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TESTO Commento su Luca 13,1-9

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Sabato della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (22/10/2005)

Vangelo: Lc 13,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Dalla Parola del giorno

"...disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?"

Come vivere questa Parola?

Nel vangelo di Luca, un indizio linguistico – l'uso frequente del termine 'conversione' – lascia trasparire chiaramente l'insistenza dell'apostolo sull'urgenza, per la Chiesa primitiva, di smettere d'essere "fichi che non danno frutto", come leggiamo oggi nella parabola del fico sterile. La pacatezza dei toni non sminuisce l'incisività della denuncia: "Se non vi convertirete, perirete tutti...".

Ma cos'è che rende ancor più grave l'infruttuosità del fico? Non solo non dà frutti, dice Gesù, ma "sfrutta il terreno", lo impoverisce succhiandone inutilmente gli umori. Sì, vivacchiando mediocremente, diventiamo "sfruttatori" della grazia ricevuta, rendendola inefficace in ordine alla salvezza. Un tale atteggiamento – è chiaro - lede innanzi tutto noi stessi. Ma non solo: fa del male anche a chi ci sta intorno perché, rimandando i tempi della conversione, priviamo anche gli altri di quella energia spirituale che scaturisce da una fede autentica. E' co-me se, respirando, assumessimo anidride carbonica e non ossigeno: tutto il corpo pian piano ne risulta intossicato. Pensiamo alle nostre realtà ecclesiali: basta che uno solo "sfrutti" il terreno della comunità perché s'inneschino meccanismi di chiusura e reazioni a catena, debilitanti per tutti. Da cui poi, inevitabilmente, di-pendono malumori e ritardi nel fare il bene. Riottosità e ripicche. Mutismi e sottili rivendicazioni.

Questa sterilità, oggi consegnerò in preghiera al Signore perché conceda a me, alla mia famiglia, alla comunità in cui vivo, di fare frutti degni di conversione, dicendo basta a quel riprovevole rimandare il tempo della maturità in ordine alla fede.

Perdonami, Signore, se finora ho sfruttato il terreno della grazia per fare i miei comodi o per vivacchiare all'ombra della tua infinita pazienza. Concedimi un cuore nuovo, vivificato dal Tuo Spirito, ben disposto ad amare nell'autenticità di una fede viva e feconda.

La voce di un teologo e uomo spirituale
Signore, abbi pazienza con me.

Ricordati dell'edera che hai creato e che fiorisce soltanto in autunno,
quando tutte le altre piante hanno già dato il loro frutto.
G. Chopiney

 

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