose non basta, e allora si fa il richiamo; poi ci sono quelli che scelgono di non farlo e allora altri devono farne di più; poi ci sono le proteste di chi non accetta la situazione, e le proteste di chi non accetta le proteste, e poi quelli che protestano perché non possono lavorare, e lo fanno scioperando, cioè non lavorando; e poi arrivano le varianti, che però non fanno paura finché non ne arriva una potente che manda in crisi tutto quanto, e fa sembrare inutile ogni sforzo finora fatto.
Non è mai finita! E non solo a causa della pandemia! Ogni giorno, gruppi di profughi che vengono sbattuti alle frontiere dell'Europa, che non li vuole e li rimanda indietro a quelli che a loro volta non li vogliono, e intanto chi ci rimette sono i più poveri e i più piccoli, lasciati a morire di fame e di freddo. E poi quelli che si avventurano per mare, pensando di poter essere in qualche modo salvati e portati a destinazione in un luogo sicuro e confortevole, che di confortevole e sicuro non ha proprio nulla.
E poi ci si mettono le cronache di vita pseudo-familiare, con una donna ammazzata tra le mura domestiche ogni tre giorni, con bambini eliminati da padri accecati d'odio dalla gelosia, con ricchi senza scrupolo e figli di papà che usano violenza fisica sugli altri facendosi “aiutare” (come se ce ne fosse bisogno, per essere ancor più imbecilli) da sostanze stupefacenti che ormai costano meno di un litro di benzina...
Non resta che guardare al cielo... Eh, già... come no? Guardi al cielo e vedi trombe d'aria marine, tempeste tropicali in pieno autunno, inondazioni a causa di ruscelli ridotti in siccità che d'improvviso si gonfiano come fiumi navigabili e trascinano via tutto quello che, sbadatamente, si era costruito vicino... Ma non ne va bene una, diamine! Nemmeno i sorteggi per gli spareggi della Nazionale... E tutte adesso, per di più! Tutte in questo periodo, tutte in questi due o tre anni, prima non era così, prima si stava meglio di sicuro!
Prima le stagioni erano quattro e si comportavano da stagioni: una calda, una fredda e due miti e temperate! Prima la droga la usavano solo i drogati che giravano vicino alle stazioni dei treni! Prima in casa si andava tutti d'accordo, c'era più solidarietà tra le famiglie, gli uomini non picchiavano le donne, i bambini ubbidivano ai loro anziani. Non c'era tempo per proteste o scioperi, perché il lavoro c'era e non ce lo si lasciava scappare, e non ci si sognava nemmeno di farsi mantenere dallo stato.
E poi, anche i virus non erano così aggressivi: se nascevano dall'altra parte del mondo, rimanevano là perché i viaggi non erano frequenti, e poi non c'era internet e quindi tante cose non si sapevano. E comunque, anche se ci si ammalava, poi ci si curava stando chiusi in casa dieci giorni, e nessuno diceva niente, mentre oggi, per qualche giorno di isolamento in casa, si fanno le rivoluzioni... Si è cambiato il mondo, non ci si capisce più: vuoi vedere che hanno ragione quelli che dicono che sta per iniziare la fine del mondo?
Certo, la fine del mondo è iniziata, senza dubbio: è iniziata da quando è iniziato il mondo, così come la nostra fine personale inizia da quando nasciamo, perché i nostri giorni e i giorni della storia sono tutti contati, senza che nessuno sappia quanti siano né quando giungeranno a compimento. E se questo cammino verso il compimento, se questo camminare verso la morte dell'uomo, dell'umanità e del cosmo, è un cammino eterno, che dura da sempre e per sempre, forse allora tutto ciò che accade non è qualcosa legato in maniera catastrofica al momento che stiamo vivendo. Perché momenti così, e forse anche peggiori di questo, la storia dell'umanità li ha già vissuti.
Prova ne sono le affermazioni dell'evangelista Luca, che oggi fa il suo esordio in questo nuovo anno liturgico lungo il quale sarà nostro compagno di viaggio (tranquilli... non sarà sempre così angosciante!). Ciò che egli mette in bocca a Gesù nell'ultimo grande discorso del Maestro ai suoi discepoli non è solo una raccolta di detti profetici da lui pronunciati, ma è anche la rilettura di quanto lui stesso e i suoi seguaci, nella loro storia inserita nella Storia, hanno sperimentato (in particolare nel momento della distruzione di Gerusalemme) e di quanto ogni uomo in ogni epoca sperimenta. Segni nel sole e nel cielo, ci sono sempre stati; popoli in angoscia per i flutti di un mare nel quale navigano rischiando la vita, ci sono sempre stati e sempre ci saranno; potenze e potenti che sembravano incrollabili e immortali sono passati anch'essi dalla scena di questo mondo, ne sorgeranno ancora e anche quelli svaniranno.
Eppure, l'umanità è ancora qui. Eppure, la vita non è terminata. Eppure, il mondo non ha ancora cessato di esistere. Forse, perché non è ancora giunto il suo momento, la sua ora. O forse per l'esatto contrario, cioè perché è sempre la sua ora, perché è sempre il momento per subire una trasformazione, per incamminarsi verso la fine - o meglio “il” fine - della propria esistenza, e quindi occorre mettere in atto quella “resilienza” di cui - senza conoscere ancora il termine - lo stesso Luca ci parla quando ci invita a “sollevare il capo e guardare alla nostra liberazione che è vicina”, oppure come fa Paolo nella seconda lettura quando ci esorta e “rendere i nostri cuori saldi e irreprensibili”.
E questi atteggiamenti sono tipici di un tempo come quello dell'Avvento, dove l'attesa operosa per qualcosa che deve accadere (o meglio, per qualcuno che deve venire) ci invita a essere resilienti. Come? Con l'unica cosa che, almeno a noi credenti, non costa nulla, non ha controindicazioni né effetti collaterali, non passa mai di moda, non crea malumori in chi non la condivide, e di fronte alla quale non ha alcun senso dire “adesso basta”.
Senza mezzi termini, questa cosa ce la indica in maniera chiara e inequivocabile il nostro Maestro, e credo possa essere un modo bello e pieno di speranza con cui iniziare questo tempo di Avvento: “Vegliate in ogni momento, pregando”.