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TESTO Dunque, tu sei re?

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (21/11/2021)

Vangelo: Gv 18,33-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Una bella intuizione ebbe Pio XI nel 1925 di introdurre la Solennità presente di Cristo Re dell'Universo, esordendo nella sua enciclica con queste parole: “E' necessario rivendicare a Cristo Uomo nel vero senso della parola il nome e i poteri di Re; infatti soltanto in quanto è Uomo si può dire che abbia ricevuto dal Padre la potestà, l'onore e il regno, perché come Verbo di Dio, essendo della stessa sostanza del Padre, non può non avere in comune con il Padre ciò che è proprio della divinità, e per conseguenza Egli su tutte le cose create ha il sommo e assolutissimo impero.”

Come Dio, preesistente sin dall'eternità con il Padre e lo Spirito Santo, assieme ai Due regna sin dall'eternità e così anche come Verbo (Figlio) fatto Uomo. "Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono"(Col 12, 13 - 20). Per volontà del Padre, a Cristo è stato dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché a lui si pieghino tutti gli esseri terrestri, celesti e sotterranei (Cfr Fil 2, 20) e a lui sono sottomesse tutte le cose, essendo al centro della creazione, nonché il Primo e l'Ultimo. Ma anche nella sua umanità Cristo è partecipe della regalità divina perché nel Cristo terreno c'è il vero Uomo e il vero Dio, senza che queste due identità si separino. Anche nella sua umanità Cristo mantiene la sua comunione con il Padre; lui e il Padre sono una cosa sola (Gv 10, 30) e quindi come il Padre anche Cristo è Dio.

Al diritto di regalità esercitato da Cristo, corrisponde la necessità di sottomissione e di obbedienza da parte dell'uomo: se Cristo è Re in quanto Dio della stessa sostanza del Padre, l'uomo deve a lui rispetto, riverenza e sottomissione. Ciononostante, da parte sua Cristo non impone questi parametri di regalità e non esige servilismo e sottomissione acritica ed estrema.

La regalità di Cristo è piuttosto relazionata alle cose e alle persone; essa riguarda l'atteggiamento che assume nei confronti di quanti si rapportano a lui. E soprattutto è una regalità che si esprime per mezzo di opere di misericordia e di fatti concreti, allusiva all'amore con cui il Padre stesso in un certo qual modo si “smentisce” perché a favore dell'uomo rinuncia all'esercizio autoritativo della sua potestà.. Un modo di essere re e Signore, quello di Cristo, che si palesa nel servizio umile e sottomesso e nella sopportazione delle altrui ingiustizie e prevaricazioni. Soprattutto nella sua autoconsegna alle autorità giudaiche che hanno fretta di condurlo a Pilato perché questi lo metta a morte.

Proprio la sua autoproclamazione di Re dei Giudei era stato il motivo di aberrazione da parte di quanti volevano che Gesù fosse ucciso, e ora Pilato voleva vederci chiaro intorno alla fondatezza di questa accusa. A lui interessava accertarsi che Gesù non pretendesse una regalità a livello politico o egemonico, poiché suo compito era quello di mantenere la pace e la stabilità in quella parte dell'Impero di cui era procuratore. Quando interroga Gesù intorno alla sua identità e alle sue intenzioni (Dunque tu sei re?) comprende che Gesù parla un linguaggio del tutto diverso, a lui estraneo ma certamente non bellicoso. Al contrario, Pilato comprende che l'essere re di Gesù è correlato alla verità e all'amore. Certo, quando Pilato si sente dire “Sono venuto a rendere testimonianza alla verità” si mostra cinico e insensibile e individua in Gesù un possibile illuso visionario e vaneggiatore. Per Pilato infatti la verità è solamente ciò che si vede e ciò che si tocca, non esiste trascendenza o assolutizzazione. Eppure non può fare a meno di concludere che la regalità di Cristo è espressione di ben altra cosa che di egemonia o di predominio sulle masse. Si avvede che Gesù parla in nome di una verità che per lui è astratta e ridicola, ma per la quale si vuole raggiungere l'obiettivo di un mondo più giusto, sereno e meno controverso. Pilato vede che Gesù parla con autorità, ma senza eccessive pretese e soprattutto con sincerità e schiettezza allusive a finalità di amore. E allora lo dichiara innocente, vorrebbe liberarlo.

Il Regno di cui parla Gesù non è di questo mondo, non riguarda cioè predomini e dispotismi propriamente nostrani, ma è un regno di amore, di giustizia e di pace. Regno di servizio e di umiliazione fino a perdersi per gli altri e qualsiasi impostazione di governo anche attuale non può esulare da codeste aspettative che solo il Verbo Incarnato può apportare.

Sintetizzando: Cristo è Re in quanto vero Dio e vero Uomo e partecipe della stessa prerogativa di grandezza del Padre; egli avrebbe diritto di universale riverenza e non sarebbe fuori luogo il rispetto e la riverenza nei suoi riguardi. Ciò nondimeno Gesù sa in mezzo a tutti come Colui che serve. Anzi: “I re delle nazioni le governano e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così, ma chi è più grande fra di voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve”(Lc 22, 25 - 27). Il vero padrone del mondo è proprio chi non avanza troppe pretese, chi domina semplicemente il proprio corpo (Seneca) esercitando il meglio di stesso a favore degli altri. C'è più gioia nel dare che nel ricevere (At 20, 20) e la vera padronanza risiede appunto nell'essere utili agli altri senza riserve.

Daldronde, quale ruolo di responsabilità non comporta abnegazione nei confronti di chi ci sta sottomesso? Quale autorità non è chiamata a mettersi in gioco per perseguire la finalità del bene comune o comunque per portare a termine il compito che le è stato affidato? Non vi è alcun potere, tirannico o democratico, che non comporti in tutti i casi immolazioni, croci e sacrifici per coloro che ci sono stati affidati e per quanto ci si voglia ergere sui popoli e sulle masse resta invariato che dominare comporta pur sempre umiliarsi e servire.

Alla conclusione di un anno liturgico e mentre se ne apre uno nuovo, assieme a Gesù Cristo Figlio di Dio, cero re della gloria sebbene sottomesso, approssimiamoci a percorrere un nuovo itinerario in sua compagnia, facendo nostre le prerogative di umiltà e di carità con le quali possiamo davvero dominare il mondo.

 

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