TESTO Panta rei...
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (14/11/2021)
Vangelo: Mc 13,24-32
«24In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
25le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Quando iniziammo i nostri studi classici al liceo, oltre a imparare le prime locuzioni in lingua greca, imparavamo anche il pensiero di quella nobile culla della nostra civiltà che era il mondo ellenico; tra i primi filosofi a cui ci eravamo avvicinati c'era un certo Eraclito, vissuto tra il VI e il V secolo avanti Cristo, il quale era definito “l'ombroso” perché non era certo facile comprendere le sue affermazioni (per non parlare delle versioni di greco scritte da Eraclito, o da Aristotele quando parlava di lui!!!). Ma se c'è qualcosa che di questo filosofo tutti quanti ci ricordavamo (e continuiamo a ricordare) era la famosa espressione “Panta rei” - “Tutto scorre”, “Tutto passa”, con la quale inaugurava la teoria del divenire, delle cose che non sono mai le stesse e che non sono e non possono essere eterne: “Tutto scorre. Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”. E come si può dargli torto? Ce ne accorgiamo sin dalle piccole cose della vita di ogni giorno, che tutto passa e che non può essere lo stesso, nemmeno dopo pochi secondi: l'aria che respiriamo non è più quella che abbiamo respirato pochi secondi prima, i raggi del sole che ci colpiscono viaggiano tanto velocemente che è impensabile mantenerne uno fisso anche solo per pochi istanti, e anche i materiali in natura più duri, soggetti alle intemperie, mutano la loro essenza. Se ciò vale per le cose inanimate, quanto più vale per gli uomini, dotati di un corpo che cambia continuamente, di un pensiero che non è mai lo stesso, di un animo che vive emozioni differenti e contrastanti in diversi momenti di un'unica giornata... tutto scorre, tutto passa, nulla rimane per sempre. E questo può consolare, ma può anche essere motivo di disorientamento, perché spesso l'umanità (i singoli, ma anche nel suo insieme) ha bisogno di stabilità, di certezze. E spesso le cerca in situazioni o persone la cui forza e il cui carisma sembrano essere talmente sicuri e forti da divenire “totalizzanti” o “totalitari”, come i regimi che spesso esse hanno instaurato nel corso della storia. Ma poiché anche la storia passa, essi pure sono passati sotto le sue forche caudine, e hanno lasciato la scena di questo mondo spesso in maniera rovinosa, perché illusi di poter essere eterni. Ma di eterno, in questo mondo, non c'è nulla, perché tutto quanto passa.
O quasi. Perché, stando alle parole del Vangelo di oggi, qualcosa che non passa c'è. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Quando Gesù pronuncia quello che gli studiosi definiscono il “discorso apocalittico” o “discorso escatologico” (comune ai tre evangelisti sinottici, sia pur con le loro differenze) anticipa profeticamente ciò che l'evangelista Marco e la sua comunità vedranno con i loro occhi e vivranno sulla propria pelle, ovvero la caduta e la rovina di Gerusalemme, la città eterna che eterna non è più, sotto i colpi della repressione romana, e soprattutto il crollo del Tempio del Dio Eterno, ricostruito più volte lungo la storia, ma questa volta ridotto definitivamente in macerie. Un momento storico terribile, che fece interrogare il popolo giudaico come altre volte nella sua storia: “Dov'è il nostro Dio?”. Dov'è finito Dio nel suo aspetto glorioso esteriore, simboleggiato dal Tempio? Dov'è la gloria del nostro popolo? Dov'è l'orgoglio di essere la sua stirpe eletta e prediletta su tutti i popoli della terra? Domande che nel corso della storia sono ricorse più volte nelle vicende drammatiche di molti popoli, ogni qualvolta uno dei potenti di turno crollava inesorabilmente sotto i colpi del divenire, sotto i colpi di un mondo e di un periodo storico che, come ogni cosa umana, passa: poiché “tutto passa”.
Nel discorso di Gesù tutto passa: “il sole e la luna” (allusione alle antiche religioni astrali ancora molto radicate nella mentalità mediorientale), “le stelle” (riferimento ai grandi della storia, quelli che noi oggi chiameremmo “VIP” oppure, per essere fedeli nella traduzione, “le star”), “le potenze che sono nei cieli” (che nell'ebraismo erano ritenute presenze fisiche presenti nei cieli pronte sempre a contrapporsi all'unico potere, quello divino, invincibile, cosa che invece non si può dire dell'umanità, soggetta al bello e cattivo tempo, non solo meteorologico, di queste “potenze celesti”). Passa tutto: le religioni con i loro riti, i personaggi famosi con le loro ricchezze e loro magnificenze, i cataclismi naturali che spesso sembrano destinati a mettere la parola “fine” a questo mondo. Tutto passa: ma “le mie parole non passeranno”.
E le sue parole le conosciamo bene: sono le parole vettrici di quel messaggio nuovo, di quel comandamento nuovo, di quell'annuncio nuovo non meno sconvolgente di tanti eclatanti fatti storici. Il messaggio delle sue parole è chiaro, e si riferisce all'unico comandamento che Gesù ci ha lasciato: l'amore. Passa tutto, allora, ma l'amore non passa. Perché amare Dio e amarci tra di noi come egli ci ama è l'unica certezza che abbiamo, in un mondo e in una storia fatta di un'umanità della quale difficilmente possiamo fidarci, proprio perché non è eterna, proprio perché, come ogni altra cosa, anch'essa “passa”.
E oggi vorrei concludere con il testo di una canzone di una grande cantante argentina scomparsa 12 anni fa, Mercedes Sosa, simbolo nella sua terra (e non solo) della lotta per i diritti civili e le uguaglianze: quelle cose che, se basate sull'amore, e sull'amore vero, non passano mai, mentre tutto il resto cambia.
“Cambia lo superficial
cambia también lo profundo
cambia el modo de pensar
cambia todo en este mundo
Cambia el clima con los años
cambia el pastor su rebaño
y así como todo cambia
que yo cambie no es extraño
Cambia el mas fino brillante
de mano en mano su brillo
cambia el nido el pajarillo
cambia el sentir un amante
Cambia el rumbo el caminante
aunque esto le cause daño
y así como todo cambia
que yo cambie no extraño
Cambia, todo cambia...
Cambia el sol en su carrera
cuando la noche subsiste
cambia la planta y se viste
de verde en la primavera
Cambia el pelaje la fiera
cambia el cabello el anciano
y así como todo cambia
que yo cambie no es extraño
Pero no cambia mi amor
por mas lejos que me encuentre
ni el recuerdo ni el dolor
de mi pueblo y de mi gente
Lo que cambió ayer
tendrà que cambiar mañana
así como cambio yo
en esta tierra lejana
Cambia, todo cambia...
“Cambia ciò che è superficiale
e anche ciò che è profondo
cambia il modo di pensare
cambia tutto in questo mondo.
Cambia il clima con gli anni
cambia il pastore il suo pascolo
e così come tutto cambia
che io cambi non è strano.
Cambia il più prezioso brillante
di mano in mano il suo splendore
cambia nido l'uccellino
cambia il sentimento degli amanti.
Cambia direzione il viandante
sebbene questo lo danneggi
e così come tutto cambia
che io cambi non è strano.
Cambia, tutto cambia...
Cambia il sole nella sua corsa
quando la notte persiste
cambia la pianta e si veste
di verde in primavera.
Cambia il manto della fiera
cambiano i capelli dell'anziano
e così come tutto cambia
che io cambi non è strano.
Ma non cambia il mio amore
per quanto lontano mi trovi
né il ricordo né il dolore
della mia terra e della mia gente.
E ciò che è cambiato ieri
di nuovo cambierà domani
così come cambio io
in questa terra lontana.
Cambia, tutto cambia...